“Tosca” conquista il Castello: debutto open air per l’opera di Puccini firmata Verdi

Il 29 giugno al via la nuova produzione della Fondazione Teatro Lirico G. Verdi. Calesso: «Un’opera da camera ma anche una spy story, carica di passione e modernità»

Patrizia Ferialdi
Il soprano russo Elena Pankratova interpreterà Tosca a Trieste
Il soprano russo Elena Pankratova interpreterà Tosca a Trieste

Calato da poco il sipario sulla stagione lirica, conclusasi con il grande successo ottenuto dallo splendido “Candide” di Leonard Bernstein, l’attività del Teatro Verdi non si arresta, anzi si prepara a trasferirsi al Castello di San Giusto dove, domenica 29 giugno alle 21.15, debutterà “Tosca” di Giacomo Puccini, nel nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico G.Verdi per la regia di Stefania Panighini e la direzione musicale di Enrico Calesso.

«Rappresentare un’opera “open air” è sempre una sfida particolare che richiede una collaborazione a 360° con tutte le maestranze e presenta delle problematiche esecutive specifiche. Io ho avuto modo di fare esperienza al Festival Puccini di Torre del Lago – racconta il Maestro Calesso – per tre anni consecutivi, dirigendo Butterfly, Bohème e Tosca nel 2022 e prima ancora sempre Tosca al Festival di Bregenz quando ero secondo direttore. Questa esperienza mi ha portato a ritenere che “open air” significhi interpretare un titolo proprio per il luogo concreto in cui si va a farlo».

E quindi questa sarà la Tosca di San Giusto...

«Esattamente, perché l’aspetto visivo, coloristico e musicale saranno definiti proprio da questo luogo specifico. Poi devo dire che considero Tosca l’opera più cinematografica in assoluto, caratterizzata da una drammaturgia di grande impatto, con questi quadri che cambiano talora anche molto repentinamente. Ma, nella sostanza, è anche opera da camera perché abbiamo pochissime scene di masse e i protagonisti si incontrano in ambito ristretto, salvo richiamare grandi problematiche sociali, politiche, religiose, umane e morali».

Una drammaturgia cameristica impregnata di passione...

«Senza dubbio l’opera è estremamente appassionante, una spy story dal ritmo incessante ma anche un susseguirsi non solo di highlights musicali ma anche di grandissimi squarci psicologici, un continuo rimando tra il detto e il non detto, una continua definizione dei caratteri dei tre protagonisti, che non solo a livello drammaturgico ma anche a livello musicale vivono della loro stessa dialettica. Quindi ecco l’ossessione di Scarpia per Tosca, che vuole possedere, e per Cavaradossi, che vuole morto. Ed ecco esplodere pure la passione di Cavaradossi non solo per Tosca ma anche per la libertà politica, gridata in faccia a Scarpia che è concretamente l’incarnazione del potere assoluto e arbitrario. Nello stesso tempo ho sempre pensato a Cavaradossi che canta vittoria e spera nella liberazione dalla tirannide inneggiando però all’invasione napoleonica dell’Italia. Quindi io credo che Puccini fosse consapevole di tutte queste cose, perché tratteggia musicalmente sempre il detto ma anche il non detto e, soprattutto, le conseguenze impreviste di entrambi».

Premesso che Tosca coinvolge dalla prima all’ultima nota, c’è qualche momento che la avvince in particolar modo?

«Tosca è una partitura che mi accompagna fin dal primo semestre degli studi di direzione a Vienna, dove l’ho studiata approfonditamente. Direi che trovo straordinario nel primo atto le due battute di Tosca a Cavaradossi ‘Oh come la sai bene l’arte di farti amare’ che delineano tutta l’autenticità emotiva ma anche la tenerezza ed eleganza di questa donna credente che, di fatto, ha Scarpia ai suoi piedi ma lei si perde completamente davanti a Mario. Poi, nel secondo atto, immensa è la scena del supplizio, costruita con elementi ritmici a declinare il girare degli ingranaggi della tortura, in contrapposizione ai lamenti di Tosca e di incomparabile bellezza è anche la scena del mattutino nel terzo atto».

Anche qui un Puccini abile creatore di sentimenti e atmosfere irresistibili...

«Tosca è un condensato di contenuti intensi, variegati e profondi ma presenta anche un’evoluzione compositiva proiettata nel XX secolo, impregnata di una forza espressiva pazzesca che prorompe nel linguaggio usato. Sono presenti accordi di quinta aumentata, spunti modali e pentatonici che successivamente faranno la fortuna di Butterfly e che collocano Puccini, senza riferimento esplicito e diretto, nella coeva grande musica francese, un percorso che poi si conclude con quegli appunti misteriosi sulla partitura autografa di Turandot che lasciavano presagire qualcosa di simile al linguaggio dodecafonico. Dunque un linguaggio in piena evoluzione e che si apre alla nuova modernità. Quindi Tosca per me costituisce una poderosa prova titanica di grande consapevolezza stilistica e una ricerca veramente straordinaria del nuovo. E coordinare tutto questo cercando di dargli una forza espressiva che definisca il “qui e ora” dell’ascolto dello spettatore è una bella sfida che facciamo con grande entusiasmo».

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