Cortina, maestri di sci e camerieri nel giro della droga: l’agguato all’artigiano
I fratelli romani gestivano la piazza ampezzana attraverso due spacciatori. Una vittima: «Ho consegnato i soldi dopo essere stato rinchiuso nel bagagliaio». Sostanze stupefacenti in cambio di scarponi e materiale tecnico oltre al denaro cash

Maestri di sci, chef, camerieri, autisti di autobus e artigiani, il giro della droga a Cortina ha riguardato numerose categorie negli ultimi anni. Ampezzani, dipendenti stagionali o stranieri, erano in molti a comprare/vendere cocaina e altre sostanze stupefacenti nella Regina delle Dolomiti. Non c’entra il turismo cafone o del lusso questa volta, il giro a Cortina riguardava tanti piccoli consumatori che si rifornivano da pusher improvvisati guidati dai fratelli Cobianchi e dalle loro minacce.
Quello che in molti non avevano capito, soprattutto i residenti, è che non si trattava di una semplice attività di spaccio, ma di un controllo delle attività criminali del territorio con metodi violenti ed intimidatori propri della criminalità organizzata, che mirava a mettere le mani sul pesce grosso: gli appalti delle Olimpiadi.
Chi gestiva il traffico
A gestire il traffico della droga sotto stretta sorveglianza dei fratelli Cobianchi erano due spacciatori: un ragazzo italiano originario della Puglia, dipendente di un noto bar di corso Italia, e successivamente un ragazzo egiziano, dipendente di una nota pizzeria del centro, poi finito in carcere a Belluno nel febbraio 2023. Entrambi avevano usato come base lo stesso appartamento messo a disposizione da un’agenzia immobiliare ampezzana ai Cobianchi.
Nelle varie ricostruzioni fatte dagli inquirenti, è emerso che i fratelli gestivano a Cortina una sistematica attività di spaccio di stupefacenti che, nel momento in cui divenne reso operativo il Foglio di via obbligatorio (della durata di tre anni) a carico di Leopoldo Cobianchi, poi esteso a luglio dello stesso anno anche al fratello Alvise, dovettero gestire da lontano tramite terzi, che utilizzavano come base logistica sempre lo stesso immobile in via Menardi.
Gli acquirenti: chef e camerieri
Tra i principali acquirenti di droga sono stati segnalati molti dipendenti di attività commerciali del centro tra cui bar, ristoranti, pizzerie, oltre agli hotel (compresi due 5 stelle).
Uno dei consumatori era il nipote di un titolare di un ristorante del centro. C’erano poi: tre dipendenti di un hotel a 5 stelle e un dipendente di un secondo albergo a 5 stelle; tre dipendenti di un albergo 4 stelle e due dipendenti di altrettanti alberghi a 4 stelle; quattro dipendenti di quattro diversi bar che si trovano in pieno centro, uno chef e due dipendenti di tre ristoranti/pizzerie tutte molto vicine al centro, ma tutte posizionate in aree differenti. E ancora un ex cuoco di un hotel a 4 stelle e un ex dipendente di un ristorante/pizzeria. Infine, un autista di autobus e un parrucchiere (tutte le indicazioni si riferiscono al periodo delle indagini o a considerazioni fatte nel tempo, alcune situazioni oggi potrebbero essere variate).
Cocaina per lezioni di sci
Uno dei passaggi dell’inchiesta riguarda un maestro di sci ampezzano di una nota scuola del luogo. Il dipendente faceva uso di cocaina e in certi casi, secondo le ricostruzioni, aveva offerto in cambio della droga prima del materiale sportivo come sci e scarponi (che in molti casi i maestri ricevono a prezzi scontati dalle aziende produttrici con le quali hanno delle convenzioni). E poi, in un secondo momento, lezioni gratis per pagarsi la cocaina.
Questa ricostruzione, fatta dallo spacciatore egiziano, è in parte contrasto con le dichiarazioni del maestro, che ha ammesso di aver fatto uso di droghe, ma di aver pagato in un caso 100 euro. Lo spacciatore aveva una media di 5 consegne al giorno che riguardavano altri soggetti, alcuni con nickname che richiamava sempre l’attività sciistica. Forse un altri maestri o operatori del settore? Questo non è specificato.Resta chiaro, però, che il giro ampezzano della droga ha riguardato una categoria che si è sempre dichiarata pulita e attenta ad ogni questione, vantando la massima professionalità dei propri dipendenti anche nel recente passato.
L’agguato all’artigiano
Al capo di imputazione 5 si parla di un agguato subito da un giovane artigiano ampezzano. Nell’estate 2023 ci fu un’altra condotta estorsiva consumata dai fratelli Cobianchi (consumata ed aggravata dalle più persone riunite e dal metodo mafioso) ai danni di un ragazzo del posto per la riscossione di un debito di droga.
I Cobianchi, dopo aver avvisato il ragazzo che era in debito per 100 euro di cocaina e che doveva pagare, a distanza di qualche settimana lo videro camminare in via Cesare Battisti. Nonostante il giovane avesse promesso che alla prima occasione avrebbe pagato, i Cobianchi gli piombarono addosso e gli tagliarono la strada con la macchina in modo da bloccarlo.
Lo afferrarono per il busto e lo chiusero dentro il portabagagli della propria auto per 5 minuti prima di farlo uscire. L’artigiano – occasionale assuntore di cocaina che acquistava da due fratelli romani dopo averli conosciuti in un noto bar di corso Italia – consegnò subito i 100 euro a titolo di pagamento di debito di droga. In questo caso ci fu violenza, oltre all’effetto costrittivo. La vittima, aggredita in pieno giorno da più persone e chiusa a forza in un bagagliaio senza possibilità di uscire per diversi minuti, ha rischiato di soffocare ed ha percepito di non poter sfuggire ai suoi aggressori.
Le perquisizioni negli immobili
Un altro capitolo di questa brutta vicenda riguarda le perquisizioni fatte in un appartamento ubicato in località Alverà, dove una coppia – che aveva rapporti diretti con i Cobianchi – teneva nascosta la droga.
I coniugi concordarono con i fratelli Cobianchi che Leopoldo consegnasse periodicamente 12 palline di cocaina da vendere a 100 euro l’una, sia in locali indicati sia ad alcune persone mediante telefono, chiamato “centralino”, un iPhone di colore nero. Cobianchi consegnava alla coppia periodicamente ogni settimana quattro ricariche di cocaina (ogni ricarica era costituita da 12 palline) quindi circa 48 palline di cocaina che, vendute al prezzo di 100 euro l’una, facevano ricavare ai fratelli circa 4.800 euro a settimana, di cui 800 euro consegnati come compenso alla coppia.
Il giochino non durò troppo e un passaggio decisivo fu la perquisizione dei carabinieri nella casa in Alverà. La coppia, o meglio la donna, prima dell’arrivo delle forze dell’ordine tentò di nascondere la droga all’esterno (sotto un albero), ma le dosi in seguito vennero scovate e consegnate ai militari.
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