Trame, leggende e misteri: le fake news che alimentano il mito di Venezia
Un gruppo di storici ha raccolto numerose falsificazioni che amplificano il fascino della Serenissima, ben oltre il dovuto: da Napoleone a Vivaldi fino ai teschi dell’Isola di Poveglia

Una città che ha una grande storia come Venezia ha anche, necessariamente, una storia ricca di grandi falsificazioni. Di genere diverso, ovviamente. Ci sono le falsificazioni involontarie, causate da fraintendimenti; quelle politiche, costruite per favorire questo o quello; quelle istituzionali per enfatizzare la propria importanza; quelle malevoli create per danneggiare.
Un gruppo di storici veneziani (Pieralvise Zorzi, Alessandro Marzo Magno, Nicola Bergamo, Davide Busato, Antinella Favaro, Andrea Tirandola, Luigi Vianelli, con la “partecipazione straordinaria” di Federico Maria Sardelli, per la parte musicale) ha provato a raccogliere un bel gruppo di queste falsificazioni in una divertente ma soprattutto istruttiva “Storia di Venezia attraverso le sue fake news” (Mazzanti Libri, p.332, 20 euro).
Come autore in copertina il gruppo di scrittori ha scelto “I Babài” a ricordare il nome (plurale di babàu) che i veneziani davano agli Inquisitori di Stato. Questo a sottolineare da un lato la vena divertitamente inquisitoria della operazione di svelamento che il libro porta avanti, dall’altro la leggenda nera, fondamentalmente politica, che circonda questi "poliziotti" mascherati che decine di romanzi hanno reso misteriosi e terribili.

A creare la leggenda (perché in alcuni casi le fake news sono databili) un intendente napoleonico, Pierre Antoine Noel Drau, che per legittimare la conquista non trova di meglio che denunciare le oscurissime trame di misteriosi e onnipotenti personaggi dotati del potere di vita e di morte su tutti i veneziani. Che tutto questo non sia vero poco importa: è una bella fiction che quindi viene tramandata anche quando la politica non c’entra più nulla.
In altri casi il falso è dettato da interessi economici. Difficile per chi gira per Venezia non imbattersi nei concerti nella Chiesa di Vivaldi che ne avrebbe curato l’acustica. Peccato però che in quella chiesa Vivaldi non abbia mai suonato, bensì in quella che stava una ventina di metri più in là e fu distrutta per costruire la nuova.
Ci sono poi le autocelebrazioni come la Battaglia di Salvore, mito fondativo dello sposalizio del mare, del dominio veneziano sull’Adriatico. Pagina eroica, memorabile, peraltro mai avvenuta e testimoniata solo qualche secolo dopo il 1177 in cui sarebbe avvenuta. Anche la grandeur fa brutti scherzi: il milione di pali (per la precisione 1.156.657 perché sarà fake ma precisa) su cui è costruita la Chiesa della Salute sono sì e no centomila. E a cadere nelle bufale non sono solo i turisti sprovveduti. John Ruskin crede che il nome Venezia venga da “Veni etiam”, bizzarra teoria cinquecentesca di Francesco Sansovino. Machiavelli si beve l’idea che i veneziani abbiano sostituito il leone con il libro con quello con la spada perché hanno capito che “per tenere li stati non bastano li studj”, proprio come voleva la sua teoria.
E che dire della Venezia del mistero, sfruttata dal cinema e non solo. Anche qui la leggenda supera di un bel po’ la realtà. Ad un certo punto, per esempio, si è diffusa la macabra storia dell’Isola di Poveglia, circondata da teschi ed ossa, residuo di 160 mila vittime, ed evitata da naviganti e pescatori. Un’isola maledetta, che sarebbe stata cimitero di migliaia di appestati, ma anche ospedale psichiatrico dove si tenevano terribili esperimenti. Tutto inventato, gli unici possibili appestati che vi si avvicinarono furono nel Settecento marinai in quarantena. L’ospedale psichiatrico era un semplice cronicario per anziani. Però vuoi mettere il fascino di fantasmi e cimiteri di ossa.
Perché questo libro insegna una cosa. Dietro le fake news c’è spesso un interesse pratico, ma il loro funzionamento, il loro perdurare nel tempo dipende da altro e cioè dal fascino che riescono ad esercitare. L’idea del Marko Polo croato anziché veneziano, per esempio, ha fatto poca strada mentre quello della moglie cinese di Marco Polo, frutto di un banale errore di lettura, continua a piacere per quel che di romantico ed esotico che allieta qualsiasi turista. C’è veramente di tutto, insomma, in questo libro che prova a fare pulizia nella storia. Un libro, tra l’altro, che è anche un “Meta liber”, perché con i QRcode si accede alla versione letta da Pieralvise Zorzi.
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