In Friuli si sta rigenerando, Zaniolo fa già sognare l'Udinese: «Sento di essere nel posto giusto»
Il numero 10 bianconero, dopo aver deciso la sfida contro l’Atalanta, ha rilasciato una lunga intervista in esclusiva al Messaggero Veneto: «Qui avverto la fiducia di tutti. La passerella sotto la curva? Viviamo per questi momenti»

L’appuntamento doveva essere per le 17:30, ma è stato posticipato di un’ora perché Runjaic ha fatto slittare l’allenamento. Nicolò Zaniolo è l’uomo copertina dell’Udinese sin dal giorno in cui è arrivato in Friuli, oggi lo è ancora di più per il gol-partita all’Atalanta arrivato una settimana, prima della trasferta contro la Roma.
Zaniolo, torniamo indietro di tre giorni. Che cosa voleva dire con quella esultanza?
«Niente di particolare. Mi è venuta così. La partita era molto tesa, equilibrata ed è stato importante sbloccarla».
L’1-0 più famoso con il gol di Zaniolo è stato quello della finale di Conference League tra Roma e Feyenoord. Che ricordo ha di quella serata?
«È stato incredibile. Alla vigilia sentivamo molto la partita, la Roma non vinceva da anni un titolo. Quella partita è stata il coronamento di un’intera stagione. È stato uno dei giorni più belli della mia vita».
Con la Roma quello sembrava essere un punto di partenza. Poi cosa è successo?
«Tutte le cose hanno un inizio e una fine. Andare via da Roma per me è stata una botta molto dolorosa, non è finita benissimo ma mi auguro che con il tempo tutto si appiani. La mia compagna è di Roma e mio figlio è nato là».

Si parlò di incomprensioni con Mourinho.
«Assolutamente no, anzi. Con il mister mi sento ancora oggi e posso solo dire cose belle di lui».
Lei ultimamente ha fatto molta autocritica sulla sua parentesi romanista.
«Ho commesso degli errori e li ho riconosciuti. Sono tappe della vita. A 18 anni sono passato dalla Primavera dell’Inter a un top club italiano, ho fatto doppietta in Champions League, non era facile tenere la testa sulle spalle».
Lei ha esordito prima in Champions League che in Serie A e per di più al Bernabeu.
«Non immaginavo nemmeno di essere convocato, venni a saperlo la mattina poco prima di partire per Madrid. Di Francesco mi comunicò che avrei giocato il giorno della gara. Meglio perché così ho avuto poco tempo per pensarci. In campo dall’altra parte c’erano Sergio Ramos, Marcelo, Bale, Isco, Modric».
Arrivò presto anche la chiamata in Nazionale con Mancini che la considerava una mezzala. Se glielo chiedesse oggi Runjiac di giocare in quel ruolo?
«Lo farei. Un giocatore deve sempre mettersi a disposizione della squadra».
Diciannove gettoni in azzurro e una doppietta nel 9-1 con la Moldavia a Palermo.
«Un altro sogno coronato. Stadio pieno, clima bellissimo».
Oggi il ritorno in Nazionale cosa rappresenta?
«Un obiettivo che può arrivare solo attraverso le prestazioni con l’Udinese».
Gli infortuni quanto hanno condizionato la sua carriera?
«Non mi piace la parola condizionato, preferisco dire migliorato. Una volta andavo in palestra solo perché dovevo, oggi lo faccio in maniera molto più scrupolosa per potermi allenare poi al meglio sul campo».
Le hanno affibbiato l’etichetta di bad-boy dopo qualche sciocchezza commessa. E di solito in Italia le etichette poi non te le togli più di dosso. Le dà fastidio questa cosa?
«No, a me interessa l’opinione che hanno di me le persone che mi vogliono bene: la mia ragazza, mio figlio e i compagni di squadra, non di coloro che mi conoscono in maniera superficiale. So come mi comporto e come lavoro».
La sensazione, guardando le partite dell’Udinese, è che gli avversari cerchino spesso di provocarla. Se ne rende conto? E se sì, come si prepara?
«Rispondo dicendo che fa parte del gioco. Sono un agonista, mi piace la sfida, il duello fisico. E se vieni provocato devi semplicemente non reagire».
Come si immagina l’accoglienza dell’Olimpico considerata la sua esultanza “esagerata” dopo il gol in Roma-Atalanta di un anno fa?
«Premetto che quella esultanza non la rifarei. Ho sbagliato. Non so come mi accoglieranno, immagino che molti siano rimasti offesi dal mio comportamento, ma li capisco. Penserò a concentrarmi sulla partita anche perché in campo contro la Roma non ci andrà Zaniolo, ma l’Udinese. Vogliamo prenderci i tre punti».
Così ottimista?
«L’obiettivo in partenza è quello, poi è chiaro che dovremo fare i conti con l’avversario. Ma ci proveremo».
Negli anni di Roma si accusò anche sua madre di apparire troppo sui social.
«Ci sta. Se decidi di intraprendere questa professione devi mettere in preventivo anche questi inconvenienti. Devi essere bravo a isolarti e a fare un cerchio attorno alla tua famiglia».
Suo padre Igor ha fatto il calciatore e arrivò alla promozione in A con la maglia del Messina. Nei momenti difficili quanto è stato importante?
«Considero mio padre un grande esempio sia dal punto di vista umano che come calciatore. A inizio carriera l’ho ascoltato troppo poco, come fanno un po’ tutti i diciottenni, oggi prima di prendere qualsiasi decisione parlo con lui».
Il buon rendimento che sta tenendo in campo è figlio della serenità trovata nella vita di tutti i giorni?
«È evidente che se ti porti i problemi di casa al lavoro non va bene, ma per chiunque non solo per noi calciatori. Bisogna crescere e maturare pian piano, fare sempre un passettino alla volta».
La felicità per Zaniolo è?
«È un attimo, il sorriso di tuo figlio, lo sguardo della tua compagna, una serata con gli amici veri. Credo che la parola fondamentale sia equilibrio: devi sapere chi sei quando le cose vanno male e non strafare quando tutto sta andando a meraviglia».
Il giorno della sua presentazione lei era pieno di buoni propositi. Poi, però, dalle parole bisogna passare ai fatti. E sono arrivati quattro gol in nove partite. Se l’aspettava?
«Sì e no, nel senso che ero convinto di essere arrivato nel posto giusto. Ho avvertito subito grande fiducia da parte di tutti: società, tecnico, compagni, tifosi, però di riuscire a performare subito in questo modo no».
Contro l’Atalanta quando è uscito ha fatto una sorta di passerella sotto la Nord che l’ha osannata. A memoria a un giocatore non accadeva dai tempi di Di Natale...
«È stato bellissimo. Il calcio è del popolo, i calciatori vanno in campo per regalare emozioni e sentire gridare il mio nome in quel modo mi ha dato una grande carica. Speriamo di regalare altre gioie come quella con l’Atalanta».
A proposito di Di Natale lui ha spiegato mille volte che ha rifiutato la Juve perché preferiva essere il numero 1 a Udine che uno dei tanti in una big. Lo comprende?
«Sì, lo capisco benissimo. Se in un posto sei amatissimo e sei circondato da tanti amici perché andarsene?
Abbiamo criticato Runjaic perché la sostituisce sempre troppo presto. Lei come la vede?
«Parlo molto con il mister. Sono reduce da stagioni un po’ tormentane, sto aumentando il minutaggio un po’ alla volta, Runjaic vuole tutelarmi. E poi dietro di me ci sono compagni che spingono e meritano pure loro di giocare».
Il suo idolo da bambino era Kakà, oggi c’è un suo collega al quale si ispira?
«No, cerco di concentrarmi solo su me stesso. Ho adorato Kakà e a Roma avevo il 22 sulle spalle in onore suo e perché è il giorno del compleanno di mia mamma».
È appassionato di altri sport?
«Mi piace il tennis e adoro Sinner. Lui e Alcaraz segneranno un’epoca. Al talento abbina una forza mentale pazzesca. Ho preso la racchetta in mano, lo trovo uno sport difficilissimo».
Per integrarsi completamente in Friuli bisogna imparare qualche parola di friulano.
«Ho appena cominciato con voi. Saluto tutti i tifosi dell’Udinese con un bel “Mandi”».
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