Il giorno perfetto: il mistero semplice chiamato Jannik Sinner
A Wimbledon l’alba di una leggenda: l’altoatesino batte Alcaraz e diventa il primo italiano a vincere il torneo più prestigioso del tennis

È successo, finalmente, e questa volta era nell’aria nonostante le nostre paure. Dopo quarantaquattro minuti, il tempo del primo set, vissuti in maniera tremebonda dentro il ricordo delle ultime due sconfitte a Roma e Parigi, Jannik Sinner ha trovato la strada per agguantare una vittoria meritata e straordinaria, dominare Alcaraz ed entrare nella storia, primo italiano incoronato nella cattedrale di Wimbledon, il campo dei gesti bianchi, il solo tempio dal quale si esce vestendo il mantello dei campionissimi. È stato un pomeriggio meraviglioso che, se ce ne fosse ancora bisogno, regola i conti con il passato.
Portarsi a casa Wimbledon, il torneo più importante del tennis. Non c’era riuscito Pietrangeli fermato in semifinale da Laver, Panatta aveva gettato al vento una irripetibile occasione nel 1979, e un grande Berrettini si era arreso in finale contro un Djokovic non ancora piegato dalla legge della decadenza.
Il tennis è lo sport del diavolo, tende trappole e imboscate ma non fa regali. Piuttosto mette in scena sciagure che possono essere insegnamenti. Così capita che quei tre match ball costati la finale al Roland Garros, ieri siano stati per Sinner la luce che gli ha permesso di costringere Alcaraz sempre in difesa, in una battaglia da fondocampo nella quale lo spagnolo si è dimostrato inferiore, tanto da ammetterlo in un dialogo quasi disperato con il suo box durante un cambio campo: perché tira più forte di me da laggiù?
Come si può raccontare Sinner con parole nuove? La verità è che ci sono parole che non dicono più nulla e a volte nemmeno la ragione basta a spiegare la realtà. Ma quello di Sinner è un mistero semplice. Convivono, nello straordinario atleta qual è prima ancora che tennista, una componente di magia e un’energia prodotta dalla normalità, ben testimoniata dalle facce e dai comportamenti dei suoi genitori in tribuna. Una famiglia che ha conosciuto fatica e sacrifici e che ora tratta con attenzione l’enorme fortuna, anche economica, del figlio.
Sono un perfezionista, ripete spesso Jannik, e mi piacciono le sfide che stimolano la mia intelligenza.
Ha vinto sfruttando queste due qualità, probabilmente sapendo in cuor suo che ce l’avrebbe fatta nel momento stesso in cui il campione spagnolo è andato a servire la prima palla del match.
Non esiste alcuna sindrome Alcaraz, battuto nel suo giardino preferito ma due ragazzi impegnati in una lunga stagione da duellanti come nel racconto di Conrad portato al cinema da Ridley Scott con Keith Carradine e Harvey Keitel.
Bisogna saper scegliere con cura i propri nemici. Sinner e Alcaraz lo hanno fatto e stanno cambiando il gioco del tennis sotto i nostri occhi. Lo stanno facendo in modo abnorme, cancellando tutti gli altri giocatori, ridotti ormai a ruoli da comprimari, fantasmi pellegrini di un’altra categoria.
È uno scenario che pareva impossibile, un miracolo che dopo il ritiro di Federer e Nadal nessuno avrebbe potuto immaginare tanto vicino. E invece questi due ragazzi saranno lì a regalarci un futuro che da qualsiasi parte stiamo ci darà brividi esaltanti e lunghe passioni.
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