Il cappellano della Base americana di Aviano: «Leone XIV sarà il Papa del mondo intero»

Padre Amaliri: «Ha una visione prospettica basata sugli ideali americani di libertà e responsabilità»

Enri Lisetto
Padre Steven Brale e, a destra, il cappellano militare cattolico: padre Paul Amaliri
Padre Steven Brale e, a destra, il cappellano militare cattolico: padre Paul Amaliri

Dalla tv nei locali o in casa o dai siti di informazione. Così il personale della Base americana di Aviano ha appreso dell’elezione del primo papa statunitense. Nessuna scena di esultanza, è pur sempre una struttura militare, ma la soddisfazione si percepisce dentro e fuori i cancelli della cittadella a stelle e strisce che conta 5 mila militari e poco più di tremila tra civili e familiari, di cui un terzo di fede cattolica cristiana.

Dagli Stati Uniti è rientrato ad Aviano il cappellano militare cattolico, padre Paul Amaliri, che è pure il coordinatore dei cappellani di tutte le fedi che si professano dentro la Base (nell’Area 1 vi è una chiesa). «Credo che i cardinali elettori abbiano preso una decisione ispirata dallo Spirito Santo. La scelta del nome Leone XIV sembra rendere omaggio a papa Leone XIII, noto per il suo lavoro sui diritti dei lavoratori e sulla dignità umana, valori che risuonano ancora oggi», è la sua premessa. «Sebbene nato in America, Leone XIV ha trascorso gran parte della sua vita come missionario in Perù. Il suo servizio come vescovo e in seguito in Vaticano dimostra un profondo impegno per la Chiesa globale. La sua esperienza porta una prospettiva equilibrata, basata sugli ideali americani di libertà e responsabilità, ma plasmata dalla missione e dal servizio internazionale».

La chiesa della base Usa di Aviano
La chiesa della base Usa di Aviano

Le sue prime parole da Papa, «un appello alla pace e un promemoria dell’amore di Dio per tutti noi, hanno catturato il cuore del suo ministero. È un Papa per il mondo intero».

Gli asili parrocchiali dei comuni attorno alla Base, Aviano e Roveredo in primis, contano tanti bambini americani. «Di 330 milioni di statunitensi un terzo è cattolico cristiano», fa i conti e ritiene che sia la stessa media anche ad Aviano, padre Steven Bral, 63 anni, sino al Covid collaboratore del cappellano della Base, da sette anni amministratore parrocchiale di Pravisdomini e Barco, unico prete americano della diocesi di Concordia-Pordenone, nato nell’Oregon da genitori Usa di terza generazione.

«Come molti seminaristi venni inviato a studiare a Roma e nel 1990, attraverso l’allora vescovo di Pordenone Sennen Corrà, mi stabilii a Frattina con altri seminaristi che volevano vivere in fraternità».

Nacque così la Comunità di Frattina. Don Steven Bral viene ordinato prete l’8 dicembre 1992. «Da allora e sino al 2020 ho dato una mano al cappellano della Base soprattutto nelle confessioni».

L’altra sera ha assistito alla fumata bianca dalla tv in Comunità. «Quando ho sentito il nome dell’eletto, non l’ho immediatamente associato agli Usa. Me lo hanno detto i confratelli».

Ed è subito iniziata una pioggia di messaggi. «Sono certamente orgoglioso di questa scelta storica, ma prima di tutto il papa è cristiano, poi americano».

Riuscirà mai a incontrarlo, lui che a Roma fu chierichetto di Giovanni Paolo II ed ebbe occasione di vedere Madre Teresa di Calcutta per ben tre volte? «Contavo di vedere papa Francesco, ma dovrò aspettare il Paradiso. Con papa Leone XIV chissà...».

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