I valori e i divieti secondo Valditara: caro Ministro, in classe servono più relazioni vere

Sono due gli obiettivi: avvicinare i giovani al mondo del lavoro e togliere i cellulari in aula. Pare arduo riuscire a convincere un adolescente, mentre sta seduto, a non sbirciare mai uno schermo

Fulvio ErvasFulvio Ervas
Giuseppe Valditara, ministro dell'istruzione e del merito
Giuseppe Valditara, ministro dell'istruzione e del merito

Ahi, le dipendenze!

Scrivendo di istruzione, c’eravamo lasciati con le polemiche suscitate dai rifiuti di svolgere la prova orale dell’esame di Stato. Riparte, fra poco, il nuovo anno scolastico e si annunciano tante novità. Inevitabilmente si parla di una ristrutturazione dell’esame finale, a riprova che questa presunta macchina per sfornare cittadini formati e responsabili contenga tante e tali vibrazioni d’assetto che deve essere revisionata regolarmente. La storia delle riforme dell’esame di Stato meriterebbe un noir a tinte forti.

Al recente convegno di Rimini, il ministro Valditara ha annunciato strepitosi numeri in materia di assunzione di docenti, compresi quelli di sostegno, puntualmente smentiti dalle forze sindacali. Nessuna novità da questo punto di vista: la scuola è sempre un luogo in cui i numeri sono diversi se calcolati ad alta quota oppure a livello dei collegi docenti.

Nelle affermazioni del ministro luccicano, però, alcuni obiettivi futuri. Due sono degni di qualche modesta osservazione.

Il primo obiettivo, per il ministro, è quello di convincere gli studenti a riscoprire la bellezza del lavoro. Si sente motivato a perseguire questo obiettivo perché i sondaggi svolti sulle giovani generazioni mostrano che il valore del lavoro è stato relegato alle ultime posizioni. Tra i primi ci sarebbero i diritti, la libertà e il vivere bene. Che strani ragazzi, ha pensato Valditara. Che mondo potrebbe scaturire se si affermasse questa visione? Sicuramente la rovina dell’Italia, se non dell’intero Occidente.

Quindi, la scuola dovrà convincere i giovani a far avanzare il valore del lavoro e a far retrocedere tutti gli altri, anche se non è chiaro perché dare priorità ai diritti, alle libertà e al vivere bene siano incompatibili con il lavoro come valore.

Come potrà riuscirci la scuola?

Nei corridoi si vocifera che il ministro pensa di far affiggere, in tutti gli istituti, l’obiettivo di livelli salariali vicini a quelli dei lavoratori danesi, statistiche sulla riduzione degli incidenti sul lavoro, proposte per l’abolizione del lavoro frantumato e incerto. Insomma, pare evidente lo sforzo per convincere gli studenti che il lavoro non è solo sfruttamento, ma porta libertà, diritti e può concedere una vita dignitosa. Che è quello che i giovani ritengono prioritario.

Se il primo obiettivo intende combattere l’indipendenza valoriale dei giovani dal lavoro, il secondo obiettivo intende combattere una dipendenza e ha una natura potentemente concreta: via i cellulari dalle classi.

È un obiettivo sacrosanto. Molti istituti stanno già pensando a come approntare file di cassetti (saranno di legno, di metallo, colorati o solo grigi?) dove ogni studente potrà riporre lo strumento del demonio. Se poi potrà venir acceso, tumultuosamente, a ogni intervallo o cambio d’ora, si vedrà. Anche perché potrebbe essere impegnativo rimandare gli studenti in classe, a fine intervallo, mentre stanno leggendo o rispondendo a mille messaggi, da amici, mamma, innamorati, siti e contrositi. Ci vorranno degli esorcisti o qualche strategia si troverà per combattere la dipendenza?

Sinceramente pare arduo riuscire a convincere un adolescente, mentre sta seduto in un’aula, a non sbirciare mai uno schermo, a non immergersi nel mondo delle immagini o delle frasi brevi, che è l’oceano comunicativo in cui la società lo abitua quotidianamente.

Perché per dimenticarti del telefonino dovresti avere delle lezioni che ti coinvolgano, magari con un bel tono di voce, un portamento interessante, con temi che esplorino il mondo, proiettandosi anche sui problemi e le dinamiche della vita che vivi o, magari, te lo dimenticheresti il telefonino se la lezione fosse non solo frontale, ma collegiale, collaborativa, discorsiva, dove ognuno può e deve dare qualcosa, non solo il prof: insomma, un’ora imperdibile, più intensa dello schermo.

E non saresti sempre al telefonino se anche nella quotidianità avessi più relazioni vere, più chiacchiere, più discussioni (soprattutto familiari), più scambi con gli adulti, più luoghi dove fondersi, costruire, sentirsi non passivi, non vuoti da riempire. Non giovani tenuti ai margini. A meno che non accettino il passato, sia esso di verdura o valoriale. Naturalmente sono coccolati, è vero. Ma più da animali domestici che da cittadini del futuro.

Ma come avrà, sicuramente, intuito il ministro Valditara, sarebbe troppo complicato. È più facile trovare un cassetto.

Anche se ne vedremmo delle belle.

Nel frattempo, come fu per i banchi a rotelle, le fabbriche di cassettini stanno tirando un sospiro di sollievo. Altro che crisi.

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