Truffa dei lingotti: cos’è, chi è coinvolto e a che punto sono le indagini
Sono circa 5mila le vittime della truffa dei lingotti messa in piedi dalla Global Group Consulting. Il sistema costruito dall’azienda aveva permesso profitti illeciti per circa 89 milioni di euro

Avevano messo in piedi un sistema che ha consentito di raggirare 5mila clienti in diverse zone d’Italia, la maggior parte delle quali residenti a Nord Est.
La Global Group Consulting, organizzazione trevigiana dedita alla raccolta fondi, a investimenti in lingotti d’oro e al commercio di apparecchiature sanitarie, proponeva ai clienti di entrare nel pacchetto clienti con un investimento iniziale.
Veniva poi prospettato l’acquisto di attrezzature sanitarie da rivendere nel Terzo Mondo con profitti fino al 300%. A copertura dell’investimento c’erano i lingotti d’oro che la società garantiva.
I guadagni promessi ai clienti, però, non arrivavano mai e allora la denuncia di due donne altoatesine ha fatto partire l’inchiesta, condotta dalla Procura di Milano e chiusa a gennaio, che ha scoperchiato il sistema, portando al sequestro di 23 milioni e agli arresti domiciliari cinque persone, che hanno chiesto recentemente di patteggiare.
Il modus operandi dell’azienda
La Global Group Consulting si avvaleva di un’organizzata rete di promotori sparsi in varie zone d’Italia, tra questi figurava anche Nicola Meneghetti, responsabile dell’agenzia di Treviso e a capo di tutti gli altri promotori. L’impianto era formato da una struttura piramidale. La casa madre di Global aveva sede a Parigi, ma la gestione del patrimonio spettava a Private Gold srl, con sede nel Milanese.
Nel dettaglio la truffa cominciava con un investimento che poteva variare tra i 10 e i 100mila euro. La Global, da quel momento, si impegnava a investirli in operazioni di compravendita di materiale sanitario, garantite dal controvalore dei lingotti che l’investitore lasciava in deposito alla Global stessa. Ai clienti veniva quindi garantito che l’acquisto di attrezzature sanitarie da rivendere in Asia avrebbe fruttato profitti fino al 300%.
I soldi, però non arrivavano e i promotori si rendevano irreperibili. Solo in alcuni casi venivano concessi soldi a chi li chiedeva. La maggior parte dei clienti era infatti paziente e non voleva subito i rendimenti promessi. Così l’organizzazione continuava a raccogliere somme ingenti nei vari territori. Ma non solo: per tenere buoni i clienti che richiedevano i soldi veniva proposta l’iscrizione al Global Club, che garantiva sconti e vantaggi in negozi di lusso o l’invito a ricevimenti di gala gratuiti.
I numeri della truffa
L’azienda, accusata di truffa e abusivismo finanziario, aveva raccolto, secondo le stime della Guardia di Finanza, 89 milioni di euro in 6 anni in tutta Italia a danno di circa 5mila persone. Sono stati invece posti sotto sequestro 23 milioni, ritenuti dagli investigatori il profitto che l’organizzazione aveva guadagnato dall’attività illecita.
In particolare, la Finanza e la Polizia valutaria hanno rintracciato lingotti d’oro per un valore di 9,5 milioni nella disponibilità della Private Gold, la società parallela che commerciava oro in base all’autorizzazione di Bankitalia e che operava l’acquisto dei lingotti. E altri 13,48 milioni sono stati scoperti e bloccati dalle Fiamme gialle su diversi conti bancari gestiti dagli indagati.
Agli investitori, invece, venivano assicurati rendimenti del 3-4% mensile, equivalenti al 48% annuo: vale a dire che con 10 mila euro di investimento ne sarebbero maturati, stando alle promesse, almeno 15 mila entro 12 mesi.
Le menti dell’organizzazione
Delle 7 persone ritenute dagli investigatori ai vertici della Global, due sono risultate irreperibili dall’inizio dell’inchiesta: Samuel Gatto, 40enne di Monza, e la moglie Stefania Conti Gallenti.
A Gatto, che era a capo di Global, i clienti investitori delegavano la custodia dei lingotti una volta firmato il contratto (con rilascio di un certificato di garanzia per il controvalore della somma investita). Lo stesso Gatto era il supervisore degli agenti senior e dei promotori, tra i quali figurava Nicola Meneghetti, responsabile dell’agenzia di Treviso.
Meneghetti, veronese, si confrontava continuamente con Gatto sull’andamento della raccolta soldi, ma anche sui problemi che aveva incontrato la società, come le proteste degli agenti non pagati e il pressing dei clienti. In un’intercettazione Meneghetti suggeriva a suo superiore una pausa di due mesi dell’attività di Global, al fine di evitare i sospetti che cominciavano a circolare sul conto dell’azienda. Meneghetti aveva proposto anche di erogare i soldi in criptovalute, per evitare i tracciamenti.
Dalle indagini è emerso che Meneghetti, che a sua volta monitorava sul lavoro degli altri promotori, aveva diversi precedenti, ben 19 segnalazioni, per lo più per truffa, appropriazione indebita, insolvenza fraudolenta, falsità in scrittura privata e falsità ideologica, e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
La Finanza ha poi appurato anche che tra gli anni 2018 e 2020 risultasse non avere redditi, mentre nel 2021 e 2022 aveva dichiarato redditi per oltre 22 mila euro.
Il promoter ricopriva anche diverse cariche societarie. Dal 2017 è rappresentante legale della Confimi Provinciale Verona, sede a Sommacampagna, che si occupa di organizzazione di datori di lavoro; ma anche socio unico di Business& Consulting srls, con sede in Verona, attiva nelle consulenze amministrative, quindi socio unico di un’impresa che commercia in abbigliamento; e ancora, con la moglie Antonella Bianchi (che lo ha affiancato nella gestione dell’ufficio di Treviso) azionista della Sea Gold, società di diritto albanese con sede a Tirana.
Le altre persone coinvolte nell’inchiesta sono Giorgio Maria Marone, braccio destro di Gallo, Giovanna Piera Deledda di Nuoro, Valerio Tirelli di Valenza e Moreno Alesta di Como.
La sede di Treviso
La sede di Treviso era una delle più “fruttuose” in tutta Italia: si trovava in via Municipio, a pochi passi da Ca’ Sugana, a 40 metri dal comando provinciale dei carabinieri. L’ufficio era piuttosto discreto, quasi invisibile alla fine del portico dell’immobile che troneggia all’incrocio fra via Cornarotta e la via che porta a piazzetta Trentin. A febbraio, dopo l’inizio dell’inchiesta, è diventato ancora più misterioso, dato che sono state smantellate le insegne che lo pubblicizzavano.
Solo nella sede di Treviso, gestita in prima persona da Meneghetti e Bianchi, si calcola siano stati coinvolti più di 100 investitori con proventi tra i 2 e i 3 milioni di euro, per un totale di 4-5 milioni in tutto il Veneto.
A Treviso solo una piccola percentuale degli investimenti dei clienti è stata investita in lingotti: la maggior parte garantiva rendite altissime ai primi clienti per garantire il passaparola, che assicurava molti altri clienti all’azienda.
Un meccanismo, quello del passaparola, che aveva funzionato bene: «Io non sono passato per l’ufficio di Treviso», racconta un cliente trevigiano della Global, «mia madre era stata contattata da un agente che operava a Vicenza e provincia. Devo riconoscere che noi siamo stati ingenui, ma loro erano bravissimi a proporti l’investimento. E soprattutto hanno lavorato molto bene sull’effetto passaparola: altri clienti insospettabili stimati e conosciuti da tutti nelle loro comunità avevano investito nelle operazioni di Global e si facevano a loro volta, magari inconsciamente, testimonial dell’investimento in Global. Questo è stato forse l’aspetto che ha convinto più di tutti me e mia e mia madre a mettere una parte dei nostri risparmi».
I provvedimenti giudiziari
Il 3 ottobre, nell’aula bunker del carcere di Milano Opera, sono stati chiamati a rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’abusivismo finanziario Giorgio Maria Marone, 61 anni, Moreno Alestra, 44, Valerio Tirelli, 50, di Valenza; Nicola Meneghetti, 58, veronese, e Giovanna Piera Deledda, 56, di Nuoro.
Davanti al gup oltre 2mila persone hanno richiesto di costituirsi come parte civile, sollecitando risarcimenti da 36 milioni.
Tutti e 5 gli indagati presenti in aula hanno deciso di patteggiare. Meneghetti, in particolare, ha richiesto 3 anni di reclusione e 5mila euro di multa oltre alla possibilità di accedere al rito abbreviato. Quest’ultimo punto è ancora in fase di valutazione.
Gli altri imputati, ora ai domiciliari come Meneghetti, hanno chiesto 2 anni e 6 mesi e 3.500 euro per Deledda, 2 anni e 10 mesi e 4 mila euro di multa per Tirelli, 3 anni e 4 mesi, con 5 mila euro di multa, per Marone e 2 anni e 9 mesi e 3 mila euro di multa per Moreno Alestra.
La seconda puntata dell’udienza preliminare si terrà lunedì 13 ottobre, mentre la terza è già fissata il 27.
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