La regina del romance al Premio Hemingway: Felicia Kingsley incontra il pubblico

Appuntamento al Kursaal di Lignano Riviera il 27 giugno. «Una ricompensa non è un punto d’arrivo, ma il senso di un lavoro fatto bene»

Gian Paolo Polesini
Serena Artioli, da ondate di fan meglio nota come Felicia Kingsley, nella serata del 26 giugno incontrerà il pubblico alle 21 al Kursaal di Lignano Riviera
Serena Artioli, da ondate di fan meglio nota come Felicia Kingsley, nella serata del 26 giugno incontrerà il pubblico alle 21 al Kursaal di Lignano Riviera

Felicia è Serena, anzi Serena è Felicia. Chi non lo sarebbe con milioni di copie vendute, sedici romanzi uno accanto all’altro sullo scaffale, riconoscimenti (il più recente è il Premio Hemingway “Lignano per il futuro 2025”, che le sarà consegnato sabato 28 giugno). Nella serata del 27 giugno incontrerà il pubblico alle 21 al Kursaal di Riviera in dialogo con Fabiana Dallavalle.

Osanna alla giovane architetto di Carpi Serena Artioli, da ondate di fan meglio riconosciuta come Felicia Kingsley, the Queen of the romance, genere leggero e imbevuto di passione che bene fa al cuore di chi si è perso tra i flutti della tempesta quotidiana. Al proposito, precisa Felicia: «Non siamo mai stati in pace. Da quando sono nata, nel 1987, ho contato i conflitti: Golfo, ex Jugoslavia, Kosovo, Cecenia, 11 settembre, Afghanistan, Iraq, Libia, Russia-Ucraina, Medio Oriente. Ora i mezzi d’informazione amplificano ogni sparo, ma abbiamo sempre avuto bisogno di rifugiarci in una lettura che ci trascini via dalle disgrazie».

La motivazione della giuria presieduta da Alberto Garlini, enuncia: «Una voce fresca per raccontare l’amore e l’indipendenza profondamente vicina alle nuove generazioni». Le piace?

«Io solitamente parto per qualunque meta con zero aspettative. Diciamo che una ricompensa non è mai un punto d’arrivo, semmai è il senso di un lungo lavoro fatto bene. Ciò istiga a fare di più e meglio. Il romance è poco contemplato da chi assegna allori letterari e questo amplifica la gioia, naturalmente. Se posso aggiungere: adoro ricevere mail di persone che grazie alle mie storie si sono riavvicinate alla lettura. Vorrei qui ricordare il signor Franco, 83 anni, solerte nel rendermi partecipe del suo giudizio appena arriva all’ultima pagina».

Hemingway, svolgimento. Tema d’obbligo per chi vince.

«Lui è “lo” scrittore del Novecento, estremamente realista, un cronista straordinario capace di sollevare le ampollosità e gli orpelli della prosa precedente, usando le parole giuste e mostrando la strada alla letteratura del futuro. Hemingway andava dritto al punto».

È nata prima l’architetto o la scrittrice?

«A dodici anni già riempivo quaderni con piccole storie. Poi mi sono attrezzata entrando nelle fan-fiction, ovvero luoghi virtuali frequentati da sostenitori di personaggi famosi, tipo Harry Potter per capirci, coi quali condividere nuove avventure. Uno dei miei protagonisti era un tale Kingsley e, così, l’ho preso in prestito».

Perché uno pseudonimo?

«Quando pubblicai il primo romanzo, nel 2014 — per meglio dire quando mi auto pubblicai il primo romanzo — ero già iscritta all’ordine degli architetti e mi venne il dubbio che ci potesse essere un conflitto d’interessi fra la professionista Serena e la scrittrice Serena. A quel punto per togliermi qualsiasi dubbio scelsi Felicia Kingsley e addio problemi».

Chi chiama l’architetto Artioli lo fa per quale servizio? Progettazione, ristrutturazione? Interni?

«Progetto e ristrutturo».

I suoi clienti sanno che lei è la Kingsley?

«Direi di no. Nemmeno nel mio condominio lo sanno. Ognuna delle due Serena fa una vita autonoma. Un tempo stavo più sui lucidi che sui romanzi, arrivai a un cinquanta e cinquanta, ora la Serena scrittrice ha più spazio dell’altra».

Quanto aveva in italiano al liceo?

«Sei, sette. Talvolta otto. Spesso affrontavo tematiche di poco fascino e non veniva fuori un granché».

Un desiderio?

«Tornerei indietro nel tempo per incontrare la Serena studentessa e le direi: magari nessuno te le chiederà, ma studia con passione anche le fasi del pessimismo leopardiano, per dire. Io sono stata una privilegiata, ho avuto la possibilità di conoscere. Tanti altri quest’occasione non l’hanno avuta. Allora la parola privilegio non era nemmeno contemplata».

Il suo ultimo lavoro “L’amante perduta di Shakespeare” (Newton Compton editori) ridà luce a una sua vecchia conoscenza, Nick Montecristo, e offre il fianco a una storia che riguarda certi dubbi sulla vita del Bardo.

«Nick è un ladro gentiluomo alla ricerca del “First Folio” scespiriano, preziosità e rarità da dieci milioni, ecco. “Romeo e Giulietta” non fu proprio un’invenzione di William che la prese in prestito da uno scrittore vicentino, Luigi Da Porto, il quale s’ispirò a Masuccio Salernitano, autore nel 1450, della vicenda di due sfortunati amanti: Mariotto e Ganozza. Intrecci che sollecitano altre ipotesi: Shakespare firmò di suo pugno tutto quel teatro o fu solo un prestanome?». 

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