Lei gli disse: la storia inizia adesso
Il giornalista, la scrittrice, un premio letterario vicino alla spiaggia. Dai messaggini all’incontro (con colpo di scena)

Il primo messaggio di Rebecca Desalvi non aveva emozionato Viveg. “Grazie per l’intervista - diceva -. Mi sono sentita capita, amata come donna e come scrittrice”. Ma lui, il giornalista, di salamelecchi come quello ne riceveva a pacchi nella mail di redazione. Uno più uno meno, che differenza poteva fare? Così, per rispondere, Viveg si era adeguato a un tono ruffiano: “Grazie a te, scrivi libri bellissimi”.
Mentiva spudoratamente.
A lui, in realtà, il romanzo della Desalvi non era piaciuto affatto. Già il titolo, “L’amore è uno stupro”, gli sembrava furbo e volgare. E poi, lo stile della scrittrice era costruito apposta per acchiappare lettori nel suo susseguirsi di rocamboleschi incontri erotici.
Viveg, insomma, l’avrebbe demolita volentieri con una recensione al veleno. Invece, si era limitato a recitare la parte del bravo cronista. Per evitare che il direttore del giornale, poi, lo accusasse di ignorare che la Desalvi, tra i finalisti del Premio Laguna Blu, risultava favoritissima.
Tre giorni dopo, un messaggio di quella che, ormai, si firmava Rebecca e basta, aveva sbriciolato il suo muro di diffidenza. Conteneva la foto di una camera d’albergo. Pochi minuti più tardi, era seguito un testo con molti puntini di sospensione: “Siamo in tour con il Premio… nessuno che mi emozioni… perché non mi vieni a trovare? C’è la spiaggia, a Soleado, potremmo fare… un bagno in mare e conoscerci… meglio”.
Viveg li odiava i puntini di sospensione, non riusciva a capire cosa volessero sottintendere. E, poi, non aveva nessuna voglia di sciropparsi 200 chilometri, sotto il sole di luglio, per incontrare la Desalvi. Una copia sbiadita dell’attrice Diane Kruger, che riempiva il web di selfie e atroci haiku.
“Grazie dell’invito”, aveva risposto Viveg laconico. “Ci vedremo alla serata finale del Premio”.
Fine della storia? Macché. Rebecca non si era arresa. Anzi, aveva iniziato a coinvolgerlo in un’implacabile descrizione delle sue giornate: “Quanto mi annoiano le domande… dei lettori”; “Dormo e mangio male negli alberghi prenotati… dal Premio”; “Mi sento così… sola in mezzo a un gruppo di… colleghi maschi che… ripetono sempre io, io, io”.
All’improvviso, i messaggi si erano fatti più intimi. Gli spediva foto delle sue mani: “Ti piace lo smalto che ho… scelto?”. Ma anche primi piani dei piedi: “Le scarpe… mi imprigionano. Vieni a liberarmi?”
Per giorni Rebecca lo aveva sommerso di inviti sibillini, fino a quando Viveg si era arreso: la mattina seguente sarebbe partito per la spiaggia di Soleado.
L’aria refrigerata nell’abitacolo della sua vecchia DS, e i ritmi wave dei New Order, gli avevano tenuto compagnia per oltre 300 chilometri sull’autostrada liquefatta dal sole. Insieme a un dubbio insistente: la Desalvi cercava solo una via di fuga dal diluvio di chiacchiere letterarie, o qualcosa di più sorprendente?
Rebecca lo accolse accanto alla piscina dell’hotel con un’espressione annoiata sul volto spettrale. Gli offrì da bere, brontolò per il caldo insopportabile, poi si congedò per concedersi un riposino: “C’è troppa gente qui… mi gira la testa”.
Prima di sparire, gli sussurrò: “Mi aspetti?”. E indicò una sdraio, all’ombra, dove avrebbe potuto leggere un po’. “Immagino che porti sempre un libro con te…”, tagliò corto senza chiedergli nemmeno se avesse pranzato. Riapparve un paio d’ore più tardi mentre a Viveg mancavano poche pagine di “Strani disegni” dello scrittore invisibile Uketsu. “Ti studiavo le mani, rivelano… chi sei”, disse Rebecca accasciandosi su una sedia. Si avvicinò tanto che, per un attimo, Viveg pensò che la Desalvi volesse baciarlo. Invece lo inondò di parole: “Non li sopporto i maschi… l’avrai capito dal mio romanzo. Sono privi di… fantasia, violenti… ottusi. Tutti tranne te, mio caro”.
Rebecca si alzò di scatto: “Ti va di vedere la mia stanza?”. Lo prese per mano, senza aspettare la risposta, salì le scale come se volasse. In camera scalciò via le scarpe, buttò il vestito sul letto. Fece cenno a Viveg, imbarazzato, di sedersi accanto a lei. Afferrò il telefono, che stava sul comodino, e digitò rapida sulla tastiera.
Sullo schermo, un uomo e una donna si sorridevano. Sopra le loro teste lampeggiava la scritta: “AINovelSex, i vostri incontri da romanzo”.
“Cosa diavolo…”, chiese Viveg.
La Desalvi gli afferrò le mani. “AINS è un’applicazione che trasuda passione… virtuale”.
Viveg fece per alzarsi. “Mi hai fatto venire fin qui per mostrarmi un sito di incontri?”.
Una risatina cancellò le sue parole: “Stai scherzando?”, chiese la Desalvi dilatando gli occhi. Con le guance arrossate e un’espressione furba spiegò che, condividendo quella app, avrebbero rivissuto le grandi storie d’amore della letteratura.
“Tu sarai Rudolph Boulanger e io Emma Bovary. Tu il Maestro e io Margherita. O forse sceglierai Antonio Dorigo e io incarnerò Laide. Sarà un’emozione… inedita”.
Viveg si arrese. “Scarico la app, poi vediamo”.
Sulle labbra di Rebecca fiorì un sorriso. “Ho fatto bene a invitarti, non sei come gli altri”.
Mentre lui armeggiava sulla tastiera del telefono, lei prese ad accarezzarlo. Lentamente. Come se il tempo si fosse fermato.
Poi, con un colpo di reni la Desalvi si mise a sedere sul letto a gambe incrociate. “Tocca a me la prima scelta. Io decido… di rivivere con te… ma sì, mi stuzzica ‘Misery non deve morire’ di Stephen King”.
Prima che Viveg reagisse gli afferrò i polsi, li strinse dentro un cordino da arrampicata e lo legò alla testiera del letto. “La storia inizia adesso. Ricordi tutto?”.
Lui ringhiò: “Non fare la cretina, slegami. È un gioco, non la realtà”.
Rebecca lo guardò sorpresa: “Ma è elettrizzante… tesoro. Tu sei Paul Sheldon, lo scrittore. Volevi eliminare… Misery, il personaggio che adoro?”.
Si alzò, prese a rivestirsi. “Io, la tua lettrice fedelissima, te lo impedirò. Ci puoi giurare”.
Uscì dalla porta, borbottando: “Che barba questi incontri del Premio. Però ritorno presto, bastardo, poi… comincia il divertimento”.
L’autore

Alessandro Mezzena Lona, nato a Trieste da una famiglia di origine trentina, per un periodo di sedici anni è stato il responsabile delle pagine culturali del quotidiano “Il Piccolo” di Trieste e della Venezia Giulia. Nel 2013 ha vinto il Premio Grado Giallo Mondadori con il romanzo “Non credere ai santi”.
Ha scritto i romanzi “La via oscura”, “La morte danza in salita”, “L’amore danza sull’abisso”, “Il cuore buio dei Miracoli”, “Nero è il colore delle note”. Ne “Il poeta delle pantegane”, Mezzena Lona ha raccontato la vita e i versi di Federico Tavan. Cura il blog Arcane Storie e collabora alla rivista Doppiozero.
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