Iron Maiden a Padova: asce, mostri e chitarre urlanti. Un muro di suono all’Euganeo
L’energico show del gruppo britannico: «Benvenuti alla festa dei nostri cinquant’anni di carriera». Spettacolo entusiasmante, sul palco anche la storica mascotte Eddie che infiamma il pubblico

Altro che preludi. Qui si parte a bomba, come a un gran premio motociclistico, a rotta di collo, senza freni.
Quella di Padova è stata l’unica data italiana degli Iron Maiden, leggendaria band metal che in questo “Run for your lives world tour” celebra 50 anni di attività. Una band che ha dei numeri pazzeschi: 130 milioni di album venduti in tutto il mondo, 2.500 concerti in oltre 60 Paesi, e adesso questa nuova avventura presentata ai tanti fans italiani proprio allo stadio Euganeo, stracolmo.

Il pubblico giunto da tutta Italia e anche da fuori confine, è ordinato, muove le braccia al cielo a tempo seguendo una ritualità che era cominciata ben prima di arrivare allo stadio, indossando una maglietta nera con la scritta Iron Maiden, bevendo una birra al bar e aspettando il via alla festa magari acquistando qualcosa al tir del merchandising.
Dentro lo stadio un muro sonoro che travolge anche chi fosse qui per caso, basso penetrante e batteria imprendibile con chitarre urlanti: tutto ti penetra sotto la pelle come inchiostro di un tatuaggio.

«Ciao Italia, benvenuti al nostro party di 50 anni. Vi presento un nuovo membro della band», dice Paul Bruce Dickinson, 67 anni, la voce storica (nonostante un periodo di assenza dalla band negli anni ’90, nei quali si prese il brevetto di volo). Simon Dawson seduto dietro rullante e cassa, si prende l’applauso. Steve Harris, fondatore e autore onnipresente nell’ampia produzione del band inglese, è al basso e gli sorride.
L’estetica visiva ha reso gli Iron Maiden un’icona musicale: sono leggendarie le copertine dei loro album, create da artisti come Derek Riggs e Melvyn Grant, ed è incredibile l’evoluzione della loro celebre mascotte, Eddie.

Alle 20.55, con puntualità più svizzera che britannica, parte il brano “Doctor Doctor”. È il colpo di scena per un concerto che, dopo lo strumentale “The ides of march”, infiamma il pubblico con tre squilli tratti da Killers (album del 1981). Eddie, eterna mascotte dei Maiden, appare in scena, armato d’ascia, e scatena la follia su un pubblico entusiasta.
Gli abbondanti assoli di chitarra di Jannick Gers, Dave Murray e Adrian Smith, sublimi e iperattivi per tutta la serata, sono stati accompagnati da mani sollevate al cielo e teste mosse su e giù a tempo.
Uno dei momenti salienti è stato sulle note del “Il Fantasma dell’Opera”, con uno splendido Bruce a modulare ogni strofa tra teatralità ed epicità. Il pubblico ha cantato ad ogni cambio di ritmo, trasformando momenti del live in veri e propri inni da stadio urlati insieme.
La scaletta: dalla citata “Doctor Doctor (Ufo)” attraverso “Murders in the rue morgue”, “Wrathchild”, “Killer”, “Phantom of the Opera”, “The number of the beast”, “The clairvoyant”, “Powerslave”, “2 minutes to midnight”, “Rime of the ancient mariner”,“Run to the hills”, “Seventh son of a seventh” , “Son”,“The trooper”, “Hallowed be thy name”, “Iron Maiden”, e per finire “Aces high”, “Fear of the dark” e “Wasted tears”. La serata è stata aperta dalla band svedese Avatar, gradita dal pubblico, capace di un suono potente e in parte dark. —
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