Crollo delle Dolomiti, perché la “croda marcia” continua a sgretolarsi e a riempire la valle di polvere
Il geologo Luca Salti spiega le cause dei crolli ripetuti e della nube di polvere che da giorni avvolge la Val Boite, segno di un equilibrio fragile e di un fenomeno destinato a durare nel tempo

Perché tanta polvere da Croda Marcora? «Perché, come dicono in paese, la croda è marcia e i distacchi che scendono sbriciolandosi, sono importanti». La spiegazione è di Luca Salti, geologo che conosce le Dolomiti come le proprie tasche. E che nei giorni scorsi è salito sulle colate della val Boite a piedi per esaminarle, palmo a palmo.
Tecnicamente come si spiega la polvere che ha coperto la valle per più di 24 ore?
«Quando una roccia è così degradata, hai collassi di porzioni importanti nella meccanica del crollo e di conseguenza hai la polverizzazione che si è visto. Sono polveroni che si propagano per centinaia di metri, anche per chilometri».
Il crollo precedente aveva provocato un polverone risoltosi in poco tempo. Questa volta, invece, perdura.
«Si è sentito un grosso boato. È venuta giù, quindi, tanta roba. Inoltre va detto che la nube si è vista più di una volta nei giorni scorsi; a seguito, evidentemente, di crolli ripetuti, magari di più contenuta entità. Va detto, inoltre, che il materiale scaricandosi forma degli accumuli che sono precari. Alla base di quella parete c’è infatti un canalone pieno di materiale, che continua a muoversi. Per giorni sono stato in ricognizione sui versanti sopra Borca, San Vito e Cortina e, per la verità, ho sempre continuato a percepire dei rumori provenienti dal Marcora. E constatavo che la nuvoletta di polvere continuava a stazionare intorno alla cima».
La montagna, dunque, è alla ricerca di un nuovo equilibrio?
«La dinamica in atto sta senz’altro a dire che l’equilibrio precedente si è rotto. E quella in corso è la coda di un episodio importante».
Se è una coda, andrà a cessare?
«No, da quanti decenni la croda Marcora si sta sgretolando? Forse da sempre. È una montagna che riserverà ulteriori crolli anche nel prossimo futuro. Ecco perché sarà importante verificare sul posto che magari a monte non ci sia uno strato di fratture aperte; si chiamano parietali che sfettano la roccia».
Quante sono le pareti a rischio crolli come la Marcora?
«Ci sono almeno una decina di situazioni a rischio – crolli, distacchi e quindi colate detritiche – nella sola Val Boite e intorno a Cortina. Come, peraltro, altrove. La gravità non dorme. Quando hai pareti di 500 o mille metri di altezza hai sempre di queste forme di esposizione. Sono processi che fanno parte della naturale evoluzione delle montagne Sulle montagne del Veneto abbiamo circa 200 tra frane e crolli ogni anno».
Sulle Dolomiti ci sono altre rocce marce come quelle del la Marcora?
«Ci sono altri contesti dove c’è un maggiore stato di fratturazione e dove, quindi, la roccia è più debole dal punto di vista delle resistenze. I toponimi che davano i nostri antenati a determinati siti non erano mai a caso. Il monte Toc, sul Vajont, lo testimonia tragicamente. La località Paludi testimonia che l’area è a rischio esondazioni. O un paese che si chiama la Boa è indicativo insomma».
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