Cinema al cento per 100, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal 30 ottobre

Il film più cupo di Paolo Virzì (Cinque secondi). La favola - nerissima - di Cenerentola dalla parte della sorellastra brutta (The Ugly Stepsister). Il nuovo “Dracula” di Luc Besson. Il talento visivo del cineasta brasiliano Gabriel Mascaro con “Il sentiero azzurro”

Marco Contino e Michele Gottardi
Il film "Cinque secondi"
Il film "Cinque secondi"

Redenzione, colpa, genitorialità e ruolo dei padri: Paolo Virzì si interroga su temi importanti attraverso la storia di un uomo che, in “Cinque secondi”, perde tutto. Dimenticatevi la commedia. Valerio Mastandrea mai così cupo e misantropo.

Favola-horror sul mito della bellezza e la sua mercificazione. La sorellastra brutta di Cenerentola è la protagonista di un’opera sorprendente (The Ugly Stepsister) che non ha paura di spingere sull’acceleratore, tra sangue, ossa spezzate e chirurghi molto cinici. “Se bella vuoi apparire, un po’ devi soffrire …”

Dracula secondo Luc Besson. Tra tocchi disneyani, horror (poco), romanticismo, musical e l’immancabile tocco kitsch come nella migliore tradizione del regista francese. Caleb Landry Jones emula (da lontano) il Gary Oldman di Francis Ford Coppola.

Nel Brasile del futuro, Tereza è una donna anziana che resiste a un progetto di emarginazione camuffato da celebrazione. “Il sentiero azzurro” di Gabriel Mascaro è uno dei migliori film della settimana: visivamente potente, simbolico e politico. Un viaggio affascinante lungo il Rio delle Amazzoni.

 

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Cinque secondi

Regia: Paolo Virzì

Cast: Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Galatea Bellugi, Ilaria Spada

Durata: 105’

 

Cinque secondi bastano per frantumare una vita. Adriano Sereni (Valerio Mastandrea, mai così cupo e misantropo) è un avvocato di successo che, dopo una tragedia indicibile, si è ritirato dal mondo. Vive, isolato, nelle scuderie di una villa sulle colline toscane. Riceve solo la sua ex collega di studio (Valeria Bruni Tedeschi) che vorrebbe farlo reagire. Un’inaspettata scintilla di vitalità arriva, invece, da un gruppo di ragazzi che occupa le terre di fronte per produrre vino biologico.

Tra loro c’è anche Matilde (Galatea Bellugi) che porta il suo pancione con incoscienza e risolutezza e instilla in Adriano un naturale senso di protezione e accudimento. Forse una occasione per rimediare al passato. Magari per rinascere come quelle vigne abbandonate da tempo.

Paolo Virzì firma con “Cinque secondi” il suo film più buio, quasi del tutto sfrondato dalla commedia. Ci sono echi del “Capitale umano” nella riflessione sulla redenzione, sulla colpa e su una genitorialità sempre più tortuosa che porta Virzì a interrogarsi sul ruolo dei padri, sulla necessità della loro figura nella società di oggi e sul senso ultimo di una breve disattenzione che oscilla, con sgomento, tra distrazione e consapevole esitazione.

Se l’approccio “in sottrazione” di Virzì, che firma la sceneggiatura con il fratello Carlo e con il sodale Francesco Bruni (la sequenza del lago ricorda quella di “Noi 4”), è apprezzabile e anche inedito, “Cinque secondi” soffre nella sovrapposizione (sin troppo simbolica) tra le due storie (il dramma di Adriano e la parentesi bucolica di Matilde) che si incrociano non senza una qualche artificiosità.

L’urgenza di “denudarsi” ed esporre tutta la fragilità e l’inadeguatezza maschile non è sempre retta da una scrittura efficace (per esempio nella sequenza inziale del tribunale) anche se il finale riesce a riscattarsi da una pericolosa programmaticità che, ad un certo punto, sembrava poter irretire tutto il film. (Marco Contino)

 

Voto: 6

 

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The Ugly Stepsister 

Regia: Emilie Blichfeldt

Cast: Lea Myren, Anl Dhal Torp; Thea Sofie Lock Næss

Durata: 105’

Il film "The Ugly Stepsister"
Il film "The Ugly Stepsister"

La favola di Cenerentola che tutti conoscono (grazie, soprattutto, alla trasposizione cinematografica di Walt Disney) è molto diversa dalla versione letteraria dei fratelli Grimm. Soprattutto per le sorellastre la cui sorte è decisamente crudele … Prima, per riuscire a calzare il piede nella scarpetta, una si mozza le dita mentre l’altra il calcagno.

Poi, le colombelle al seguito di Cenerentola cavano loro gli occhi per vendetta. Nera la fiaba del 1800, nerissima e splatter l’ultima rivisitazione sul grande schermo firmata dalla trentaquattrenne regista norvegese Emilie Blichfeldt che, con “The Ugly Stepsister”, sin dal titolo, ribalta il punto di vista.

La protagonista è Elvira (una bravissima Lea Myren): apparecchio ai denti, gobbetta sul naso, guance paffute e adipe ingenerosa qui e là. Vorrebbe splendere come la sorellastra Agnes/Cenerentola. Ne va del proprio orgoglio ma anche del futuro finanziario della famiglia. La viziosa madre Rebekka, infatti, è rimasta senza un quattrino dopo la morte del padre di Agnes con il quale si era accasata, credendolo ricco: l’unica possibilità per risollevarsi è dare in sposa Elvira al principe del castello che sceglierà la propria compagna di vita al ballo di corte.

“Se bella vuoi apparire, un po’ devi soffrire …”. Ecco, allora, che Elvira si sottopone a cruente operazioni estetiche pur di esaudire il proprio sogno. Niente zucche, niente fate madrine (o quasi), niente topolini (semmai vermi): al loro posto sangue a fiumi, ossa spaccate, mannaie, uova di tenie, gorgoglii sinistri e cinici pionieri della chirurgia estetica.

The Ugly Stepsister” non lascia nulla all’immaginazione: il pubblico è avvisato. Dietro lo spettacolo granguignolesco e molto esplicito (anche nel sesso), Emilie Blichfeldt denuncia in modo originale il fenomeno della mercificazione della bellezza, mito da raggiungere a tutti i costi.

Siamo oltre “The Substance” il cui parossismo, in fondo, suonava più come uno sberleffo. Qui la disperazione di Elvira, pur filtrata da un registro grottesco in cui le tonalità a pasta densa della favola virano in modo sempre più deciso nel marcio e nel putrescente, è autentica e ce la fa amare.

La sua innocenza è spazzata via da modelli sbagliati, alimentati da una società maschilista volgare e sessuomane cui anche il femminile è costretto a inginocchiarsi. Più disperato di quanto possa apparire ad una prima visione, “The Ugly Stepsister” non è solo una favola macabra: è il grido di dolore di tutte coloro che, almeno una volta nella vita, si sono sentite sorellastre. Brutte. Inadeguate. Sole. (Marco Contino)

Voto: 7

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Il sentiero azzurro 

Regia: Gabriel Mascaro

Cast: Denise Weinberg, Rodrigo Santoro e Miriam Socarras

Durata: 85’

Il film "Il sentiero azzurro"
Il film "Il sentiero azzurro"

Tereza (Denise Weinberg) è una donna di 77 anni che ha vissuto tutta la sua vita in una piccola città industrializzata nell’Amazzonia brasiliana, segnata dal ritmo delle fabbriche e dall’aria pesante del lavoro. Il

Brasile di un futuro molto prossimo in cui vive sta organizzando soluzioni di finta celebrazione per gli anziani e i vecchi, relegandoli in alloggi isolati, comunità ristrette e marginali rispetto al resto della società più viva.

Un giorno, riceve un ordine ufficiale dal governo che le impone di trasferirsi in una di queste comunità, per trascorrere il resto dei suoi giorni. Nonostante la promessa di una vita serena e comoda, Tereza si rifiuta e decide di sfidare apertamente l’autorità. Intraprende così un viaggio solitario e coraggioso attraverso il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti, alla ricerca di un’ultima grande avventura e di un frammento di libertà che le restituisca dignità.

Raccontata così sembra una storia un po’ distopica, un po’ sentimentale, di lotta alla ghettizzazione della vecchiaia e della solitudine senile, accentuata visivamente da camioncini stile Ape, che deportano gli anziani in gabbie da pollaio.

In realtà il film di Gabriel Mascaro (artista visuale, e si vede, qui alla sua quarta regia) va oltre la semplice assistenza forzata che in un futuro prossimo il Brasile, o qualsiasi altra società, potrebbe imporre agli over 75. I film di Mascaro (come “Divino amor”) evocano dittature e populismi che sono facilmente riconducibili a Bolsonaro, ma lo fanno con un grande impatto estetico che si traduce in intensi colori pastello, che qui, ne “Il sentiero azzurro”, si stemperano in ampie e variopinte gradazioni, rendendo ancora più esplicito il talento visivo del cineasta brasiliano.

Ne risulta un film che, soprattutto nella magistrale seconda parte, traduce in giocosità anche il dramma dell’emarginazione anagrafica, con momenti quasi comici e sempre vitali, a dispetto del progetto governativo e dell’età dei suoi protagonisti, pur restando un film molto politico.

L’Amazzonia e il suo mitico Rio diventa quindi metafora e sinonimo di una vita nonostante tutto: la scelta di Tereza di solcarlo in barca con improbabili compagni di viaggio, mostra invece quanto forte sia l’adesione all’esistenza degli anziani, a dispetto dell’aspettativa di vita o ai progetti farneticanti di un futuro prossimo venturo. Film della critica. (Michele Gottardi)

Voto: 7

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Dracula – L’amore perduto

Regia: Luc Besson

Cast: Caleb Landry Jones, Christoph Waltz, Zoë Bleu, Matilda De Angelis

Durata: 129’

Il film "Dracula. L'amore perduto"
Il film "Dracula. L'amore perduto"

Transilvania, XV secolo. Il principe Vladimir, dopo la perdita della sua amata, caduta in un’imboscata, rinnega Dio uccidendo un prete sull’altare, guadagnandosi la maledizione eterna, diventando un vampiro. Condannato a vagare nei secoli, sfida il destino e la morte stessa, guidato da un’unica speranza: ritrovare l’amore perduto.

Dopo millanta edizioni del mito del celebre vampiro transilvanico, vagamente ispirate alla figura storica di Vlad III di Valacchia, detto simpaticamente Tepes l’Impalatore, tutte più o meno tratte dal romanzo di Bram Stoker, uscito nel 1897, dopo le molte edizioni gotiche che hanno avuto spazio nel cinema di genere e nei B-movies, dopo la versione filologica di Francis Ford Coppola (1992), ora Luc Besson scrive e dirige una storia d’amore spettacolare, in grado di resistere alla morte e attraversare i secoli. Il suo Dracula, interpretato da Caleb Landry Jones, ci mostra l’indole tormentata e mostruosa, ma anche il lato più intimo del vampiro per antonomasia che ha scelto di rinnegare anche Dio.

Dracula è disposto a tutto pur di ritrovare l’amore perduto: inganna, manipola, seduce, uccide. La sua sete di sangue è, in fondo, una sete disperata, assoluta, eterna. Quattro secoli dopo la morte della sua amata, Vlad ritrova a Parigi la donna che sembra essere la reincarnazione di Elisabetta.

Mina, così si chiama la giovane, viene quindi rapita e sedotta, ma alla fine il sacrificio romantico di Dracula le ridarà vita, come a tutti gli altri stregati dal morso del vampiro. Besson, fedele a un cinema di spettacolo e di azione (“Le grand bleu”, “Nikita”), che arriva sino alla rivisitazione dei miti (“Giovanna d’Arco”) e della marginalità (“Dogman”) si colloca nel solco della tradizione romantica, ma non aggiunge nulla né al gotico più classico, ma nemmeno a rivisitazioni in stile Ford Coppola.

I suoi mostriciattoli alla Quasimodo di cui pullula il castello, sorta di gargouille animati frutto di qualche incantesimo, donano al film un tocco più disneyano che horror e più in generale il film oscilla tra la tentazione del registro sentimentale e l’horror (poco) non privo di elementi musical disseminati qui e là, con un immancabile tocco di kitsch come nella migliore tradizione del regista francese.

L’attore preferito degli ultimi film da Besson, Caleb Landry Jones, emula da lontano il Gary Oldman di Francis Ford Coppola e anche gli altri attori (Christoph Waltz, Zoë Bleu, Matilda De Angelis) fanno da corollario a riprese vorticose e spettacolari che sono il vero motivo del film. E non è molto. (Michele Gottardi)

Voto: 5,5

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