Buttiamo via sempre più cibo: tutti i numeri sullo spreco alimentare
Pesa soprattutto il consumo domestico, dal quale non è possibile recuperare le eccedenze. Le perdite valgono 14,1 miliardi di euro, in media ciascuno di noi getta 618 grammi a settimana

Aumentano le perdite in agricoltura e lo spreco alimentare delle famiglie, tiene l’industria e la distribuzione alimentare. Questa, in sintesi, è la fotografia dell’Italia nel rapporto dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero, che sarà presentato a Roma in occasione della XII Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare.
In Italia perdite e sprechi alimentari valgono oltre 14, 1 miliardi di euro e pesano 4,5 milioni di tonnellate (2024). Ma lungo la filiera si ripartiscono con valori e pesi assai diversi.
Il settore primario pesa molto (1,2 milioni di tonnellate) ma vale poco (meno di 1 miliardo di euro). Colpisce però l’incremento di oltre il 15% della perdita agricola in valore rispetto al 2023: i cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi, fra le altre cause, hanno avuto un impatto importante sulla perdita di valore della produzione agricola italiana.
L’industria alimentare ha ridotto il valore delle perdite (-0,22%), segno di maggiore efficienza, pur rimanendo un margine di miglioramento rispetto al peso (un milione di tonnellate) e al valore (854 milioni di euro) dello spreco alimentare. Anche la distribuzione, pur registrando un lieve incremento delle perdite in valore (+0,46%), ha dimostrato di saper utilizzare le misure in atto per contenere gli sprechi che rimangono ancora alti in valore e bassi in termini di peso come normale data la crescita del valore aggiunto lungo la filiera.
Guardando il peso percentuale del valore di perdite e spreco dal campo al consumo domestico, il quadro che emerge dal Rapporto è il seguente: agricoltura 7%, industria 6,1, distribuzione 28,5, famiglie 58,5. Da notare che non ci sono dati affidabili riguardo alle varie forme di consumo extra-domestico (ristorazione pubblica, collettiva e privata).
Insomma, come del resto è sempre emerso, il dominus dello spreco alimentare è a livello domestico: 1,9 milioni di tonnellate in peso, 8,2 miliardi in valore con l’incremento del 10% in un anno. Nelle nostre case, peraltro, il recupero delle eccedenze non è possibile. Dunque lo spreco diventa rifiuto alimentare e deve essere smaltito nella spazzatura, con costi economici e ambientali rilevanti.
Non è un caso che abbiamo intitolato la Giornata nazionale alla “prevenzione” riconoscendo che, anche in base alla normativa sui rifiuti a livello europeo, il miglior spreco è quello che non si fa. Sotto questo profilo il Rapporto WWI 2025: “il caso Italia” offre molti spunti per capire come contrastare il fenomeno a livello del consumo alimentare domestico e valutare i suoi impatti a livello economico e ambientale.
Guardiamo subito i dati. Innanzitutto l’aspetto più negativo è l’incremento dello spreco alimentare pro capite a settimana del 10% (da 566,3 a 617,9 grammi) che conferma l’inversione di tendenza registrata dopo il Covid.
Gli italiani sono tornati, progressivamente, alle abitudini alimentari precedenti. Tuttavia il dato che colpisce maggiormente, peggiorando un trend registrato negli ultimi anni e già segnalato in più occasioni, riguarda i ceti sociali meno abbienti. Questi sprecano, mediamente, il 26% in più rispetto alle fasce più “ricche” della popolazione italiana.
Nel 2024 lo spreco medio dei più poveri era superiore del 17% rispetto alla media, dunque in un anno la situazione è peggiorata ulteriormente. Questa fascia della popolazione cerca di soddisfare il bisogno primario di alimentarsi ricercando sul mercato gli alimenti con il costo più basso il che si traduce, non sempre ma molto spesso, in un altrettanto basso valore nutrizionale. Un circolo vizioso che porta come detto a un doppio spreco di alimenti, in quantità e qualità, e in salute, dato che la malnutrizione porta a diverse malattie.
Il Report WWI 2025, la cui sintesi si può scaricare dal sito www.sprecometro.it, offre tanti altri dati e spunti. Fra gli altri il raggiungimento dell’Obiettivo dell’Agenda Onu per lo Sviluppo Sostenibile 12.3 per ridurre lo spreco alimentare del 50% entro il 2030. Certo, se non è noto il dato di partenza e se non si attiva un monitoraggio continuo e non si propongono strumenti di intervento adeguati, l’Obiettivo risulta impossibile da raggiungere.
L’Osservatorio WWI della Campagna Spreco Zero, forse unico caso certamente in Italia, ha fissato il punto di partenza e realizza il monitoraggio offrendo gli strumenti per il raggiungimento dell’obiettivo.
Nel 2015 lo spreco alimentare domestico pro-capite a settimana, questa l’unità di misura di rilevazione, era 737,4 grammi. Dunque nel 2030 dovremmo arrivare a 369,7 grammi. La riduzione progressiva ogni anno dovrà essere di circa 50 grammi pro-capite a settimana. Una quantità alla portata di tutti, se aumenta la consapevolezza e la conoscenza delle buone pratiche alimentari.
Proprio per questa ragione da due anni la Campagna Spreco Zero ha lanciato un’applicazione, lo Sprecometro, dedicata all’automonitoraggio (singoli, famiglie, scuole comuni) e alla diffusione di buone pratiche sviluppate nei contenuti.
E proprio per questo il 5 febbraio 2025, XII Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, parte la #sprecozero Challenge per tutti gli italiani, da soli o in famiglia. Partecipare è semplice, tutti i dettagli su sprecozero. it . —
(*) Direttore scientifico Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, Università di Bologna
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