Dandino, il trapezista del Cirque du Soleil: «Così ho inventato il finale volante di Alegría»
Al Festival di Montecarlo ha vinto il Pagliaccio d’Oro con i quattro fratelli. «Con noi lo spettatore non ha il tempo di pensare, può solo sentire»

Una bambina si alza dalla sedia e fa per uscire. La mamma la segue sconsolata, quel finale non se lo vorrebbe perdere, ma i figli hanno la priorità e non c’è margine di scelta. La piccola è comunque l’unica, in quest’ala del tendone, a percepire quella scena troppo forte. Gli altri restano con il fiato sospeso incollati ai volteggi degli acrobati. Altri ancora tengono la mano sugli occhi, pronti a coprirseli in caso di necessità.
Sono oltre 60 mila gli spettatori che, grazie alla sinergia tra il Rossetti Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Alveare Produzioni, hanno già assistito a Trieste allo spettacolo “Alegría – in a new light” del Cirque du Soleil, in scena fino a domenica nel Gran Chapiteau, il tendone allestito per l’occasione in Porto Vecchio.
In pochi, probabilmente, sono rimasti indifferenti al numero finale dei trapezisti volanti. Un’esibizione strabiliante che chiude lo spettacolo all’apice di un climax crescente: due trapezisti vestiti di bianco si lanciano contemporaneamente nel vuoto sapendo che altri due, in nero, li afferreranno al volo. È un’altalena di acrobazie da far mancare il respiro.

Leggendo la trama di Alegría – che non è immediatamente decifrabile al pubblico – il numero mozzafiato simboleggia il nuovo che irrompe nel vecchio, il rinnovamento che scalfisce lo status quo, lo yin che si fonde con lo yang. Dal punto di vista coreografico, è lo stile unico del Cirque du Soleil, che combina la tradizione con l’innovazione.
«Lo spettatore non ha il tempo di pensare, solo quello di sentire», sintetizza Dandino Tuniziani, fra i trapezisti volanti che danno vita al numero sensazionale.
L’acrobata in questione, venezuelano di 50 anni portati più che bene, è anche colui che quel numero l’ha inventato. Di famiglia circense da tre generazioni (il nonno era siciliano), nel 2014 Dandino ha creato, insieme ai suoi quattro fratelli, una compagnia di trapezisti volanti premiata, nel 2020, al Festival internazionale del circo di Monte Carlo. Hanno vinto il Pagliaccio d’Oro, l’equivalente di un Oscar alla carriera.

Successivamente il loro numero, cui Dandino lavora insieme ai fratelli Gamal e Ammed, è entrato a fare parte della produzione di Alegría, lo spettacolo per cui il Cirque du Soleil è diventato famoso nel mondo.

Torniamo indietro nel tempo: come si diventa trapezisti volanti?
«Ho provato a fare il giocoliere e il pagliaccio, ma non mi è piaciuto. Quando il trapezio volante è arrivato nel tendone della mia famiglia l’ho voluto provare. Avevo 12 anni, me ne sono subito innamorato e non l’ho mai più lasciato».
Un tuo collega è di recente caduto durante una replica a Trieste. Sappiamo che sta meglio, ma il vostro è un mestiere pericoloso…
«Sì, come ogni disciplina nel circo c’è un grado di difficoltà che può diventare pericoloso».
Hai mai avuto paura?
«Sì, ma la paura fa parte dell’essere umano, compare per dirgli di prestare attenzione. Se non la provassi vorrebbe dire che qualcosa di me non funziona correttamente».
Come la affronti?
«Con la concentrazione e la consapevolezza di ciò che so di saper fare. Mi dà la fiducia che tutto andrà per il meglio».
Si può entrare nel circo se non si proviene da una famiglia circense?
«Le possibilità ci sono: le audizioni, per esempio. Se hai talento e passione nello spettacolo, chi ti guarda lo capisce».
Come ti immagini il tuo futuro?
«Su una spiaggia davanti al mare. Tutti noi artisti siamo dei sognatori. Dalla vita in giro per il mondo abbiamo avuto così tanto, che ci sentiamo già completi così».
C’è qualcosa che ti manca di una vita ordinaria?
«La stabilità che ti permette di vedere gli amici quotidianamente, i miei non li vedo da anni. Per il resto sento che non mi manca niente».
Ti sei mai immaginato una vita diversa?
«Quando ero giovane, mio padre mi ha dato la possibilità di studiare per diventare reporter o lavorare nella tv, ma a me non piaceva. Amo il circo e voglio fare il trapezista: o questo o niente». —
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