Da Picasso a Van Gogh, Goldin: «Sarà un viaggio a ritroso tra passione e dialettica»

Le opere dal Toledo Museum of Art in mostra dal 15 novembre a Treviso: «Un percorso esclusivo, non ho mai accettato mostre preconfezionate. La pittura resta la protagonista». Goldin curerà anche la mostra da Gauguin a Hopper a villa Manin a Passariano

Marina Grasso

È un agosto intenso per Marco Goldin. Il critico d’arte trevigiano è impegnato nella messa a punto della sua curatela di due grandi mostre: “Confini da Gauguin a Hopper. Canto con variazioni” dall’11 ottobre a Villa Manin di Passariano, e “Da Picasso a Van Gogh. Storie di pittura dall’astrazione all’impressionismo”, dal 15 novembre al Museo Santa Caterina di Treviso.

Di quest’ultima parlerà mercoledì 6 agosto a Cortina d’Ampezzo (ore 18 all’Alexander Girardi Hall), offrendo al pubblico di “Una Montagna di Libri” la sua capacità di trasformare l’arte in racconto.

Goldin, a “Una Montagna di Libri” che di solito la accoglie come autore, presenta invece una mostra: un’eccezione?

«Sì, e di questa eccezione ringrazio Francesco Chiamulera. Sarà un incontro pensato per il clima vacanziero di Cortina: spigliato ma ricco di contenuti, con qualche aneddoto e il piacere del racconto. Presenterò una selezione di opere che saranno esposte a Treviso e condividerò riflessioni maturate durante la preparazione del catalogo e dell’allestimento, cercando di trasmetterne lo spirito».

Vincent van Gogh “Auvers, campi di grano con mietitore” (1890)
Vincent van Gogh “Auvers, campi di grano con mietitore” (1890)

Un progetto che la riporta a Treviso, ma da dove nasce?

«Dal mio rapporto con uno dei più prestigiosi musei americani, il Toledo Museum of Art nell’Ohio. Vi andai per la prima volta 25 anni fa, e vi ottenni il primo prestito avuto da un museo americano: Gli spaccapietre di Millet, che esposi a Treviso. Oggi, mentre il museo è chiuso per restauri, ho ottenuto l’unico prestito europeo di 61 capolavori, 60 dei quali mai giunti prima in Italia. Il sessantunesimo è proprio l’opera di Millet di allora. Con un po’ di personale romanticismo, era quasi inevitabile portare la mostra Treviso, per la quale ho ideato un percorso esclusivo, perché non ho mai accettato mostre preconfezionate».

Il titolo parla già di una cronologia al contrario.

«L’ho immaginata come un viaggio a ritroso, dall’astrazione americana del Novecento all’impressionismo europeo, in un dialogo costante tra le due sponde dell’Atlantico. Accosterò Mondrian a Reinhardt, le geometrie di Albers, i paesaggi con figure di Merritt Chase in dialogo con quelli di Morisot e Pissarro, fino a Cézanne, Monet, Gauguin e Hopper. Un percorso che si apre con un capolavoro di Richard Diebenkorn della serie Ocean Park e si conclude con il celebre Campi di grano con falciatore di Van Gogh. Due opere lontane ottant’anni e diverse nello stile, ma accomunate dalla tensione emotiva del giallo e dell’azzurro. Li racconto con in mente la suggestione di La teoria dei colori di Goethe, libro che scoprii da ragazzo nella biblioteca di mio nonno e che mi accompagna da sempre. Nei campi di grano di Van Gogh vedo l’idea di restare radicati alla terra, mentre l’azzurro rimanda al desiderio di dissolversi nell’atmosfera: una dialettica che ritrovo anche in Diebenkorn».

Una narrazione complessa: con quali strumenti la sosterrà?

«L’audioguida che registrerò personalmente e le guide che formerò aiuteranno il pubblico a fare assieme a me questo viaggio, ma ciò che più conta è la narrazione complessiva, che unisce le opere in un unico racconto. Inoltre, la mostra proporrà alcune proiezioni, non più di 4-5, che ambienteranno i quadri nei loro luoghi. Ma non saranno facili soluzioni a effetto, bensì finestre che arricchiscono la visione: la protagonista assoluta resta la pittura».

Per preparare ulteriormente il pubblico a questo percorso, ci sarà anche uno spettacolo?

«Sì, il 18 settembre al Teatro Comunale di Treviso, con il sostegno di CentroMarca Banca. Ho scelto una trentina di quadri come filo conduttore di racconti e letture, che saranno accompagnati dalle musiche di Remo Anzovino, che le eseguirà al pianoforte con gli archi della Filarmonia Veneta. Sarà uno spettacolo gratuito, in due turni (18 e 21) per soddisfare le richieste. Le iscrizioni apriranno dal 4 settembre sul sito Linea d’ombra».

Un sito che ha già raccolto migliaia di prenotazioni per la mostra.

«Siamo già oltre i 12 mila biglietti acquistati in prevendita: un risultato straordinario, in tempi in cui il pubblico decide spesso all’ultimo. Di questo passo, all’apertura del 15 novembre, stimiamo circa 30-35 mila accessi prevenduti».

Ma prima, l’11 ottobre, inaugurerà a Villa Manin “Confini da Gauguin a Hopper. Canto con variazioni”, mostra ancora più vasta e ambiziosa.

«Sarà una mostra di dimensioni eccezionali, come non se ne vedono da anni, con 136 opere provenienti da 42 prestatori tra musei europei e americani e collezioni private. Vi lavoro senza sosta da oltre due anni. Sarà un racconto di respiro globale, che attraversa l’Ottocento e il Novecento: dai paesaggi di Friedrich e Turner alle donne tahitiane di Gauguin, a Cézanne, Monet, Bacon, Giacometti, Rothko fino a Kiefer. Ci sarà anche una sezione dedicata alle xilografie giapponesi di Hokusai, Hiroshige, Utamaro, Eisen e altri, che tanto influenzarono Monet, Van Gogh e molti tra gli impressionisti. Un intero piano dell’Esedra restaurata ospiterà i “confini geografici”: montagne, mari e cieli, da Turner a Hopper».

Quando parla del suo lavoro, è evidente che ne cura personalmente ogni aspetto.

«È il mio modo di lavorare. Ho iniziato negli anni Ottanta da solo, occupandomi di tutto: trasporti, assicurazione, cataloghi, comunicazione. La mia prima collaboratrice arrivò solo con la nascita di Linea d’ombra, nel 1996. Ho pochi e bravissimi collaboratori, ma continuo a seguire ogni dettaglio. Non potrei fare diversamente, anche perché questa passione non si è mai spenta e resta il motore di ogni mio progetto».

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