I pesci parlano al ragazzo con la maglietta nera
Un’estate d’infanzia e mistero, tra silenzi, ricordi e sguardi sott’acqua. Nel momento prima dell’alba, solo chi sa ascoltare può sentire certe voci

Aveva già visto quel ragazzo, anni prima. Seduto all’ombra di un ulivo, sul sentiero che scendeva alla baia.
Era piccola allora, aveva sette anni. I genitori l’avevano mandata al mare dagli zii con la scusa dell’aria buona. In realtà era nato suo fratello Mimmo e non la volevano tra i piedi. Con quel caldo era già abbastanza faticoso occuparsi del neonato.
“Starai con tuo cugino Ezio, così avrai qualcuno con cui giocare” aveva detto la mamma.
L’ultima cosa che suo cugino desiderava era giocare con lei, che era piccola e per giunta femmina. La zia gli aveva detto:
“Bada a tua cugina. Portala in spiaggia con voi e prendile un gelato.”
A volte Carola aveva l’impressione che il mondo in cui vivevano i bambini non fosse lo stesso degli adulti. Tutto accadeva lì, sotto i loro occhi, eppure gli adulti non lo vedevano. Ezio l’aveva guardata torvo e aveva bofonchiato: “Andiamo.”
Tutto lì. Poi Carola aveva passato il tempo a rincorrere lui e gli amici, che la ignoravano. Aveva protestato solo quando avevano usato i soldi del suo gelato per il flipper del bar, ma Ezio l’aveva minacciata: “Dillo a qualcuno e ti affogo.”
E quando hai sette anni e ti senti fuori posto perfino a casa tua, devi fare il possibile per stare a galla. Carola non ne aveva parlato con nessuno. Ma quando si era fermata davanti al ragazzo sotto l’ulivo, il cugino se l’era presa.
Doveva avere tre o quattro anni più di lei. Sembrava molto magro, la maglietta larga gli sventolava addosso. Fissava l’orizzonte. Carola gli si era piazzata davanti e il ragazzo allora aveva guardato lei. Uno sguardo profondo e quieto.
“Ma dove cavolo sei!” aveva gridato Ezio, tornando indietro. “Cosa ci fai piantata lì? Oh, svegliati! Ti muovi? Lascia perdere quel deficiente!”
Carola era sobbalzata. “Non si dice.”
“Ma sì, figurati. A quello lì puoi dirgli qualunque cosa, tanto non sente. E manco parla. Muoviti, gli altri sono già in acqua.”
L’aveva trascinata per un braccio. Il ragazzo non aveva reagito. Una volta in mare, Carola aveva smesso di pensare a lui. Vedeva solo i pesci. Seguiva le occhiate in acqua bassa con maschera e boccaglio, mentre Ezio e gli amici si tuffavano dal Sasso del Drago tra mille schiamazzi. Le piacevano, quei pesci. Non si sarebbe mai stancata di ammirare la lunga pinna dorsale, che si appiattiva come un’ala ripiegata per poi drizzarsi di colpo per cambiare direzione. Sembrava un ricamo che ondeggiava nell’acqua. Non avendo nessuno con cui chiacchierare, Carola faceva lunghi discorsi alle occhiate, che la ascoltavano con curiosità.
*
E ora, sette anni dopo, era di nuovo lì, questa volta insieme a tutta la famiglia: suo fratello Mimmo si era rotto una caviglia, e con gesso e stampella erano saltate le vacanze in montagna. Le sembrò che niente fosse cambiato. Il chiosco dei gelati, il flipper, il Sasso del Drago. Anche il cugino Ezio era sempre il solito. Adesso però lei era abbastanza grande per cavarsela da sola: anzi, ora era lei che doveva badare al fratellino e stare attenta che il gesso non si bagnasse.
I genitori avevano sistemato Mimmo in un piccolo canotto legato a una boa vicino a riva, così poteva almeno galleggiare sull’acqua, mentre Carola guardava i pesci con maschera e boccaglio.
Fatto il pieno di raccomandazioni, i ragazzi rimasero in spiaggia da soli. Tirava un forte vento caldo. Mimmo chiese un gelato. Carola si assicurò che il canotto fosse ben legato, e risalì fino al chiosco. Dovette aspettare un bel po’ perché c’era fila.
Fu scendendo che rivide il ragazzo. Era più alto, ma lo riconobbe subito. Stava seduto nella stessa posizione, all’ombra dello stesso ulivo, vestito con la stessa maglietta nera, che continuava a stargli larga. Carola rimase a fissarlo, come quando aveva sette anni. Accennò un sorriso. Ma il ragazzo non ricambiò, e spostò gli occhi da lei al mare. Imbarazzata, Carola se ne andò. Solo quando fu in spiaggia sentì le urla.
Il canotto era oltre il Sasso del Drago, con Ezio e Mimmo a bordo. Il vento lo spingeva verso il largo. Mimmo strillava, Ezio remava con le mani tentando di vincere la corrente, senza riuscirci.
Presa dal panico, Carola si tuffò. Nuotava senza fiato per l’ansia che le artigliava i polmoni, e pensò che non ce la poteva fare, che era da sola contro vento e mare, che non sarebbe mai riuscita a trascinarli a riva. Raggiunse il canotto, lo afferrò per la maniglia e lo tirò a sé. Ma si sentì strappare via, le mancavano le forze. E poi d’un tratto accadde qualcosa. Era girato il vento? Era cambiata la corrente? Il canotto invertì la rotta. Sfidando le onde, puntò verso riva: Carola non faceva più fatica a tirarselo dietro.
Raggiunta finalmente la spiaggia, Carola scoppiò a piangere stringendosi al fratello. Tremavano entrambi. Ezio, livido in viso, si accasciò sui sassi ansimando.
“La stampella” balbettò Mimmo, tra un singhiozzo e l’altro. “Lui… lui voleva usarla come remo ma… è caduta… giù… giù sul fondo.”
“Tranquillo” cercò di calmarlo lei. “Non importa. Te ne prenderanno un’altra, vedrai.”
Gli accarezzò la testa sudata e pensò a cosa avrebbero detto i genitori. E se Mimmo fosse finito in mare, con quel gesso pesante? Riprese a tremare ancora più forte.
“Andiamo a casa. Appoggiati, ti aiuto io.”
Mentre lasciavano la spiaggia, Carola si voltò a guardare il cugino, ma non trovò niente da dirgli. Risalirono il sentiero. All’altezza dell’ulivo Carola alzò lo sguardo: il ragazzo non c’era più. Al suo posto però c’era la stampella di Mimmo.
*
Quella notte non riuscì a dormire. Lei e Mimmo avevano deciso di non raccontare niente ai genitori, e di sicuro non si sarebbe azzardato a farlo Ezio. Continuava a pensare a quello che era successo, eppure non se lo spiegava. Alla fine decise che capire non era poi così importante. Ma ringraziare sì. E di sicuro c’entrava il ragazzo con la maglietta nera.
Sgusciò fuori casa prima dell’alba e scese verso la baia. All’ulivo non c’era. Sentì uno sciabordio più forte di quello della risacca. Qualcuno nuotava. Intravide sui ciottoli il mucchietto informe di una maglietta nera.
Il ragazzo uscì dall’acqua e si sedette di spalle.
Non era ancora spuntato il sole e ogni cosa galleggiava nel colore grigio e azzurro dei sassi. Carola si avvicinò, cercando di fare rumore per non coglierlo di sorpresa. Il ragazzo non si voltò. Ezio aveva detto che non sentiva e non parlava.
Carola si fermò al suo fianco, allungò una mano e gli fece una carezza sulla schiena nuda. Neanche allora lui si voltò.
Ma Carola sentì, sotto la mano che percorreva la sua spina dorsale, una lunga linea in rilievo. Un’ala ripiegata. Un ricamo pronto a ondeggiare nell’acqua.
“Questo è il momento migliore del giorno, vero?” mormorò il ragazzo, e le sorrise. “Prima che sorga il sole. È il momento in cui, se parli ai pesci, i pesci ti rispondono.”
***
L’autrice
Chiara Carminati, udinese, è scrittrice e traduttrice; si è specializzata in analisi del testo all’Università di Aix-en-Provence.
Attiva nel campo della letteratura per ragazzi come prolifica autrice, insignita, tra l’altro, del Premio Andersen (miglior scrittore nel 2012, premio della giuria nel 2015), del Premio Strega ragazzi nel 2016, e del Premio Letterario Camaiore nel 2018, svolge un’intensa attività di traduttrice per Arnoldo Mondadori Editore di autori tra cui si ricordano Sharon Creech, Richard Scarry e Beatrix Potter.
Ha pubblicato con Mondadori, Einaudi Ragazzi, Fabbri Editori, Grimm Press, Fatatrac, Carthusia. Collabora con i musicisti della Linea Armonica
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