Agrusti: «Sono ancora convinto che si possa trattare»

Il presidente di Confindustria Alto Adriatico: fase difficile, bisogna restare uniti. «Trump ci ha abituato alle sorprese quasi ad ogni ora»

Maurizio Cescon
Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico
Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico

«Una pistola carica sul tavolo, ma finalizzata a trovare un’intesa soddisfacente in tempi brevi». Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico utilizza una metafora forse un po’ brutale ma efficace per fotografare la situazione geopolitica ed economica in cui siamo piombati da ieri pomeriggio, quando il presidente americano Donald Trump ha postato sul social di casa Truth la lettera inviata all’Europa che prevede tariffe del 30% su ogni bene o prodotto esportato oltreoceano.

Una “sentenza”, a decorrere dal primo agosto, che per il Friuli Venezia Giulia potrebbe significare un costo di un miliardo di euro tondo tondo l’anno, secondo le prime stime dell’ufficio studio della Cgia di Mestre. Conti che industriali, artigiani, operatori di commercio di Pordenone e Trieste, di Gorizia e di Udine vorrebbero evitare di mettere a bilancio. Agrusti però confida in una soluzione positiva, nonostante il momento non induca all’ottimismo.

Presidente Agrusti qual è la prima riflessione da fare a caldo?

«La prima riflessione è che mi sorprendo di chi si sorprende di Trump. Ci ha abituato a sorprese ad horas».

Certo, ma questa sorpresa, come la chiama lei, Confindustria nazionale l’ha definita una “sgradevole volontà di trattare”. Condivide?

«Ritengo che si tratti di una pistola carica sul tavolo, però utile per trattare ancora. L’ennesima boutade per scuotere la controparte, ovvero l’Europa, e giungere a un accordo. Una mossa da commerciale che deve vendere la sua merce».

Cosa può aver scatenato l’ira di Trump, con toni così risoluti, che non lasciano spazio a interpretazioni di sorta?

«Forse ha considerato i tempi della trattativa con l’Ue esageratamente lunghi senza aver ottenuto qualcosa».

Ma lei come pensa che finirà questa storia?

«La trattativa potrebbe concludersi con un dazio flat su tutte le tipologie di merci in una forbice tra il 10 e il 15 per cento. Ma sono ipotesi. Con Trump nulla è certo se non la sua follia, penso sempre che i suoi seguaci sono quelli che assaltarono Capitol Hill quando fu sancita la sua sconfitta elettorale con Biden, nel 2020. Però, in tempi più recenti, c’è il precedente più rassicurante con la Cina, alla quale aveva applicato dazi del 120 per cento, salvo poi negoziare e trovare un punto di equilibrio su tariffe molto più basse».

La stangata sull’economia italiana quanto potrebbe costare?

«Con i dazi al 10% si era ipotizzato, prudenzialmente, un aggravio di 5 miliardi di euro, con dazi tre volte superiori, molto di più ovviamente».

I settori che a suo avviso saranno più inguaiati?

«Per alcune eccellenze si tratterebbe di un danno irreparabile, penso all’agroalimentare di questa regione. Purtroppo siamo molto esposti al vento protezionista».

Come ci si ripara da questo vento protezionista?

«Sono convinto e confido che l’Europa saprà trattare e parlare con una voce sola. L’America anche in passato ha avuto momenti di protezionismo alternato a decenni di grande apertura, ma certo una fase così destabilizzante e contraddittoria francamente non la ricordiamo. Siamo in uno snodo difficile, delicato, ma l’Unione europea non si farà dividere. Confindustria nazionale sta gestendo tutta questa fase in un rapporto diretto e costante con il governo. Il filo diretto tra il presidente Orsini e palazzo Chigi è continuo, crediamo che se ne possa uscire insieme. A Trieste, a fine ottobre, le Confindustria del Friuli Venezia Giulia hanno organizzato la conferenza alla quale parteciperanno i più importanti rappresentanti confindustriali del continente. Sarà quella l’occasione per parlare in concreto di che Europa vogliamo per il futuro».

Riproduzione riservata © il Nord Est