Una strategia per restituire Venezia ai suoi abitanti

I veneziani e le imprese locali sono in fin dei conti i veri detentori del capitale turistico: occorre generare benessere per loro

Jan Van Der Borg
Una reminiscenza dei tempi del Covid, Venezia "chiusa" per lockdown
Una reminiscenza dei tempi del Covid, Venezia "chiusa" per lockdown

Con la esponenziale crescita del mercato turistico dal dopoguerra, il modello di business del turismo di massa, basato sulla replica di formule di successo e articolato attraverso la ricerca di economie di scala e di una competitività quasi esclusivamente basata sui prezzi, è diventato visibilmente obsoleto. Infatti, destinazioni di successo come Venezia, Barcellona o Amsterdam sono afflitte da una presenza turistica eccessiva, una situazione etichettata oggi come "overtourism".

L'emergere di situazioni di overtourism è, purtroppo, una conseguenza diretta della natura stessa del prodotto turistico. Poiché il cuore della destinazione è fatto da attrazioni, da spazi pubblici, da infrastrutture e da servizi pubblici (o commons), che sono disponibili in quantità limitate. Questa scarsità porta automaticamente ad una preoccupante conflittualità tra utenti turistici e non turistici. E siccome i commons sono per lo più beni difficilmente commerciabili è pericoloso sperare che questa conflittualità tra locals e visitatori si risolva contando esclusivamente sulle forze di mercato.

La teoria della tragedia dei beni pubblici di Garrett Hardin prevede che lo sfruttamento dei beni pubblici non correttamente prezzati porta alla loro distruzione e io sono fermamente convinto che l’overtourism sia una delle tante manifestazioni di questa tragedia.

Qualsiasi altra analisi che proponga di demonizzare il turismo e, indistintamente Airbnb, le compagnie aeree low cost, gli imprenditori turistici avidi ed egoistici, o i visitatori maleducati, porta spesso a una cortina fumogena che oscura le vere e fondamentali cause di un processo di sviluppo turistico insostenibile e, di conseguenza, a un insieme sbagliato di politiche turistiche.

L’errore di valutazione

Venezia è uno degli più emblematici esempi di questo diffusissimo errore di valutazione e di politiche turistiche confusionali. Difatti, dalle ultime cifre per il 2024 pubblicate recentemente dal Comune e dalla VSF, emerge chiaramente che la pressione turistica sul centro storico è cresciuta rispetto al 2019 a causa di una vera esplosione del numero di turisti giornalieri, che hanno portato negli ultimi cinque anni l’afflusso turistico complessivo da circa 30 a 34 milioni di visitatori.

Il turismo residenziale, per contro, è rimasto sostanzialmente invariato rispetta al 2019. Insomma, sia la pressione turistica si è intensificata molto negli ultimi cinque anni, ma anche la qualità del flusso turistico, intesa come lo share delle visite cosiddette “mordi e fuggi” nel numero totale dei visitatori, è ulteriormente scesa. Un significativo peggioramento della situazione, già drammatica nel 2019, l’anno record del turismo veneziano prima della pandemia.

Non sorprende affatto che anche l’andamento dei principali indicatori che rispecchiano situazioni di overtourism (come, ad esempio, l’esodo della popolazione, la moria di attività economiche non turistiche, e frequenti momenti di sovraffollamento) punta senza ombra di dubbio nella stessa direzione.

L’occasione per implementare un nuovo modello di business al posto di quello obsoleto di massa che si era presentata durante la pandemia è stata sciupata con grande disinvoltura. Che il contributo di accesso, implementato in modo piuttosto “bizantino”, non avrebbe spinto il turismo veneziano a diventare più sopportabile era del tutto evidente già prima della sua introduzione. Ciononostante, il principio di far contribuire ai costi collettivi generati dal turismo anche chi visita Venezia in giornata è sacrosanto. La smart control room, invece, produce una montagna di dati oggi inutilizzati e spesso inutilizzabili. In assenza di limiti espliciti e protocolli precisi che indicano come agire quando essi vengono superati non servirà assolutamente a nulla.

Nuova dirmpente strategia

Per rendere il turismo più compatibile con le esigenze di cittadini, lavoratori, studenti e, persino, visitatori, serve urgentemente una nuova e dirompente strategia di sviluppo turistico in tutte le destinazioni che viaggiano verso l’overtourism e non solo a Venezia. Una strategia integrata e innovativa che abbraccia due punti di partenza fondamentali: 1) puntare sul turismo di qualità, considerando il footprint complessivo dei visitatori, e non solo gli aspetti economici; 2) essere innanzitutto un veicolo per generare benessere per gli abitanti permanenti e temporali e per le imprese locali, che sono in fine conti gli autentici detentori del capitale turistico.

Indubbiamente, Venezia funge, nel bene e nel male, da esempio per molte altre destinazioni che affrontano le conseguenze di un eccessivo successo turistico in un mercato turistico che continua ad espandersi. Non solo gli studi prodotti dai due atenei veneziani permettano ad altri a comprendere l’overtourism meglio e più velocemente, ma anche alcune proposte costruite per Venezia negli ultimi decenni meritano attenzione e persino un certo seguito. Una magra consolazione!

*Università Ca’ Foscari

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