Cosa dice l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia sul nordest

Le mire sugli appalti pubblici e sui fondi del PNRR. Le infiltrazioni nella sanità, i rifiuti, i lavori ferroviari. In Veneto mafie ormai autonome, a Trieste la rotta balcanica tra guerre e alleanze, in Friuli molta droga e diverse mafie straniere

La redazione

 

Il dossier in punti

  • Il Nordest è ormai passato dalle infiltrazioni mafiose al loro radicamento
  • Le mafie presenti sul territorio si sono perlopiù rese autonome dalle cosiddette “case madri” di appartenenza originaria
  • I fondi del PNRR e gli appalti pubblici interessano le organizzazioni criminali, anche a livello locale
  • La ricchezza di buona parte del Nordest e i suoi flussi turistici favoriscono riciclaggio e operazioni immobiliari coperte
  • La cd Rotta balcanica che passa per Trieste vede la compresenza di mafie straniere che gestiscono immigrazione clandestina e narcotraffico in primis
  • Il traffico illecito di rifiuti non accenna a diminuire 
  • I settori legali ad alta infiltrazione sono ristorazione, immobiliare, edilizia e movimento terra, estrattivo, subappalti della sanità, lavori ferroviari, trasporti in conto terzi

 

Il Ministro dell’Interno ha trasmesso alle Camere la Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel I semestre del 2023, della quale si riportano i punti salienti.

In particolare, l’attenzione è focalizzata sulle connotazioni strutturali e sulle linee evolutive delle principali mafie italiane (‘ndrangheta, Cosa nostra, Camorra, mafie pugliesi e lucane) e straniere, sul tema degli appalti pubblici e sulle attività di prevenzione del riciclaggio.

Nella premessa della Semestrale, la DIA conferma che anche nel I semestre 2023 le organizzazioni mafiose abbiamo proseguito nel loro processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti socio-economici e alla vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, specialmente con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive. Come nelle precedenti Relazioni, permane la capacità delle mafie di cogliere opportunità e occasioni di profitto, mettendo nel mirino, ad esempio, i fondi del PNRR e quelli legati agli appalti pubblici.

Sottolinea la Relazione che l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali, che con sempre maggiore frequenza utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social. Si tratta di strumenti che “rappresentano un moltiplicatore della capacità operativa delle reti criminali mafiose” le quali sempre più “vivono nel cyberspace”.

 

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Le mani sulle grandi opere pubbliche

Le cosche avrebbero evidenziato un crescente interesse nel controllo delle grandi opere pubbliche e nella gestione delle risorse economiche degli enti locali, come nel caso delle aziende ospedaliere o dei servizi di raccolta rifiuti". La 'ndrangheta - viene sottolineato - è un fenomeno di portata internazionale che, tuttavia, continua a mantenere le sue radici nella provincia di Reggio Calabria, fonte di legittimazione di tutte le decisioni strategiche.

La relazione sul Veneto

La Regione Veneto ha visto nel 2023 una crescita moderata dell’attività economica, con segnali di rallentamento, principalmente a causa del calo degli ordini esteri, degli alti tassi di interesse e dell’erosione del potere d’acquisto delle famiglie.

Tuttavia, il Veneto si distingue per una solida struttura economica, un settore manifatturiero resiliente e una ripresa nel comparto turistico, sostenuta soprattutto dai viaggiatori stranieri. La Regione, proprio per la vivacità del contesto economico-imprenditoriale e la posizione geografica strategica, in grado di attrarre investimenti sia statali che privati, risulterebbe maggiormente vulnerabile a infiltrazioni mafiose e a interessi di tipo crimino-affaristico. Le ingerenze nell’economia veneta di attori criminali mafiosi, in particolare della ‘ndrangheta e della camorra, continuano a rappresentare una minaccia, come testimoniato da numerose indagini e sentenze passate in giudicato, nonché dall’analisi dei provvedimenti interdittivi emessi dalle prefetture venete.

In particolare nel 2024, due aziende operanti nel settore delle costruzioni e del nolo a freddo di macchinari e fornitura di ferro lavorato (provincia di Verona) e un’altra attiva nel settore del commercio di autovetture (provincia di Treviso) sarebbero risultate vicine a cosche della ‘ndrangheta, mentre nella provincia di Rovigo due imprese (settore delle compravendite immobiliari e delle costruzioni) riconducibili ad un soggetto legato ad una famiglia di cosa nostra palermitana hanno ricevuto il diniego di iscrizione nelle white list.

Anche il Prefetto del capoluogo ha emesso due provvedimenti nei confronti di società operanti nel settore del commercio di alimenti e dell’edilizia, quest’ultima riconducibile a soggetti “vicini” alla stidda gelese e al clan camorristico dei CASALESI. Proprio alcune ingerenze dei CASALESI sono emerse ancora nel provvedimento emesso dal Prefetto di Vicenza nei confronti di una società attiva nel settore della raccolta, stoccaggio e riciclaggio di rifiuti.

Il radicamento delle matrici criminali mafiose tradizionali è attestato da numerose sentenze passate in giudicato. La ‘ndrangheta, negli anni si è radicata nel Veneto agendo con modalità operative “silenti” ma conservando la capacità di esprimersi con violenza, ovvero di far ricorso all’intimidazione e all’assoggettamento nei confronti di soggetti non collaborativi1459. È quanto deducibile dalla sentenza della Corte di Cassazione che, condividendo le conclusioni della Corte d’Appello di Venezia, ha riconosciuto l’esistenza di una struttura di ‘ndrangheta quale propaggine di quella attiva in Emilia Romagna.

La stabile presenza in Veneto di organizzazioni criminali di matrice ‘ndranghetista è rinvenibile anche in due sentenze della Corte di Appello di Verona riferite ai processi denominati “Isola Scaligera” e “Taurus” le cui misure cautelari sono state eseguite nel 2020. In merito, la Corte d’Appello di Verona ha riconosciuto, nel primo caso, l’esistenza sul territorio scaligero, come confermato anche della sentenza emessa dalla Cassazione e depositata nel giugno 2024, di un locale di ‘ndrangheta, rappresentato dalla famiglia GIARDINO quale estensione della cosca degli ARENA; nel secondo, l’esistenza nella provincia di Verona di ‘ndrine della piana di Gioia Tauro (RC) quale espressione degli interessi illeciti delle famiglie calabresi GERACE-ALBANESE-NAPOLI-VERSACE. L’operatività sul territorio scaligero della famiglia GIARDINO sarebbe confermata anche dagli esiti di un’operazione conclusa dalla Guardia di Finanza di Verona, Lodi e Catanzaro il 12 novembre 2024.

Nel periodo in esame, di particolare interesse risulta la sentenza della Corte di Appello di Venezia, nell’ambito del processo denominato “Papillon”, con la quale è stata riconosciuta l’esistenza di un’organizzazione criminale di tipo mafioso, che avrebbe ripristinato l’operatività della c.d. mala del Brenta, mediante attività volte ad acquisire, in modo diretto o indiretto, la gestione, o, comunque, il controllo di alcuni rami del trasporto turistico lagunare della città di Venezia.

Il territorio regionale non è risultato esente dagli interessi illeciti della criminalità campana, la quale nel corso degli anni ha dato prova della sua operatività soprattutto nel settore degli stupefacenti e nel riciclaggio. Sebbene nel periodo in esame siano state documentate condotte criminali perpetrate da soggetti ritenuti “vicini” alla camorra, esse rappresentano piuttosto una proiezione della criminalità campana la cui struttura organizzativa resta, invece, ancorata ai territori di origine.

Controversa sul piano giudiziario, infatti, appare la presenza “stanziale” della criminalità campana in questo territorio. Ci si riferisce, in particolare, a quanto emerso dagli esiti delle sentenze emanate nel corso del 2023 e relative all’indagine “At last”, che nel febbraio del 2019, consentì di rilevare come un gruppo camorristico, costituitosi ed insidiatosi dalla fine degli anni ’90 in Veneto orientale, assunse il controllo del territorio operato sino a quel momento dagli ultimi rappresentanti della c.d. mafia del Brenta con la quale, tra l’altro, c’erano stati stabili contatti. Invero, il 5 giugno 2023, la 2^ Sezione penale del Tribunale di Venezia. chiamata a giudicare gli imputati che avevano intrapreso il rito ordinario, non ha riconosciuto “…l’agire mafioso dell’associazione…”, diversamente dal verdetto di 1° grado per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato (confermato poi dalla Corte di Cassazione), tra i quali figura anche un ex amministratore locale riconosciuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa.

Pregresse attività investigative hanno appurato, inoltre, l’operatività di soggetti ritenuti contigui a cosa nostra. Il riciclaggio dei proventi illeciti – reinvestiti soprattutto nel settore immobiliare dell’area veneziana – e la commissione di una serie di reati economico-finanziari finalizzati a rilevanti frodi fiscali e truffe, restano il core business delle consorterie siciliane in grado, nel tempo, di inquinare l’economia legale.

Nel tempo, anche la criminalità pugliese ha manifestato la capacità di insinuarsi in mercati illegali al di fuori dei propri confini regionali al fine di riciclare i proventi illeciti, così come appurato da pregresse indagini che hanno interessato anche il Veneto. La presenza di soggetti contigui a tali gruppi criminali è confermata da un provvedimento cautelare che, il 4 dicembre 2024, ha portato all’arresto di 14 persone ritenute responsabili, tra l’altro, di procurata evasione e favoreggiamento personale finalizzate alla fuga dal carcere di Nuoro di un soggetto appartenente al clan RADUANO di Vieste (FG).

L’indagine, conclusa dalla Polizia di Stato di Venezia e di Cagliari e dalla Polizia Penitenziaria, era stata avviata proprio a seguito dell’evasione dell’affiliato al clan nel febbraio 2023. Uno dei soggetti, originario del foggiano ma stabilitosi a Venezia, avrebbe organizzato il piano per la fuga dal carcere, grazie a due complici anch’essi di origine veneziana, per poi occuparsi del successivo appoggio logistico al fuggitivo mediante, ad esempio, la fornitura di telefoni criptati, di un computer e del denaro necessario per il sostentamento.

Come sopra accennato, la vivacità economica del territorio rappresenta una valida opportunità anche per quelle organizzazioni criminali che, sebbene operanti fuori dai contesti mafiosi, sono da sempre interessate al perseguimento di obiettivi illeciti attraverso l’infiltrazione del tessuto economico-produttivo soprattutto tramite la commissione di reati economico-finanziari e di truffe, spesso finalizzate all’indebito ottenimento di contributi pubblici.

Infine, occorre rimarcare che nel territorio veneto è stata appurata, nel tempo, la proliferazione di complesse e strutturate organizzazioni criminali straniere del tutto autonome rispetto alle più note matrici mafiose italiane. I principali interessi illeciti di dette compagini si manifestano, principalmente, nel traffico di stupefacenti e di armi, nell’immigrazione clandestina e nello sfruttamento della prostituzione ma, talvolta, sono emersi coinvolgimenti in delicati e articolati meccanismi fraudolenti economico-finanziari. Alcune consorterie criminali straniere hanno assunto un pressante controllo delle attività illecite in alcune aree della regione evidenziando una spiccata metodologia mafiosa, tanto da essere giudiziariamente riconosciute quali mafie.

Provincia di Venezia

Le attività investigative condotte su questo territorio nel corso degli anni hanno mostrato un quadro delinquenziale degno di un’accurata analisi, soprattutto avuto riguardo alle strutturate e note organizzazioni criminali italiane1478. Nel periodo di riferimento di particolare interesse è la sentenza emessa il 17 gennaio 2024 con la quale la Corte di Cassazione, rigettando i ricorsi di alcuni imputati e dichiarando inammissibili quelli dei rimanenti imputati nell’ambito del processo relativo all’indagine denominata “Camaleonte”, ha certificato la presenza in Veneto di un’organizzazione criminale di tipo mafioso. La Suprema Corte conferma, di fatto, quanto promanato dalla sentenza d’Appello riguardo la presenza di una “…nuova ed autonoma articolazione criminosa della cosca denominata “Grande Aracri”, organizzazione di tipo mafioso insediatasi originariamente in Cutro e già con un’autonoma articolazione nel territorio emiliano, operante nelle province di Padova e Venezia tra il 2012 e il 2019…”.

Restando in tema di sentenze, nel periodo trattato, è in corso il processo d’Appello relativo agli sviluppi processuali della già citata indagine “At last” conclusa dalla Polizia di Stato nel 2019 e che consentì di ricostruire le capacità del clan camorristico dei CASALESI di permeare l’economia legale della provincia mediante il tipico metodo mafioso.

Quanto sinora esposto indica, inconfutabilmente, come l’attore criminale guardi al Veneto e, in particolare la città di Venezia e il suo hinterland, come una “terra” di conquista dove, mimetizzandosi nel poliedrico tessuto imprenditoriale, ne sfrutta le vulnerabilità riciclando i patrimoni illecitamente accumulati. Sebbene le attività investigative poste in essere nell’arco temporale esaminato non abbiano fatto emergere l’attuale operatività delle mafie nel veneziano, i risultati conseguiti dall’attività preventiva finalizzata sia ad aggredire i patrimoni illeciti, sia ad evitare qualsiasi tentativo di infiltrazione nel tessuto economico veneziano. Al riguardo, il 6 maggio 2024, è stato eseguito un decreto di sequestro e contestuale confisca di un immobile, ubicato nella provincia di Venezia, nei confronti di un esponente di spicco della già richiamata mafia del Brenta.

L’azione dei Gruppi Interforze Antimafia coordinati dal Prefetto di Venezia ha consentito, invece, di raccogliere importanti elementi di illiceità inerenti ad alcune ingerenze mafiose tali da giustificare l’emissione di 2 provvedimenti interditivi nei confronti di gruppi imprenditoriali ritenuti “vicini” ad ambiti mafiosi. Tra questi spicca quello emesso nei confronti di una società attiva nel settore dell’installazione, manutenzione e riparazione di impianti elettrici in edifici, la cui gestione è stata ritenuta fortemente inquinata da un gruppo criminale riconducibile alla stidda di Gela (CL). Gli amministratori della società infatti sono risultati legati da vincoli di parentela a esponenti stiddari coinvolti in importanti e complesse indagini.

L’atto prefettizio ha evidenziato, inoltre, assidue interazioni tra uno degli amministratori della società interdetta con esponenti del clan camorristico dei CASALESI operante a Venezia. In particolare, è emersa l’ingerenza di questo clan negli interessi economici di un’attività di rivendita carburanti e bar riconducibile alla stidda gelese. Tale aspetto, sembrerebbe sintomatico di un verosimile patto mafioso raggiunto da due differenti consorterie e finalizzato alla realizzazione di reciproci interessi illeciti in “regime” di coesistenza sul territorio veneziano.

Nel 2024 sono stati registrati alcuni episodi di illecita percezione di fondi pubblici, con particolare riferimento a quelli europei destinati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), pur non rinvenendo la presenza di soggetti legati a contesti mafiosi. Si è trattato di fenomeni corruttivi maturati all’interno di circuiti di tipo crimino-affaristico che hanno coinvolto funzionari pubblici infedeli e imprenditori spregiudicati. Particolare importanza, in proposito, assume l’operazione denominata “Crimine resiliente”1484, eseguita dalla Guardia di finanza di Venezia nel mese di marzo 2024, le cui risultanze investigative hanno disvelato l’esistenza di uno strutturato sodalizio criminale dedito alla perpetrazione di un numero indeterminato di truffe ai danni dell’Unione Europea.

In tale contesto sono state riscontrate, inoltre, numerose modifiche agli assetti societari in capo alle aziende destinatarie dei suddetti fondi, nonché accertate una serie di complesse condotte delittuose in materia economico-finanziaria, finalizzate alla creazione, cessione e monetizzazione di crediti d’imposta inesistenti. Il provvedimento cautelare è stato emesso nei confronti di 22 persone ritenute gravemente indiziate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata, al riciclaggio, all’autoriciclaggio e al falso. Inoltre, nel medesimo dispositivo è stato emesso il sequestro preventivo dei crediti di imposta, risultati attivi in seno alle società coinvolte nella frode, per un totale di circa 600 milioni di euro.

Non meno rilevante è l’operatività sul territorio veneziano di importanti e strutturati sodalizi criminali stranieri dediti, prevalentemente, al traffico e allo spaccio sostanze stupefacenti. Al riguardo, si rappresenta che il 10 maggio 2024 la Guardia di finanza di Venezia ha tratto in arresto un noto latitante albanese sul quale gravava un Mandato di Arresto Europeo in quanto avrebbe preso parte ad un gruppo impegnato nel traffico internazionale di cocaina. Il successivo 12 giugno 2024, a conclusione di una indagine condotta dalla Polizia di Stato di Venezia, è stata disarticolata un’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, composta in gran parte da cittadini albanesi, dedita in maniera stabile alla gestione dell’attività di spaccio.

Restante territorio regionale

Come ampiamente descritto nella parte generale, in Veneto nel recente passato è stata accertata l’operatività di stabili strutture criminali, soprattutto riconducibili alla ‘ndrangheta e alla camorra1488, i cui interessi crimino-affaristici afferiscono, prevalentemente, a importanti operazioni economico-finanziare finalizzate al riciclaggio e reinvestimento di proventi illeciti. Al riguardo, l’operazione conclusa il 12 novembre 2024 dalla Guardia di finanza di Verona, Lodi e Catanzaro, coordinata dalla DDA di Milano1490, avrebbe confermato l’operatività della locale ‘ndranghetista dei GIARDINO sul territorio scaligero, quale espressione della cosca ARENA-NICOSCIA di Isola Capo Rizzuto (KR).

L’indagine, che ha portato all’arresto di 8 soggetti, avrebbe consentito di ricostruire numerose operazioni commerciali poste in essere dai membri della famiglia calabrese, stabilitasi da anni nelle province di Lodi e Verona, attraverso una serie di imprese, alcune delle quali già destinatarie di provvedimenti preventivi. ln particolare, le ditte riconducibili all’associazione criminale emettevano fatture per operazioni inesistenti nei confronti di società operanti nel settore degli appalti pubblici per la manutenzione delle linee ferroviarie e metropolitane ed utilizzavano lavoratori nei cantieri ferroviari, aggirando la normativa sugli appalti e dissimulando con fatture per operazioni inesistenti, distacchi di manodopera. Tra le condotte fiscali illecite è emersa anche l’illegittima percezione di fondi europei per lo sviluppo rurale utilizzati in compensazione per il pagamento dei debiti erariali e previdenziali per quasi 1 milione di euro. Nel medesimo provvedimento è stato, altresì, disposto il sequestro di beni e aziende per circa 2 milioni di euro.

I medesimi interessi illeciti sono, altresì, perseguiti anche da “proiezioni” delle mafie tradizionali le quali guardano a questa Regione come un valido territorio in cui espandere i propri business. È quanto emerge dagli esiti di un’indagine della Guardia di finanza di Firenze, conclusa nel mese di aprile 2024, che ha messo in luce le condotte fraudolente di un imprenditore vicentino attuate al fine di agevolare il clan camorristico dei CASALESI. Sotto la lente degli inquirenti sono finiti alcuni sospetti bonifici disposti dall’imprenditore in favore di aziende riconducibili al predetto sodalizio campano, distraendo così il patrimonio aziendale di un’impresa avente sede nella provincia di Verona.

Sempre in riferimento alla camorra, interessanti risultanze sono emerse dall’analisi di due distinti provvedimenti cautelari che hanno consentito di documentare particolari forme di “assistenzialismo” riservato ai sodali ristretti negli istituti penitenziari e che, nel Veneto, ha interessato la Casa circondariale di Rovigo. Le relative attività investigative, portate a termine nel marzo 2024 dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri e dai Reparti “speciali” della Polizia Penitenziaria, hanno appurato come gli indagati, ritenuti appartenenti al clan VALDA-APREA, operante sul territorio di Barra (NA), e alla c.d. ALLEANZA DI SECONDIGLIANO, avessero escogitato un sofisticato metodo di sostentamento ai sodali detenuti in diversi istituti penitenziari, come quello di Rovigo, utilizzando droni in volo che puntualmente riuscivano a consegnare, all’interno delle mura carcerarie, schede telefoniche, denaro e sostanze stupefacenti.

Come riscontrato nel capoluogo, anche nel restante territorio regionale si rileva una costante recrudescenza di reati economico-finanziari spesso perpetrati da strutturati e complessi gruppi criminali, benché non contraddistinti dal carattere della “mafiosità”. È quanto emerge dall’epilogo della complessa indagine “Spallone”, conclusa il 19 marzo 2024 dalla Guardia di finanza di Vicenza, nell’ambito della quale è stata disarticolata un’associazione per delinquere, composta da 16 persone (3 vicentini, 9 bresciani, 2 cingalesi e 2 cinesi), operante tra Vicenza, Padova e Verona ma anche a Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, con collegamenti in Germania, Slovenia e Repubblica Popolare Cinese e specializzata nel riciclaggio di capitali realizzato attraverso i c.d. “money mules” o “spalloni”, ovvero soggetti impiegati nel trasporto, da e verso l’estero, di denaro contante frutto di frode fiscale.

L’attività investigativa, avviata grazie all’acquisizione di informazioni nei confronti di un soggetto di Arzignano (VI) sospettato di essere uno degli “spalloni”, ha consentito di accertare numerosi viaggi avvenuti in un breve lasso di tempo e finalizzati al trasporto di corpose quantità di denaro provenienti da frodi fiscali realizzate da società attive, prevalentemente, nel settore del commercio di materiali ferrosi.

In particolare, le frodi si sarebbero concretizzate attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di due società “cartiere”, con sede a Brescia e a Roma, a favore di numerose società “clienti” principalmente del Nord Italia, alcune delle quali con sede nelle province di Vicenza, Verona e Rovigo. In pratica le società “clienti”, attraverso periodici bonifici, saldavano le fatture false emesse dalle “cartiere” le quali, a loro volta, eseguivano successivi bonifici sui conti di società estere, una con sede a Hong Kong e una con sede in Belgio, ritenute il vero punto nodale dell’attività di riciclaggio.

Infatti, il denaro inviato all’estero veniva successivamente reintrodotto in Italia attraverso l’utilizzo di “sportelli bancari illegali”, riconducibili alla c.d. “China underground bank”, un vero e proprio sistema bancario segreto con numerose “filiali” sparse anche sul territorio nazionale, capace di movimentare ingenti quantità di denaro verso la Cina per poi essere reimmesso nei mercati mondiali. Uno degli “sportelli bancari illegali” è risultato gestito da un cittadino cinese, ritenuto il perno della “retrocessione” del denaro, il quale organizzava la consegna del contante agli “spalloni” attivi in varie località d’Italia (Padova, Prato, Mantova, Milano, Chieti e Roma) e all’estero (Slovenia e Germania).

Infine, si rammenta che alcune attività investigative concluse nei due semestri in questione, confermano la presenza di gruppi criminali stranieri, soprattutto di origine albanese, nigeriana e magrebina attivi, in tutte le province venete, nei settori del traffico degli stupefacenti, dell’immigrazione clandestina e dello sfruttamento della prostituzione. In tal senso depongono gli esiti dell’attività investigativa “Neve d’estate”, conclusa il 15 gennaio 2024 dai Carabinieri di Rovigo, nell’ambito della quale è stato disarticolato un sodalizio multietnico, i cui organizzatori sono risultati essere cittadini magrebini, pronto a immettere nelle piazze di spaccio della provincia circa 50 kg di hashish rinvenuti e sequestrati dai Carabinieri in un casolare abbandonato. Nel corso delle indagini è emersa, altresì, una parallela e collaudata attività di spaccio di cocaina posta in essere da alcuni degli indagati. Il successivo 16 febbraio 2024 i Carabinieri di Treviso hanno eseguito un provvedimento di divieto di dimora in Veneto nei confronti di 5 soggetti di origine nigeriana, ritenuti gravemente indiziati di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e cocaina.

Il 5 aprile 2024, la Polizia di Stato di Padova ha eseguito un provvedimento cautelare in carcere nei confronti di 2 soggetti di origine tunisina, uno dei quali titolare di un’attività commerciale di vendita di cibi e bevande, ritenuti gli organizzatori di un vasto giro di spaccio di cocaina perpetrato anche con l’ausilio, per la vendita su strada, di minorenni “…prevalentemente magrebini, senza casa: minori non accompagnati, quindi facilmente manovrabili.”. Altra indagine che conferma l’operatività di compagini multietniche nel traffico di sostanze stupefacenti è quella conclusa dai Carabinieri di Verona il 22 aprile 2024, con l’esecuzione dei provvedimenti cautelari eseguiti nei confronti di alcuni soggetti, in particolare uno di origine calabrese e due di origine albanese, capaci di organizzare una fiorente rete di spaccio di cocaina su tutto il territorio scaligero.

La diffusione di sostanze psicotrope non ha risparmiato il territorio della provincia di Vicenza, infatti il 2 maggio 2024, i Carabinieri hanno eseguito un provvedimento cautelare1503 nei confronti di 8 persone, di nazionalità albanese e italiana, ritenuti gravemente indiziate di spaccio di cocaina e marijuana sul territorio vicentino. Si rappresenta, infine, che l’attività repressiva dello spaccio di sostanze stupefacenti si è concretizzata, nel periodo di riferimento, anche con l’esecuzione di ordini di cattura internazionali, uno dei quali eseguito a Venezia e l’altro operato dalla Polizia di Stato di Padova a carico di un soggetto nigeriano sul quale pendeva un provvedimento di cattura, ai fini dell’estradizione, emesso dalla Corte Federale di Giustizia della Svizzera, poiché destinatario di una condanna a 20 anni di carcere, per aver introdotto nel Cantone di Vaud (Svizzera) circa 9 kg di cocaina, importandola dalla città di Padova.

Così come per il capoluogo, anche nel restante territorio regionale resta alta l’attenzione istituzionale sul fronte dell’attività preventiva finalizzata ad anticipare l’azione di contrasto al crimine organizzato.

Le interdittive

Il Prefetto di Verona ha emesso 2 provvedimenti interdittivi nei confronti di altrettante società coinvolte, direttamente o indirettamente, in pregresse attività investigative incentrate sulle dinamiche criminali e sull’operatività della ‘ndrangheta sul territorio scaligero. In particolare, il primo provvedimento, emesso a seguito di opportuni approfondimenti eseguiti dalla DIA di Padova, ha riguardato un’impresa attiva nel settore delle costruzioni e dei lavori ferroviari, impegnata nella realizzazione della linea TAV Verona-Vicenza-Padova, disvelando la riconducibilità aziendale a soggetti coinvolti nelle note e richiamate indagini “Isola Scaligera”, “Taurus”.

L’altro provvedimento ha coinvolto un’azienda operante nel settore del nolo a freddo di macchinari e fornitura di ferro lavorato che, nel tempo, avrebbe avuto rapporti economici con altra impresa già destinataria in passato di un medesimo provvedimento emesso a seguito dell’indagine “Aemilia” della DDA di Bologna, nell’ambito della quale erano state ipotizzate, tra l’altro, infiltrazioni della ‘ndrangheta sul territorio dell’Emilia Romagna. A Vicenza il Prefetto ha emesso un provvedimento interdittivo nei confronti di una società per azioni, attiva nel settore della raccolta, stoccaggio e riciclaggio di rifiuti, i cui organi di amministrazione avevano instaurato, nel tempo, rapporti commerciali, soprattutto in Campania, con soggetti ritenuti vicini al clan dei CASALESI. Il Prefetto di Rovigo ha emesso 2 interdittive antimafia nei confronti di altrettante società attive nel settore della costruzione di edifici residenziali e non residenziali, riconducibili a un ex collaboratore di giustizia riconosciuto quale amministratore di fatto delle stesse e condannato per la sua appartenenza a cosa nostra palermitana, nello specifico alla famiglia di San Giuseppe JATO. Infine, a Treviso è stata emessa un’informazione interdittiva antimafia nei confronti di una società attiva nel settore del commercio di autovetture e di veicoli leggeri, il cui titolare è risultato indagato nell’ambito dell’operazione “Freeland” (2020), con la quale era stata disvelta l’infiltrazione di alcuni locali di ‘ndrangheta in Trentino Alto Adige.

La relazione sul Friuli Venezia Giulia 

L’attività economica regionale, nonostante il periodo storico caratterizzato da una crisi globale, non ha subito un particolare indebolimento rispetto alla ripresa avvenuta nei primi mesi del 2023 frutto, soprattutto, dei risultati positivi derivanti dagli ingenti investimenti finalizzati alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali. I finanziamenti a importanti opere pubbliche, costituiscono una forte attrattiva per le mafie da sempre inclini ad estendere i propri interessi illeciti in territori economicamente appetibili come quello friulano.

L’attività di prevenzione svolta nella Regione dalle Autorità prefettizie ha fatto emergere in alcuni casi la presenza di imprese, prevalentemente attive nel settore delle costruzioni, vicine a organizzazioni mafiose (soprattutto della ‘ndrangheta), inserite nella filiera dell’appalto, non attraverso il regolare utilizzo dei sub affidamenti, bensì, attraverso distacchi di proprio personale presso la ditta aggiudicataria del lavoro pubblico, risultati in non pochi casi irregolari, poiché carenti della motivazione prevista normativamente.

L’analisi degli esiti di alcune indagini concluse nel periodo di riferimento nel territorio friulano evidenzierebbe l’operatività di gruppi delinquenziali, anche stranieri, attivi nelle più svariate e redditizie attività illecite (traffico di stupefacenti, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, estorsioni, riciclaggio). Pregresse attività investigative avevano documentato la presenza e l’operatività di gruppi delinquenziali non stanziali, ma comunque riconducibili alle tradizionali matrici mafiose di ‘ndrangheta, cosa nostra, camorra e criminalità pugliese, i cui interessi erano rivolti prevalentemente nel settore immobiliare, della ristorazione, edile, estrattivo e del trasporto in conto terzi.

Provincia di Trieste

Le attività investigative, preventive e repressive, eseguite nel corso degli anni nel triestino, sebbene abbiano accertato la presenza di soggetti, verosimilmente, legati ad organizzazioni criminali di tipo mafioso e attivi in svariati settori illeciti e sempre pronti a permeare l’economia legale triestina, non hanno fatto emergere stabili proiezioni delle mafie italiane nella provincia.

Questo favorirebbe l’insediamento di altri sodalizi, soprattutto stranieri, anche in considerazione della “strategica” posizione geografica di Trieste, che rappresenta un privilegiato punto di accesso, in Europa occidentale, attraverso la c.d. rotta balcanica, utilizzata dai narcotrafficanti e da criminali attive nell’immigrazione clandestina. Recenti indagini494 hanno appurato la presenza nel capoluogo giuliano di gruppi criminali stranieri, dotati di una solida struttura organizzativa sia in termini di risorse umane che strumentali. In particolare, il 22 gennaio 2024, i Carabinieri di Trieste hanno tratto in arresto in flagranza di reato 2 kossovari, pluripregiudicati, responsabili di estorsione ai danni di un imprenditore connazionale, residente nel capoluogo giuliano. Il 18 maggio 2024, nell’ambito dell’operazione “Chinese shuttles”, la Polizia di Stato ha disarticolato a Trieste un’organizzazione criminale cinese che gestiva l’ingresso irregolare di connazionali in Italia e in altri Paesi europei, attraverso la c.d. “rotta balcanica”. Le indagini hanno consentito di individuare 77 stranieri irregolari, tra questi anche molte donne ed alcuni minori, trasportati in auto da Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Slovenia fino al confine italiano. Una volta in Italia venivano prelevati da altri soggetti cinesi e condotti per uno o due giorni in una località in provincia di Venezia, prima di essere accompagnati nelle destinazioni finali in Italia, Francia o Spagna. Nel corso delle attività, inoltre, sono stati sequestrati 18 veicoli e ingenti somme di denaro.

Restante territorio regionale

A Gorizia, così come nel resto della Regione, non si registrano forme stanziali di criminalità mafiosa. Tuttavia, la vivacità economica del territorio potrebbe attirare, così come appurato dagli esiti di pregresse indagini, le attenzioni di gruppi criminali. Il 6 febbraio 2024, nell’ambito dell’operazione “Nebrodi 2”499 (prosieguo dell’indagine “Nebrodi” del 2019), incentrata sulle dinamiche criminali del clan dei BATANESI e dei BONTEMPO SCAVO di Messina, è stato rintracciato a Gorizia un imprenditore, attivo dal 2018 nel territorio isontino nel settore della coltivazione di prodotti agricoli e della produzione di energia, destinatario della misura cautelare della sospensione dall’esercizio di attività imprenditoriali.

Nel periodo in riferimento, a seguito dell’attività di analisi e approfondimento svolta anche dalla DIA, il Prefetto di Gorizia ha emesso due comunicazioni interdittive antimafia nei confronti di altrettanti soggetti.

Altra problematica che investe il territorio isontino, non strettamente collegata ai “classici” contesti criminali organizzati, è il fenomeno migratorio. Sebbene nel periodo di riferimento non ci siano stati eventi tali da suscitare interventi di ordine e sicurezza pubblica, Gorizia e la sua provincia restano una delle porte di ingresso in Europa per stranieri irregolari gestiti, perlopiù, da organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani. In provincia di Pordenone, dato l’allettante tessuto economico, spesso si assiste ad un pendolarismo criminale che porta alcuni soggetti, affiliati o vicini alle mafie italiane, a estendere i propri affari illeciti in questa provincia. È quanto emerge da un’attività d’indagine, conclusa dalla Guardia di finanza il 28 marzo 2024 con l’arresto di 18 soggetti, che trae origine dall’attività delittuosa svolta da un imprenditore edile, originario di Casaluce (CE) e trapiantato nel grossetano, il quale attraverso società intestate a suoi prestanomi, una delle quali locata a Sacile (PN) e amministrata da un soggetto italiano residente nello stesso comune, avrebbe reimpiegato capitali illeciti riconducibili ad un esponente del clan dei CASALESI imputato per autoriciclaggio e frode fiscale anche in altre indagini. L’operazione denominata “Una goccia nel deserto”, coordinata dalla DDA di Roma e conclusa il 20 maggio 2024 dai Carabinieri di Frosinone, coadiuvati dalla Polizia di Stato, ha acclarato l’esistenza di un’organizzazione criminale dedita al traffico illecito di rifiuti anche mediante il ricorso all’intestazione fittizia di società. Tre di queste sono risultate ubicate in provincia di Pordenone e una in particolare sarebbe risultata il soggetto economico principale attraverso il quale l’organizzazione criminale perpetrava il traffico illecito di rifiuti.

Anche la provincia di Udine, in passato, è stata interessata dalla presenza di soggetti ritenuti organici agli storici sodalizi di tipo mafioso, quali ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra, attivi in svariati settori illeciti. Si conferma, inoltre, l’operatività sul territorio di alcuni gruppi delinquenziali, composti perlopiù da cittadini stranieri, attivi soprattutto nel traffico di stupefacenti.

Il 9 luglio 2024, nell’ambito dell’operazione “Gaivlis” la Polizia di Stato di Udine ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 2 georgiani ritenuti responsabili di aver favorito la permanenza degli stranieri irregolari nel territorio nazionale e di possesso/fabbricazione di documenti d’identità (validi per l’espatrio e rilasciati da Autorità straniere) contraffatti (nella stessa ordinanza quest’ultima condotta è stata contestata anche ad altre 14 persone).

Le interdittive

Un primo provvedimento è stato emesso a carico di una persona fisica gravata da una condanna irrevocabile per traffico illecito di rifiuti, in concorso con altri, con conseguente provvedimento di confisca per equivalente. Il soggetto, con numerosi precedenti penali per i reati di associazione a delinquere, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, usura, frode, ricettazione, furto, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, risultava essere stato sottoposto alla misura di prevenzione dell’avviso orale. Il secondo provvedimento è stato emesso nei confronti del titolare delle quote di una società attiva nel settore della compravendita di immobili civili e commerciali, già condannato nel 2021 per il traffico illecito di rifiuti.

La relazione sul Trentino Alto Adige

La posizione geografica e la vivacità economica del Trentino Alto Adige ne hanno fatto una regione in grado di attrarre, nel corso del tempo, gli interessi di quelle consorterie criminali avvezze a proiettarsi al di fuori dei territori d’origine al fine di infiltrarsi in fiorenti tessuti economici. Gli esiti delle attività investigative, condotte negli anni, dimostrerebbero tangibili tentativi di infiltrazione da parte di organizzazioni criminali, quali camorra e ‘ndrangheta, attuati, talvolta, anche attraverso la costituzione di stabili e stanziali strutture mafiose nel territorio regionale. Proprio la ‘ndrangheta è stata riconosciuta quale compagine criminale fortemente radicata nella regione alpina al punto da acquisire, nel tempo, una propria autonomia nella provincia di Trento, pur mantenendo stretti legami con le ‘ndrine operanti in Calabria.

È quanto emerge dalla sentenza1414 di condanna di primo grado inerente all’operazione “Perfido”1415 del 2020 la quale, oltre a certificare la stabile presenza ‘ndranghetista1416, afferma anche “…che l’associazione dispone in Trentino di una struttura organizzativa, dotata di uomini ed armi, oltre che di mezzi economici che sono posti a disposizione dell’organizzazione…inserita nel tessuto sociale ed istituzionale del territorio… (nel quale esercita un diretto controllo, anche con metodi intimidatori)”.

Analogamente, pregresse indagini incentrate sulle dinamiche criminali camorristiche hanno appurato la presenza, in questo territorio, di propaggini della criminalità campana, impegnate a estendere nella Regione i propri interessi illeciti, principalmente nel settore del traffico di stupefacenti e del contrabbando di Tabacchi Lavorati Esteri. Gli esiti di altre attività investigative1417 hanno evidenziato, inoltre, i tentativi di infiltrazione nel tessuto economico-finanziario del territorio commessi da compagini criminali, per lo più riconducibili al clan camorristico dei CASALESI, attraverso l’acquisizione fittizia di società, le frodi fiscali e il riciclaggio di denaro di provenienza illecita, ma anche alterando le procedure inerenti all’aggiudicazione di appalti pubblici.

Quanto sinora esposto, non fa che accrescere l’attenzione istituzionale nei riguardi di tutte le condotte illecite prodromiche a gravi forme di ingerenze mafiose nel tessuto economico-finanziario della regione. Lo sforzo proteso al contrasto delle mafie in ogni loro espressione si rinviene, tra l’altro, nel “protocollo di collaborazione” sottoscritto, il 1° ottobre 2024, tra la Direzione Distrettuale Antimafia di Trento e i Commissariati del Governo di Trento e Bolzano.

Altro fenomeno delinquenziale è lo stanziamento, nella Regione, di alcune compagini malavitose, per lo più multietniche e ben strutturate, dedite prevalentemente al traffico e allo spaccio di droga e, marginalmente, ai reati contro il patrimonio. L’analisi del contesto ha evidenziato una suddivisione del mercato degli stupefacenti: cocaina ed eroina risultano appannaggio di sodalizi etnici maggiormente strutturati (albanesi e nigeriani), mentre hashish di gruppi meno organizzati (rumeni e maghrebini).

 

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