Al Fake News Festival a tu per tu con Demetra Bellina: «Le fonti sono la chiave per difendersi dalle bufale»
L’attrice udinese sarà ospite sabato 15 novembre al Museo etnografico. Il nuovo film esce il 20 novembre, la première romana il 18

Demetra Bellina vive a Roma, ma nasce a Udine trent’anni fa spaccati: il 4 luglio 1995. Da dieci passeggia per la Capitale, frequenta tantissimi provini di cinema, suona nei locali. È uscito il suo EP “Not for sale”, sei brani da lei composti in inglese e sta per debuttare sugli scaffali pure il vinile. “Fake News Festival”, ormai un must cittadino sull’allegro mondo delle bufale, le affiderà uno spazio: sabato 15, alle 10, al Museo Etnografico. Un “A tu per tu”: parole libere come l’aria che s’incontreranno a metà strada fra il palcoscenico e la platea.
Demetra Bellina, quanti film ha fatto?
«Diciamo alcuni, dai. Due da protagonista — e su questo non mi sbaglio (sorride): “Non credo in niente” e “Vas” che uscirà il 20 novembre».
In realtà nel pacchetto ci stanno anche due serie di peso: “Tutta colpa di Freud” e “Vita da Carlo”.
La preoccupano le fake, Demetra?
«Cerco di non cascarci».
A volte è dura, si sfiora la perfezione.
«Già, spesso sembrano più vere della realtà. Possiamo salvarci, a volte, cercando di raggiungere le fonti, ovvero sincerarsi che siano attendibili. Certo, l’intelligenza artificiale ha complicato le cose».
L’hanno scelta perché? Si sarà fatta qualche domanda?
«Offrire uno spazio a una concittadina che fa dell’arte una sua ragione di vita. Molto semplice, immagino. Non sono una giornalista. Dare voce a una friulana in un festival friulano».
Cosa contiene quella borsa che tiene sulle ginocchia con cura? Perdoni la sfacciataggine.
«Ah, nulla. Sono alcuni vinili, il mio album che si è trasformato da musica da piattaforma a un cerchio perfetto pieno zeppo di solchi».
È felice?
«Molto. Sarebbe preoccupante se non lo fossi?».
Magari con un carattere duro potrebbe succedere. E di concerti ne fa?
«Più anni fa di adesso. Mi piacerebbe tantissimo cantare nella mia città, ma di posti per la musica live ce ne sono pochi, se non zero. Almeno per una esibizione con chitarra e voce. Il jazz ha già più spazi».
Torniamo al cinema, un motivo concreto per farla scendere qui a Roma dieci anni fa. Che periodo sta attraversando il grande scherno italiano?
«Mica buono, sa. Tira un’aria brutta. Magari si riprenderà. D’altronde è legge: quando stai sotto prima o poi tornerai su».
Il suo nuovo film uscirà il 20 novembre con la première romana il 18. Ne parliamo?
«Volentieri. S’intitola “Vas” come visual analogue scale, ovvero la scala del dolore quella che usano in ospedale. Non tanto male corrisponde alla faccina verde, al malissimo si abbina ovviamente quella rossa. Questo per quantificare la sofferenza di due giovani hikikomori, Camilla e Matteo, costretti dalla sindrome dalla definizione giapponese, a non uscire mai di casa, una sorta di agorafobia, ovvero la paura di ritrovarsi in un luogo dal quale è difficile scappare. Dietro la cinepresa ci siamo ritrovati in tre: io, Edoardo Scarpetta e Gabriel Lynk. Matteo diventa il protagonista della storia di Camilla».
Il teatro? Non le piacerebbe?
«Eccome no, purtroppo la mia formazione spesso non collima con quella che richiedono le compagnie di prosa».
In che modo ha festeggiato i suoi magnifici trenta?
«Non me ne parli. È stata una giornata orrenda. Mi sveglio al mattino e mi preparo per andare, tanto per cambiare, a un provino. Esco e comincia a diluviare, ma di brutto. Non ho l’ombrello, pazienza, s’immagini che fine hanno fatto i miei capelli ben sistemati prima di uscire. E sono pure rimasta bloccata su un percorso sbagliato perché il navigatore non aveva contemplato la chiusura di una strada. Le pare?».
Ha dei piani?
«Noi attori viviamo di speranze. L’unico impegno è non sprecare mai le buone energie. Se una cosa non è per me ho deciso che non insisto più. Meglio lasciar perdere e concentrarsi sul futuro».
Posso suggerire?
«Oh certo».
Puntare su un concerto udinese, per esempio!
«Magari».
Sulla copertina del disco lei è in ciabatte: curioso.
«Il look è una mia scelta. Le ho proprio volute ai piedi. Fanno casa».
Riproduzione riservata © il Nord Est








