Acciaio inox, rischio volatilità di mercato del nichel anche nel 2023
I prezzi del nichel potrebbero rimanere sull’otto volante anche nel 2023. Gli analisti si aspettano ancora parecchia volatilità, perché globalmente le scorte nei depositi rimangono basse e, a fronte di una ripresa della domanda mondiale con fondamentali ancora incerti, ci potrebbero essere di nuovo forti turbulenze di mercato

I prezzi del nichel potrebbero rimanere sull’otto volante anche nel 2023. Gli analisti si aspettano ancora parecchia volatilità, perché globalmente le scorte nei depositi rimangono basse e, a fronte di una ripresa della domanda mondiale con fondamentali ancora incerti, ci potrebbero essere di nuovo forti turbulenze di mercato. Con possibili ripercussioni quindi sulla filiera dell’inox, dove il nichel è una componente essenziale (in Italia oltre l’80% del nichel nella prima fase di trasformazione è impiegato per gli acciai inossidabili e refrattari), che nel Nordest ha un’importante concentrazione di operatori.
L’inox del Triveneto
Realtà come il gruppo vicentino Acciaierie Valbruna (776 milioni di euro di fatturato nel 2021, +31% sul 2020; Ebitda 80,5 milioni, +13%), che è uno dei tre principali produttori siderurgici italiani di inox assieme a Cogne Acciai Speciali (lunghi) e ad Acciai Speciali Terni (piani). E i laminatoi Marcegaglia, che hanno tra le loro specialità le lamiere inox a caldo. Mentre tra i centri servizi spiccano i veneti Manni Inox, Ecor, Inox Market Service, Gavinox (Gabrielli), Arena Acciai, tutti nel 2021 con fatturati tra gli 80 e i 100 milioni di euro, ed Ebitda dai 2,3 ai 26 milioni che rispetto al 2020 in alcuni casi sono raddoppiati o quintuplicati o sestuplicati (dati Siderweb).
La produzione italiana di inox in Italia nel 2021 è stata di 1,5 milioni di tonnellate, ritornata oltre i livelli del 2019. Pari al 6% della produzione totale nazionale di acciaio grezzo di tutte le qualità (24,4 milioni di tonnellate nel 2021, fonte Federacciai).
Il 2022 è stato ambivalente sia per i produttori sia per i centri servizi e i distributori, con domanda e fatturati in crescita nel primo semestre e in contrazione nel secondo. Ma il comparto, in aggiunta al caro energia e materie prime in generale, è stato fortemente influenzato dal rally del prezzo del nichel.
Le previsioni 2023
Per i prodotti piani in acciaio inossidabili «stiamo vivendo una fase di mercato completamente irrazionale», commenta Alessandro Bettuzzi, coordinatore della Sezione Centri Servizio Inox di Assofermet. Intervistato da Siderweb, Bettuzzi osserva che il destoccaggio in corso da parte dei distributori del materiale acquistato nei mesi scorsi soprattutto in Asia sta incontrando una domanda ancora bassa. L’eccesso di offerta determina una compressione dei prezzi, che sono «completamente illogici».
Ma grazie ai buoni risultati realizzati nel primo semestre, l’anno per i centri servizi e i distributori non si chiuderà proprio male. E visto che «le offerte europee sono importanti e gli asiatici attualmente sono fuori mercato, con la fine del destock, che potrebbe avvenire ad inizio 2023, si potrà tornare ad una situazione più normale per la distribuzione, con il ripristino della corretta marginalità».
Fiducia espressa anche dal presidente del gruppo veronese Manni: «L'anno si chiuderà bene per Manni Inox: siamo fiduciosi di ripetere quantomeno il risultato del 2021. E per il 2022 mi aspetto una normalizzazione sul prezzo del nichel. Ovviamente ci saranno sempre fluttuazioni, ma meno esasperate di quest'anno».
Prezzi e disponibilità del nichel, secondo gli analisti
Commenta il professor Achille Fornasini del Dipartimento di Economia dell’Università di Brescia e analista Siderweb: «Nel 2022 i prezzi LME del nichel hanno espresso un’anomala volatilità con picchi estremi innescati dalle speculazioni finanziarie conseguenti al conflitto russo-ucraino.
Il top si è verificato nella seconda settimana di marzo (+127,2% da inizio anno), quando il mercato londinese ha dovuto sospendere le contrattazioni per eccesso di rialzo innescato dalle difficoltà di far fronte alla ricostituzione dei margini da parte di un importante operatore cinese. Dopo quel picco il prezzo si è rapidamente ridimensionato (-55,6% a metà luglio) per poi assestarsi».
Fornasini sottolinea come nel 2022 l’escursione rialzista del nichel sia stata molto inferiore a quelle del 2021 e del 2020, mentre è proseguita la diminuzione delle scorte detenute nei magazzini ufficiali del LME (-47,8%) in scia al vistoso calo verificatosi nel 2021 (-58,3%).
«Tenuto conto della progressiva contrazione delle scorte ritengo che intorno ai valori correnti si stiano consolidando livelli dai quali prenderanno corpo tendenze ascendenti sospinte dal ritorno della domanda di produzioni inox».
Nota Giacomo Tulino, Head of Commodity Evolution Market Research: «La nostra view non è molto ottimistica per il 2023. La diminuzione della liquidità, insieme alla scarsità delle scorte, ha portato quest’anno ad un aumento dei prezzi del nichel nell’LME, facendo lievitare i costi per gli utilizzatori industriali, già alle prese con un’inflazione crescente. L’unico modo per ripristinare la reputazione del nichel LME come benchmark globale è il ritorno dei volumi e della liquidità, ma quando e come ciò avverrà è ancora da vedere».
Tulino conferma che l’attuale fase dei prezzi è dettata da movimenti speculativi: «Al momento i fondamentali sul fronte della domanda globale di nichel primario non sono così forti (prevista l’anno prossimo in ripresa a 3,2 milioni di tonnellate, mentre l’offerta salirà a 3,4 milioni di tonnellate). Per questo motivo nel 2023 ci attendiamo ancora parecchia volatilità, perché con pochi volumi e bassa liquidità in borsa anche una piccola variazione avrebbe un impatto significativo sui prezzi. Con quotazioni che potrebbero tornare verso area 24.000$/ton-22.000$/ton (range di oscillazione tra 30.000 $/ton e 22.000$/ton)».
Le prospettive del mercato del nichel
Gli analisti poi concordano che non sarà decisivo il peso della Russia, e del suo grande produttore Nornichel, nell’assicurare le forniture per l’Italia e l’Europa e nel determinarne il prezzo.
«I più grandi produttori e detentori mondiali di riserve di nichel sono l’Australia, l’Indonesia, le Filippine e il Brasile, che continueranno ad assicurare l’output necessario a far fronte sia alla diminuzione delle produzioni di Russia e Sudafrica, sia alla domanda di prodotti inox, tuttora contratta da parte della Cina», osserva Fornasini. Che sottolinea come comunque nei prossimi anni la domanda di nichel sia destinata a intensificarsi per il suo utilizzo nelle batterie agli ioni di litio necessarie per lo sviluppo della mobilità elettrica: «Anche se non si possono escludere che tecnologie alternative possano subentrare, la crescente richiesta di nichel proveniente dal comparto automotive potrebbe generare un deficit permanente di metallo con conseguente rialzo dei prezzi già a partire dal 2023».
Sulla questione Russia tranquilizza anche Tulino: «Non mi aspetto che LME blocchi il metallo marchiato Russia. Tutto dipende da quanti operatori decideranno di non accettare quello russo nei loro contratti di fornitura per il 2023, anche se l’LME ha dichiarato che la percentuale di metallo russo nei magazzini ufficiali non è cambiata in modo significativo.
Nel 2013, il 65% delle scorte di nichel LME era di origine russa. Negli anni più recenti, la percentuale è oscillata tra lo 0 e il 20%. Secondo gli ultimi dati dell’LME, solo lo 0,5% del tonnellaggio di nichel attivo nei suoi magazzini era di origine russa. E al fine di fornire maggiore trasparenza, ha dichiarato che a partire da gennaio 2023 pubblicherà un rapporto mensile sulla percentuale di tonnellaggio attivo di metallo russo in deposito».
Riproduzione riservata © il Nord Est