La battaglia di Berengo Gardin contro le crociere: verità e luce sulle fragilità di Venezia
La foto iconica che denuncia la violenza dell’impatto delle Grandi navi sulla città, la mostra scomoda non voluta dalla prima giunta Brugnaro nel 2015 e la battaglia (provvisoriamente) vinta

Il suo libro, Storie di un fotografo, è sul tavolino all’entrata di casa. Sta lì, appoggiato al leggìo, da quando è stato pubblicato da Marsilio, nel 2013, in occasione della mostra ai Tre Oci, alla Giudecca. Come tanti veneziani, all’inaugurazione, mi sono messo in coda davanti al tavolo dove Gianni Berengo Gardin firmava le copie. Ho avuto tutto il tempo, dopo aver ammirato l’esposizione, di scrutare quell’uomo e mi rendevo conto che stavo guardando uno sguardo.
Quel signore che, con un sorriso, firmava il suo libro, era uno dei più grandi narratori di quest’epoca. Ha narrato con la macchina fotografica, narrato e mostrato. Quando gli sono capitato davanti, sono riuscito a balbettare soltanto un grazie, e sono ripartito con la mia copia sottobraccio. A rotazione, le foto di quel libro cambiano il paesaggio dell’entrata di casa, una volta è Piazza San Marco sotto la neve nel 1960, un’altra un bacio su una panchina di Parigi nel 1954, o ancora il Molo Audace a Trieste nel 1998. In entrata, c’è la luce che passa dalla finestra, sempre diversa, e c’è la luce di Gianni Berengo Gardin, sempre luminosa, sempre narrativa.
Il Mostro che tutto cancella
Ce n’è un’altra, fra le sue foto, a starmi particolarmente a cuore. Berengo Gardin l’ha scattata poco lontano da casa mia, a Venezia. Si vedono residenti e passanti che animano ogni giorno una delle zone più popolate della città, a Castello. Ci sono le case che costeggiano l’unica via di Venezia, via Garibaldi. Ma poi, nella foto in bianco e nero, c’è anche qualcosa che non dovrebbe stare lì, qualcosa che invade – imponente – il colpo d’occhio, e che per anni, ogni giorno, ha impedito a chi si trovasse lì di godersi lo scorcio dell’Isola di San Giorgio. Una nave da crociera, nel cuore della città, dentro alla laguna fragilissima. Un mostro che cancella paesaggio e linea dell’orizzonte. È una delle foto, una trentina in tutto, che Berengo Gardin ha scattato fra il 2012 e il 2014.
“Immagine negativa”, no alla mostra
L’inaugurazione della mostra, intitolata “Mostri a Venezia”, era stata prevista per il 18 settembre 2015 a Palazzo Ducale. Il giusto tributo a uno dei più grandi fotografi internazionali e a un tema che indignava il mondo intero. Ad agosto 2015, però, si insedia la nuova giunta di destra, il cui sindaco, come prima forte decisione, tanto per far capire a noi veneziani quale aria sarebbe tirata negli anni successivi, decide di annullare la mostra. Di censurarla.
Motivo (anche se non ci sono mai motivi quando si censura): le foto di Berengo Gardin avrebbero dato un’immagine negativa della città. Le foto del grande maestro, non le oscene grandi navi. Ma quelle foto il mondo ha potuto vederle lo stesso, qualche metro più in là, in Piazza San Marco, al Negozio Olivetti, decine e decine di migliaia di visitatori in poco più di due mesi.
Fuori dalla laguna
È stata quella inaccettabile censura al lavoro di un grande fotografo a spingermi – indignato – a riscrivere e a pubblicare il pamphlet letterario Venezia è laguna, pubblicato da Helvetia editrice. Le grandi navi oggi non entrano più in laguna, anche se c’è chi – ahimè – le rimpiange e sta lavorando per farle ritornare. Non ci riusciranno, perché le foto di Gianni Berengo Gardin saranno lì come monito universale, a mostrate al mondo intero lo scempio. Le fotografie di un narratore per immagini che lungo tutta la sua vita ha sempre avuto il coraggio di mostrarci come stanno le cose, con uno sguardo nitido, puro, senza filtri, senza artifici. Che ci ha suggerito come dobbiamo guardarlo, questo nostro mondo.
Un Maestro, Gianni Berengo Gardin.
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