A Udine nasce una scuola per imprenditori

«Prima le fabbriche» è la traccia che, a distanza di 40 anni dall’Orcolat, Confindustria Udine con il suo Gruppo Giovani rilancia ancora una volta per puntare finalmente a una vera ripresa dell’economia, focalizzando l’attenzione sul manifatturiero. E proprio della centralità del manifatturiero si è parlato ieri a palazzo Torriani durante l’assemblea dei giovani imprenditori. Impossibile non riflettere anche sui dati Istat che, una manciata di ore prima, attestavano lo stallo dell’economia italiana.
«È vero, l'Istat certifica un Paese a crescita zero - premette Marco Gay, presidente nazionale dei Giovani industriali di Confindustria -. Ed è una situazione preoccupante perché ormai stiamo ragionando su una crescita zero nel periodo. Il Governo sta iniziando a svolgere il suo ruolo, ora attendiamo la stabilità dopo il passaggio di ottobre accanto alla riduzione delle tasse. Servono però anche investimenti che non possono essere soltanto pubblici, ma spettano anche ai singoli imprenditori». A non crescere è «il sistema complessivo internazionale - aggiunge il presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon -. La centralità del manifatturiero non deve essere uno slogan, ma va messa in pratica con i fatti soprattutto in una regione che aveva già vissuto l’emigrazione. Dobbiamo essere in grado di integrare beni e servizi per affrontare un percorso di rinascita del nostro contesto economico. Non parliamo più delle sfide di domani, ma di quelle di oggi. Ecco perché il Fvg deve diventare regione prototipo in cui sperimentare e implementare certe componenti per capire come restituire valore al nostro territorio».
Una sperimentazione che potrebbe cominciare con l’istituzione di una scuola per imprenditori che veda fra i partner Confindustria e l’ateneo friulano. «Sarebbe opportuno creare una scuola per gli imprenditori di domani - ha detto Davide Boeri, presidente Ggi di Confindustria Udine -. Una scuola che sia formativa e un mezzo per diffondere una figura positiva dell’imprenditore. Immagino un’istituzione di alta specializzazione dove oltre alle materie di tipo economico si apprendano anche la consapevolezza degli oneri e degli onori che generano il ruolo di leader. Si tratta di un dialogo già avviato con l’università, sono certo possa sfociare in una scuola come quella che ho in mente».
Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda e direttore della Fondazione Pirelli, ha lasciato un barlume di speranza per il Paese, durante la tavola rotonda moderata dalla giornalista del Messaggero Veneto, Elena Del Giudice: «Non so se l’Italia è al palo, ma un Paese che perde tempo a ragionare su un prefisso telefonico come indicatore di crescita e non si chiede perché la produttività va indietro, perché soltanto un quarto delle imprese italiane riesce ad andare all’estero, mi preoccupa. Per fortuna però in questo Paese che perde tempo, ce n’è un altro che continua a fare impresa e a fare fabbrica, pensando a un luogo in cui le eccellenze italiane possono trovare spazio». Se la centralità del manifatturiero è un dato incontrovertibile non soltanto per l’economia regionale ma per quella nazionale, diverse le opinioni sul rilancio. Molti guardano alla fabbrica 4.0 ma Carlo Bagnoli, professore di Innovazione strategica alla Ca’ Foscari è titubante: «Dopo che avremo imparato a utilizzarle, potremo davvero rilanciare la manifattura?».
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