Le coste dell’alto Adriatico a rischio inondazione: ecco i risultati dello studio
Il Nordest l’area più colpita dall’erosione degli arenili. In Veneto a rischio 275 mila persone, il Friuli Venezia Giulia può perdere un terzo delle spiagge entro il 2050. L’analisi del Rapporto della Società geografica italiana

Le coste dell’Alto Adriatico sono tra quelle che a rischio inondazione. Il monito arriva dal 27esimo rapporto Paesaggi sommersi, a cura della Società geografica italiana. A causa del cambiamento climatico, infatti, il mare avanza e, nel giro di qualche decennio, decina di chilometri di terra saranno mangiati dalle onde. In questa situazione già complessa, a complicare ulteriormente il quadro subentrano i sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi, come temporali e grandinate, che danneggiano ulteriormente i nostri già fragili litorali.
La sfida, insomma, è di quelle delicate. Secondo lo studio, c’è una possibilità su due che nel 2100 quasi il 5% del territorio italiano finisca sott’acqua. Inoltre, sempre stando ai risultati del rapporto, già entro il 2050 il 6% dei comuni litorale rischia la completa sommersione delle proprie spiagge.
L’innalzamento del livello dei mari
A determinare l’innalzamento del livello dei mari sono soprattutto due fattori «in primo luogo – si legge nel rapporto – la crisi climatica contribuisce all'espansione termica degli oceani, dunque, le masse d'acqua riscaldate si espandono, occupando più volume e di conseguenza più spazio. In secondo luogo, con l'aumento delle temperature i ghiacciai e le calotte glaciali nelle regioni polari si sciolgono, aumentando la quantità di “acqua” presenti nei nostri oceani».

Questi elementi, secondo alcune stime, hanno contribuito a innalzare il livello globale del mare fra i circa 21-24 cm dal 1880 a oggi. «Nel complesso – prosegue il rappoorto – l'innalzamento del livello del mare può esercitare impatti sostanziali e la natura di questi effetti dipende da vari fattori quali l'entità dell'innalzamento, le caratteristiche geomorfologiche e la topografia delle aree costiere, la suscettibilità delle infrastrutture locali e l'eventuale presenza di funzioni strategiche, le condizioni più o meno favorevoli al verificarsi di fenomeni meteorologici intensi, i modelli di uso del territorio, la più o meno elevata densità della popolazione e le capacità adattative delle comunità locali».
Le aree più interessate
Come detto, secondo il Rapporto, la zona costiera dell’alto mar Adriatico è tra le più interessate dal fenomeno nel nostro Paese. Tra Emilia-Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia è «prevedibile un arretramento della linea di costa che si estende su tutto il Delta del Po, fino ai Colli Euganei e, addirittura Ferrara, nello scenario peggiore. Fuori dal Nordest, le coste italiane a più alto rischio inondazione sono quelle del Golfo di Manfredonia e, sul versante tirrenico, alcuni tratti fra Toscana, Lazio e Campania.
Quante persone vivono nelle aree a rischio
Naturalmente, un quadre del genere spalanca le porte al dibattito sul futuro degli insediamenti urbani che si trovano nelle zone a rischio. Ispra, infatti, stima che quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa sia artificializzato, con picchi nelle Marche e in Liguria. Anche guardando ai dati sulla percentuale di popolazione che vive entro i mille metri dal mare i numeri sono interessanti. Il 3% dei residenti abita entro i 300 metri dalla costa, l’11% entro i mille metri. Il Veneto, invece, primeggia per quanto riguarda la percentuale di popolazione residente nelle aree a rischio inondazione.
«Nella regione la popolazione a rischio, soprattutto per via dell'estensione delle aree coinvolte, oltre che per l'elevato numero di residenti nelle zone costiere, è di circa 275 mila persone, pari al 6% della popolazione regionale. In Veneto, d'altronde, la quasi totalità delle aree comprese entro i 300 metri dalla costa risulta a rischio. Tali aree equivalgono a più dell'11% dell'intera superficie regionale e il rischio inondazione riguarda anche territori più interni. I comuni più colpiti sono Venezia (più di 100 mila persone coinvolte, il 40% della popolazione), Chioggia, Jesolo e San Donà di Piave, tutti comuni che figurano tra i primi 10 in Italia per popolazione coinvolta. A Jesolo l'88% della popolazione è in aree a rischio». In Friuli Venezia Giulia la situazione è relativamente più tranquilla, con poco più di 11 mila persone che si trovano nelle zone che potenzialmente saranno inondate (1%).
Perché le coste del Nordest sono fragili
La fragilità delle aree costiere di Veneto e Friuli Venezia Giulia è dovuta a una molteplicità di fattori. I principali sono, senza dubbio, la natura semichiusa e relativamente bassa del bacino, e la topografia bassa e piatta di larga parte della costa. Ad aggravare la situazione c’è poi il fenomeno dei «processi di subsidenza. Lungo l'intera costa adriatica – si legge nel rapporto - la percentuale di spiagge stabili o in avanzamento è infatti la più bassa.
«Entro il 2050, lo scenario più sfavorevole in queste regioni è previsto nel Friuli-Venezia Giulia, in particolare nella zona di Trieste, la più colpita tra tutte le province italiane. Anche la provincia di Rovigo si colloca tra quelle più in pericolo, per via dell'elevatissimo rischio di inondazioni che l'area del Delta del Po subisce per via della crisi climatica».
Ciò si traduce in un quadro abbastanza inquietante. «Limitandosi allo scenario mediano – spiega lo studio - i risultati indicano che complessivamente, in Italia, già nel 2050, circa il 70% delle spiagge risulterà in erosione, e sarà probabilmente quasi completamente sommersa il 20% della loro superficie attuale. Spiccano in questo scenario la Sardegna e Friuli-Venezia Giulia, le quali già al 2050 rischiano di perdere un terzo o più delle loro spiagge»
Ricollocare le popolazioni a rischio?
Appare evidente, dunque, che serve impostare una strategia tempestiva per tutelare a sicurezza di queste fasce di popolazione. Occorre agire per tempo e coinvolgere le comunità in un processo che, naturalmente, ha profonde implicazioni sociali. Un ragionamento che nel nostro Paese fatica a prendere piede.
«Non vi è – prosegue il rapporto Paesaggi sommersi – ad esempio in Italia alcun framework condiviso sulla ricollocazione pianificata come forma di prevenzione o risposta alle conseguenze della crisi climatica o dei disastri. In questo quadro, il rischio è che i reinsediamenti vengano effettuati sulla base di decisioni e processi arbitrari e logiche emergenziali».
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