Matteo Vendramin con la sorella Elena
Matteo Vendramin con la sorella Elena

Il mistero della scomparsa di Matteo Vendramin, e ciò che sappiamo

Nessuna traccia dal 7 ottobre 2025, giorno della sparizione di Conegliano nel tragitto verso il lavoro: non si trova una motivazione, non si trova una pista. I familiari non si arrendono, e fanno bene

Andrea De Polo

Ha lo sguardo basso, Matteo. Cammina con le mani in tasca sul marciapiede che va da Rua a San Pietro di Feletto. Avanti e indietro, più volte. È il 7 ottobre 2025, martedì mattina, e quell’immagine di Matteo Vendramin, 31 anni, ripreso dalla telecamera privata di un’abitazione, resterà l’ultima. Sono passati più di due mesi e Matteo è ancora inchiodato in quel filmato sulle colline del Prosecco, venti minuti dalla sua casa di Campolongo, quartiere di Conegliano, mezz’ora dal luogo di lavoro, la Hausbrandt di Nervesa, dove si sarebbe dovuto trovare a quell’ora.

Nessuno lo ha più visto: le ricerche hanno coinvolto centinaia di persone tra forze dell’ordine, volontari, familiari e amici, senza che si sia riusciti a trovare qualcosa di più rispetto alla sua auto, una Toyota Yaris parcheggiata in piazza Feletto, qualche centinaio di metri più a valle rispetto al luogo dell’ultima ripresa.

La sparizione di Matteo Vendramin, oggi, è uno dei casi più oscuri della provincia di Treviso: non c’è una motivazione e non ci sono piste da seguire. Ci sono tante persone, dalla sorella Elena agli amici, che non si arrendono e chiedono a gran voce di continuare le ricerche.

La sparizione

 

L’allarme viene dato il giorno stesso della scomparsa, martedì 7 ottobre 2025, dopo che Vendramin non si presenta né in azienda, né a casa per pranzo e cena. Con i colleghi aveva parlato il giorno prima, rivelando che quel martedì mattina si sarebbe dovuto sottoporre a una visita specialistica per un mal di pancia che da qualche giorno non passava.

Il 7 ottobre, però, Vendramin non si vede né al lavoro né all’appuntamento con il medico. L’ipotesi che fosse seriamente spaventato da quel dolore viene rilanciata dalla sorella Elena: “Era preoccupato che potesse trattarsi di qualcosa di grave. Abbiamo perso il nostro papà un anno fa, Matteo è un ragazzo sensibile e sta attraversando un momento complicato”.

L’auto viene trovata a Rua di Feletto, e nessuno sa perché quella mattina Matteo abbia deciso di andare proprio lì. Non c’è nulla, a Rua, che in apparenza possa averlo attirato. Sì, qualche mese fa aveva portato il suo cane Flick da una dog sitter che lavora nel Felettano. Ma non c’è altro. I documenti non sono nell’auto, Matteo li ha con sé. Le immagini lo riprendono sempre da solo: l’ipotesi è quella di un allontanamento volontario o di un incidente.

Le prime ricerche e l’area

Rua di Feletto è un paese piccolo, 900 abitanti, il problema è che è circondato da una campagna sterminata. Magari fosse solo terra di vigneti. Ci sono ettari ed ettari di boschi, spesso non curati, e a ottobre tutti gli alberi hanno ancora le foglie: fosse successo qualcosa a Matteo, la vegetazione renderebbe assai complicato scorgere un corpo. E infatti è quello che succede: le ricerche partono subito e si muovono centinaia di persone, dalla protezione civile ai vigili del fuoco, ma l’area da coprire è proibitiva.

Con un ostacolo in più. Il Felettano è un’area di cavità naturali: da quelle parti, una volta, si produceva clandestinamente la grappa all’interno delle grotte. La zona di confine tra San Pietro di Feletto e Refrontolo, dove potrebbe essersi trovato Matteo al momento della scomparsa, viene setacciata dagli speleologi, senza esito. Nei giorni successivi al 7 ottobre, tanti amici di “Vendra” prendono la macchina, raggiungono i colli di Rua e San Pietro, si uniscono alle ricerche. Ma i giorni passano, e passano anche le settimane.

Il contesto

Non è, Matteo, il tipo di persona da cui ti aspetteresti una fuga volontaria improvvisa, senza avvisare la mamma e la sorella, senza scrivere nulla a un amico. È un ragazzo con una buona formazione e un lavoro di responsabilità. Laureato in Scienze e tecnologie alimentari, lavora alla Hausbrandt di Nervesa come torrefattore.

La sua è una bella famiglia, e a farsi carico delle ricerche e degli appelli è la sorella Elena, che a più riprese ripete: “Se qualcuno ha dei ricordi legati a quella mattinata, o ai giorni a seguire, ce lo faccia sapere. Anche il particolare più banale può aiutare le indagini. A mio fratello dico: non sei da solo, aspettiamo solo che torni a casa per riabbracciarti”.

Le segnalazioni arrivano (qualcuno suggerisce di cercare in stazione a Mestre) ma come spesso accade in questi casi, sono inattendibili. Le certezze, settimana dopo settimana, sono poche: si è allontanato a piedi, perché l’auto era parcheggiata in centro a Rua, e nessuno gli ha dato un passaggio.

Non risulta nemmeno che sia salito su autobus per Conegliano o per Treviso, e che da lì si sia allontanato in treno: è un’ipotesi nei primissimi giorni, ma dopo settimane senza lasciare tracce (bancomat, celle telefoniche o riprese di altre telecamere) l’idea è che possa essergli successo qualcosa lì, a pochi passi dal centro di Rua, tra le campagne ricoperte di boschi e puntellate di grotte.

Le nuove ricerche

Il primo dicembre 2025 segna una nuova fase nelle ricerche di Matteo: a Rua di Feletto arrivano i cani molecolari della Guardia di Finanza di Auronzo. I volontari cercano Vendramin anche a Conegliano, al laghetto di Pradella, piccolo specchio d’acqua a cui i coneglianesi sono particolarmente legati, non vicino a Rua di Feletto, ma raggiungibile a piedi in qualche ora.

Ancora una volta, nessuna delle piste suggerite porta a risultati concreti. Sono passati più di due mesi, e Matteo Vendramin è ancora quella sagoma che passeggia con le mani in tasca in centro a Rua. Gli amici non hanno mai smesso di cercarlo, la stagione può essere loro alleata: i boschi spogli potrebbero, finalmente, mostrare ciò che finora nessuno è riuscito a vedere.

 

 

 

 

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