L’ultramaratoneta Ferrari e la sua Tor Des Glaciers: «L’ascesa al Cervino all’alba scortato da 30 stambecchi»
Fabio Ferrari, veneto di Noventa di Piave, ha appena concluso la gara di trail running lunga 450 chilometri con 32 mila metri di dislivello: «Tantissime difficoltà, ma che soddisfazione la volata finale»

«Più che una gara di corsa in montagna, la Tor Des Glaciers 2025 è stata un’avventura di sopravvivenza in cui lo spirito di squadra ha prevalso sull’individualismo. Indimenticabile l’ascesa all’alba del monte Cervino in solitaria scortato dagli stambecchi».
Lo racconta Fabio Ferrari, ultramaratoneta di 58 anni originario di Noventa di Piave, ma residente a San Donà, all’arrivo sabato della “Tor des Glaciers”, competizione di trail run sulle alte vie della Val D’Aosta che ha completato in 186 ore, sotto il tempo massimo di 190, percorrendo l’intero itinerario di 450 chilometri caratterizzato da 32.000 metri di dislivello. Per avere accesso alla competizione assieme ad altri 194, l’ultra maratoneta lo scorso anno era già riuscito nell’impresa di completare la “Tor des Geantes”, gara da 330 chilometri per 24.000 metri di dislivello, rimanendo sotto le 110 ore.
Come è stato correre giorno e notte dormendo solo 10 ore in una settimana?
«È stato possibile con tutte le conseguenze previste in questi casi: ora sono ridotto una larva umana (ironizza) con i piedi gonfi per l’acido lattico accumulato».
Com’erano gli altri concorrenti?
«Il livello è stato molto alto: alcuni atleti si sono dimostrati veramente forti, soprattutto per i minimi tempi di recupero».
La sua strategia?
«Fare squadra con un compagno molto bravo. In due siamo riusciti ad avere più velocità di ascesa degli altri. Però abbiamo avuto bisogno di maggiori tempi di recupero per problemi alle gambe e per riposare».
Le difficoltà?
«I cancelli temporali, i cut off di tappa, erano strettissimi: arrivavi, mangiavi, ti cambiavi, mettevi la crema sui piedi e non riuscivi a dormire più di mezz’ora perché l’organizzazione ti sbatteva fuori, anche in piena notte. Difficoltà anche per la ricarica dello smartphone».
Momenti difficili?
«Mi sono trovato in situazioni complicate tipo rimanere senza luce frontale da solo di notte o quando ho perso gli occhiali e non riuscivo più a leggere la cartografia».
Soddisfazioni?
«La più grande è stata la volata finale col recupero dei tempi studiando a tavolino l’ultimo tratto prima del traguardo».
Emozioni forti?
«Durante l’ascesa solitaria all’alba del monte Cervino quando sono stato scortato da una trentina di stambecchi».
Da quanto corre?
«Da quando vincevo le gare campestri di categoria a 9 anni. A 14 mi dedicai al calcio fino al 2000 quando ripresi a correre maratone over 50 chilometri. Dal 2007 pratico il trail run in montagna e ho corso tutte le gare più importanti sopra i 100 chilometri».
Che consiglio dà a chi vuole praticare questo sport?
«Di allenarsi per passione ascoltando la propria condizione fisica e cercando il contatto con la natura».
Quali saranno le sue sfide future?
«A maggio 2026 c’è la Garda Trail Extreme, una 100 miglia in autonomia, senza sentieri indicati. Poi a settembre 2026 spero proprio di gareggiare nella nuova edizione dell’Alta Via dei Parchi 501, una trail run da più di 500 chilometri fra la Toscana e l’Emilia Romagna, un evento sportivo interrotto per qualche tempo ma ora sono felice abbiano potuto organizzare di nuovo, soprattutto per i meravigliosi scenari naturali che percorre» .
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