Paolini torna in teatro con “Bestiario idrico”, in scena il 21 e 22 settembre a Verona

Il Teatro Romano di Verona accoglierà il nuovo episodio di “L’Atlante delle rive”, il grande progetto teatrale e civile di Marco Paolini, che ha mosso i primi passi lo scorso anno con gli appuntamenti di “Mar de molada” 

Nicolò Menniti Ippolito
Paolini torna in teatro con “Bestiario idrico”, nuovo episodio del grande progetto teatrale e civile “L’Atlante delle rive”
Paolini torna in teatro con “Bestiario idrico”, nuovo episodio del grande progetto teatrale e civile “L’Atlante delle rive”

«Nella mia vita mi sono sempre sforzato di imparare i nomi delle montagne, ma non ho mai conosciuto nessuno che facesse la stessa fatica per l’acqua. Noi guardiamo in su ma non guardiamo in giù. Vivo sulla Riviera del Brenta ma non mi ero mai chiesto cos’era, da dove veniva quell’acqua che mi scorre davanti». Marco Paolini lo racconta così il primo movente di “L’Atlante delle rive”, il nuovo grande progetto teatrale (ma soprattutto civile) che ha mosso i primi passi lo scorso anno con gli appuntamenti di “Mar de molada” e ora arriva in grande stile al Teatro Romano di Verona con un primo spettacolo, intitolato “Bestiario idrico”, che andrà in scena il 21 e il 22 settembre.

Uno spettacolo, prodotto dalla Jolefilm e dal Teatro Stabile del Veneto con il sostegno dell’Estate Teatrale Veronese, che vedrà sul palco, accanto a Paolini, anche la cantautrice Patrizia Laquidara e il Coro delle Cicale diretto da Giuseppina Casarin e che è stato ufficialmente presentato a Verona, insieme al progetto complessivo. Ma cominciamo dallo spettacolo, “Bestiario idrico”, il cui titolo rimanda al “Bestiario Veneto” di qualche anno fa e non a caso.

«Si intitola “Bestiario” perché avevo messo il titolo prima di scrivere il testo», scherza, ma non troppo, Marco Paolini. Poi spiega: «In realtà con “Bestiario Veneto” avevo già fatto una geografia del Veneto, ma non avevo preso in considerazione i fiumi. I loro nomi corrispondono per noi a delle bestie mitologiche, perché diamo l’acqua per scontata, non ci chiediamo da dove viene quello che beviamo, dove va a finire la nostra pipì».

E invece – spiega Paolini– i fiumi hanno disegnato il nostro territorio, un territorio “pieno di lifting”, perché tutto quel che vediamo è frutto di interventi fatti nei secoli e non sempre riusciti. Non si tratta però di colpevolizzare il passato o il presente, ma di capire.

Insomma “Bestiario idrico” è un insieme di storie legate all’acqua, ai fiumi, un intervento di teatro civile, che in qualche modo continua la grande esperienza di “VajontS 23”, quando decine e decine di gruppi teatrali hanno realizzato spettacoli a partire dal “Vajont” di Paolini. Perché “Bestiario idrico” è solo la punta dell’iceberg di un progetto molto più vasto, che non è solo teatrale.

«Dopo l’esperienza con Vajont», racconta Paolini, «molti gruppi che hanno lavorato su quel progetto hanno detto: bellissimo, ci è piaciuto molto, ma cosa facciamo il prossimo anno, lo rifacciamo?».

Ma siccome a Marco Paolini i riti e le ripetizioni non piacciono, ecco l’idea dell’Atlante delle Rive: «Non il racconto di una tragedia del passato», dice l’attore, «ma la narrazione del presente in una chiave che ci convinca a rivedere la scala dei valori, a mettere in relazione l’io con il noi e con l’ambiente circostante». Perché occuparsi dell’acqua significa di occuparsi di noi tutti.

«Non abbiamo chiaramente la percezione che ciascuno di noi vive all’interno di un bacino», dice Paolini, «sulle rive di un corso d’acqua. Anche se non scorre sotto le nostre finestre, da un fiume attingiamo l’acqua per bere, e in questo fiume torna l’acqua che abbiamo depurato. Eppure siamo più legati a un campanile che non al bacino idrico in cui ci troviamo». Si tratta di invertire un paradigma, che è quello della banalizzazione, della irrilevanza dell’acqua. E per farlo bisogna conoscere.

L’Italia è ancora piena di corsi d’acqua non censiti, che non hanno nome o hanno nomi diversi a seconda del posto. «L’Atlante delle Rive», spiega allora Paolini, «è un progetto di teatro che parla di fiumi. Per farsi, ha bisogno di un cast pieno di punti di vista e di esperienze diverse, un cast di cittadinanza in cui abbiamo coinvolto teatranti, ricercatori, scienziati, persone che hanno competenze legate al ciclo dell’acqua e cittadini che hanno a cuore i fiumi». Perché – aggiunge Paolini – «non spetta agli artisti e agli scienziati decidere come agire, spetta alla politica ma agli artisti e agli scienziati tocca il compito di rendere fertile il terreno per la semina delle decisioni».

E il come farlo riguarda appunto il teatro. Con “Bestiario idrico” comincia insomma la “restituzione” di quel che in questi mesi è stato fatto in termini di informazione e conoscenza, mettendo insieme forze diversissime, dagli ingeneri ambientali ai pescatori, dai consorzi di bonifica fino ai cittadini che puliscono le rive. Una restituzione che durerà negli anni, tre anni per la precisione, ma avrà una seconda tappa molto ravvicinata.

In occasione della “Giornata mondiale dei fiumi”, il 28 settembre, si terranno 40 eventi in tutta Italia, 16 solo nel Veneto, coinvolgendo gruppi teatrali ma non solo. Protagonisti i fiumi: dal Po al Ticino, dalla Dora Riparia al Rio Mannu in Sardegna. Ognuno è chiamato a raccontare le sue acque che confluiranno poi nel grande Atlante complessivo.

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