Il filosofo Pievani tra i temi della maturità: «Scelto da mio figlio a sorpresa»

Un brano del docente ordinario all’Università di Padova, tra quelli proposti dal ministero nella prima prova

Costanza Francesconi
Telmo Pievani, filoso e docente dell’Università di Padova
Telmo Pievani, filoso e docente dell’Università di Padova

Un brano di Telmo Pievani, filosofo e docente dell’Università di Padova, è comparso tra le tracce selezionate per la prima prova della maturità 2025.

Professore, se lo aspettava?

«No, a dire la verità. Non ne avevo idea né lo presumevo: i pronostici tutt’al più davano D’Annunzio. L’ho trovata, però, una scelta coraggiosa. Trattando di Antropocene, di come la specie umana, con tutto quello che di artificiale ha prodotto in relativamente poco tempo, è diventata una forza geologica in grado di cambiare il paesaggio, di modificare il clima. Un tema che, mi sembra di poter dire, a scuola inizia ad essere trattato. Seconda sorpresa, mio figlio, maturando allo scientifico, l’ha scelta».

E perché la scelta l’ha stupita?

«Perché, fosse capitato a me, forse per imbarazzo avrei evitato. Invece, a posteriori, sono contento lui abbia accettato di misurarsi con un brano di suo padre, senza timore reverenziale o paura. Accolgo come prezioso questo dialogo intergenerazionale, ricco di spunti e interpretazioni che io, ad esempio, non avevo preso in considerazione».

Ne avete parlato, poi?

«Certamente. È tornato a casa nel primo pomeriggio, dopo aver usato per lo scritto tutta la mattinata a disposizione. Da Leopardi a Ovidio, la sua chiave di lettura - storica, filosofica e letteraria - ha registrato come grandi poeti e filosofi avessero già rilevato il fenomeno in tempi non sospetti».

Materiale buono per una nuova pubblicazione?

«Credo che il suo punto di vista sia necessariamente diverso dal mio, come vale in assoluto per i giovani di oggi, nativi climatici, e che ciò inneschi nuove riflessioni».

Cosa intende per “nativi climatici”?

«Figli della crisi ambientale, da cui saranno loro a tirarci fuori. Allora vanno letti e ascoltati, non giudicati».

Lei quale traccia avrebbe scelto?

«La B2, sul rispetto, bellissima. Da giocarsi a proposito di guerra, di politica, di violenza verbale che circola sui social. Credo abbiano prevalso le tracce letterarie, con riferimenti molto puntuali, anche se Novecentesche e quindi tratte da autori non necessariamente affrontati quest’anno alle superiori».

Rispetto alla sua esperienza personale, come vede approcciarsi le giovani generazioni alla maturità?

«Detto che mio figlio e i suoi amici coetanei non fanno statistica, con una leggerezza sconosciuta ai miei tempi».

Che spiegazione si è dato?

«L’idea che mi sono fatto è che gli insegnanti, oggi, generano meno ansia e aspettative, e che la maturità non è più uno spauracchio, un rito di iniziazione davanti a una commissione ai miei tempi completamente estranea, a parte un solo membro».

E lo trova un male?

«Non direi. Questi ragazzi hanno attraversato una pandemia, vivono in un’epoca di conflitti mondiali, di ecoansia ambientale. Noto che affrontano con apprensione la scelta dell’università relativamente allo sbocco lavorativo che può garantirli. Se penso che io ho cambiato tre volte - medicina, fisica e finalmente filosofia-, che ho accettato la sconfitta e trovato la mia strada, dico loro: prendetevi gli anni necessari a farvi una cultura, il mondo cambia così velocemente... E contesto chi trova si debba avere tutto perfettamente chiaro, e presto, circa il futuro».

Professore, si deve a lei la nascita, nel 2012 all’Università di Padova, della prima cattedra in Italia di Filosofia delle Scienze. A proposito di futuro, si sarebbe mai immaginato questo traguardo?

«No, e con grandissima soddisfazione posso dire che rappresenta un punto di incontro tra filosofia e scienza. È una cattedra di Filosofia nel Dipartimento di Biologia».

Preso il diploma, dove consiglierebbe di proseguire gli studia a suo figlio?

«Magistrale italiana, master e dottorato altrove. Attualmente sto concludendo un anno di ricerca all’American Museum of Natural History, ambientazione del film Una notte al museo, dove in passato ho speso un periodo di formazione. La laurea italiana è ancora un’eccellenza, molto valutata anche all’estero. Perciò suggerirei di conseguire il titolo triennale e magistrale in Italia, con in mezzo più periodi possibili fuori di studio e lavoro, e di uscire invece per il dottorato di ricerca o il master». —

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