Ecco la quinta stagione di “Stranger Things”: «Non tutti sopravviveranno»
L’attesa è finita: da oggi su Netflix i primi quattro episodi. Altre quattro puntate fra Natale e l’1 gennaio. Un fenomeno che è già di culto

Dalle due di questa mattina sono disponibili su Netflix i primi quattro episodi della quinta stagione di “Stranger Things”. La lunga attesa per il gran finale di uno dei percorsi seriali più significativi della televisione contemporanea è, dunque, finita. O quasi. Altre tre puntate, infatti, saranno rilasciate il prossimo 26 dicembre, mentre il 1 gennaio, con l’ultimo episodio della durata di oltre due ore, i creatori Matt e Ross Duffer (noti come Duffer Brothers) metteranno la parola fine a un fenomeno mediatico cominciato nel 2016, quando il pubblico di tutto il mondo ha imparato a fare i conti con la dimensione parallela e oscura del “Sottosopra”, i suoi mostri ma, soprattutto, il manipolo di ragazzini della piccola cittadina di Hawkins guidati da Eleven, bambina-arma sfuggita ai suoi “costruttori” alla scoperta della propria innocenza.
Dunque - come avrebbe principiato Enzo Tortora - dove eravamo rimasti? La quarta stagione, ormai un lontano ricordo datato tre anni fa, aveva separato fisicamente i personaggi principali in tre nuclei, anche geograficamente distanti, prima di riunirli nuovamente all’alba di una apocalisse: le barriere tra le dimensioni sono crollate e Hawkins è stata letteralmente devastata e invasa dal Sottosopra con il villain della stagione, Vecna - creatura tragicamente umana che condivide con Eleven un passato di tradimento e tortura - pronto a scatenare la battaglia finale.
Non è facile, anzi rischia di essere speculativo, valutare adesso l’eredità culturale di un fenomeno ancora in corso, ma non ci sono dubbi che “Stranger Things” sia una delle operazioni – come ha già scritto qualcuno – di “archeologia dell’immaginario” più potenti degli anni 2000. Una vera e propria sintesi analogica tra cultura pop e codici degli anni ’80 e un linguaggio contemporaneo che, proprio da quello sguardo nostalgico, partorisce qualcosa che, sublimando il semplice omaggio reverenziale, diventa unico e innovativo.
Se i riferimenti visuali e letterari sono rintracciabili in Spielberg, Carpenter, Stephen King e, prima ancora, nel precursore di tutta la fantascienza americana (quel H.P. Lovecraft con il suo “cosmicismo”), i Duff Brothers li impastano con tematiche attuali, caricando, per esempio, il “Sottosopra” di significati metaforici generazionali (gli anni ’80 come un’epoca perduta, decade di una innocenza pre-digitale ridotta in cenere, anzi nelle iconiche spore fungine che oggi ammorbano la società), o il coming of age di Eleven di istanze proto-femministe che, però, non hanno mai l’arroganza del manifesto programmatico.
“Stranger Things” è già diventato culto per il suo ecosistema di personaggi in continua evoluzione che hanno avvicinato il pubblico adulto ma, soprattutto, quei millennial e quella Gen Z che non hanno mai avuto un contatto diretto con gli anni ’80, conosciuti e consumati proprio grazie alla mediazione culturale della serie. Che è riuscita ad avere un impatto senza precedenti nella percezione e nella rivitalizzazione di quell’epoca. Dalle cromie che evocano la pellicola analogica di quegli anni in una mistura di vintage e moderno, alla moda; dal merchandising (videogame, Lego, nuove edizioni dell’epico gioco di ruolo “Dungeons & Dragons”) alla musica. Ed è proprio il sound design una delle pietre angolari della serie. Non solo con il suo tema principale, riconoscibilissimo dalla partitura interamente restituita da sintetizzatori analogici, ma con la punteggiatura emotiva di brani pop come “The NeverEnding Story”, di pezzi dei Clash, David Bowie e dei Police ma, soprattutto, di quel “Running Up That Hill” di Kate Bush (filo di Arianna negli incubi del personaggio di Max) che, dal 1985, è tornato nelle classifiche globali di questi anni, raggiungendo posizioni che non aveva ottenuto nemmeno all’epoca della sua uscita.
Sono piccoli e grandi termometri di una febbre nostalgica senza eguali che, da oggi, è pronta a contagiare di nuovo una platea universale. «Non tutti sopravviveranno» in questa ultima stagione (si sono fatti scappare i creatori) ma anche dopo i titoli di coda “Stranger Things” resterà una delle più riuscite narrazioni contemporanee (televisive ma con respiro indiscutibilmente cinematografico), capace di metabolizzare l’iconografia anni ‘80 senza cadere nella decalcomania, capovolgendo presente e passato: questo “Sottosopra” sembra già mancare. —
Riproduzione riservata © il Nord Est








