Rhitu, l’influencer dell’integrazione da 100 mila follower: «Insegnare l’italiano è cambiare il futuro»
Architetta, content creator e insegnante di lingua: Rhitu Afren è diventata un punto di riferimento per la comunità bengalese a Venezia: ecco la sua storia

La sua pagina Facebook, Rhitu’s Italian Class, conta più di 100 mila follower e alcuni dei video che hanno per sfondo Venezia, sono stati ricondivisi milioni di volte. L’estate scorsa, mentre in Bangladesh si consumava la strage degli studenti, Afren Rhitu è riuscita, ancora una volta grazie a un video in italiano e in bengalese, a portare migliaia di giovani in strada da tutto il Veneto, e per la prima volta anche moltissime donne come lei, per chiedere al Governo lo stop del massacro.

E c’è chi, nella città lagunare, la vorrebbe candidata alle prossime amministrative. Architetto, laureata allo Iuav, 28 anni, blogger e social media manager di una comunità che continua ad allargarsi, Rhitu è considerata un’influencer della nuova generazione di cittadini italiani con background migratorio, capace di orientare il consenso.
Tutto ciò che fa crea tendenza. Tanto da venire invitata ad ogni iniziativa. Oggi il suo primo lavoro, è insegnare ai bengalesi in procinto di arrivare a Venezia, la lingua italiana attraverso video e lezioni in streaming e da sabato ha realizzato un sogno nel cassetto, aprire un’attività in proprio, Ric solution.
Perché è tanto importante imparare l’italiano?
«La città di Venezia siamo anche noi. I bengalesi sono tanti e se rimangono indietro, anche Venezia rallenta. Per questo bisogna invertire la tendenza e aiutare tutta la città a progredire. Siamo una cosa sola».
Qual è il suo target?
«Nei miei corsi insegno a studenti in procinto di arrivare, in attesa dei prossimi flussi. Una volta giunti qui non saranno i “soliti” immigrati, ma già pronti per l’A2 di italiano. E insegno anche ai minori. Quando ero piccola, al pomeriggio c’era lo spazio compiti per imparare la lingua. Oggi non è più possibile perché siamo troppi, i bengalesi tendono a fare gruppetto, ma così si isolano, per questo serve andare a scuola di italiano e impararlo».
Come ha iniziato?
«La gente mi diceva, Rhitu parli così bene, insegnaci. Ero all’ultimo anno di magistrale, nel 2021, e ho iniziato a fare brevi video in cui spiegavo il verbo, l’articolo, così ho visto quanto interesse c’è. I bengalesi vogliono imparare, ma spesso la scuola non mette a disposizione i mezzi e talvolta invece non combaciano con i tempi della famiglia e del lavoro».
La formula on demand ha fatto centro?
«Esattamente. Ed è flessibile anche per le donne. A loro dico sempre che anche se sono mamme non devono rinunciare a imparare la lingua».
Il materiale utilizzato chi lo ha prodotto?
«Non esistevano manuali di insegnamento bilingui che facessero al caso nostro. Così finita l'università mi sono presa sei mesi sabbatici per conoscere la mia patria, che non avevo visto se non durante le ferie estive: ho raccolto materiale, ho tradotto i maggiori testi esistenti e li ho messi assieme per preparare ogni singola slide e dar vita a un metodo di insegnamento che prediligesse la conversazione».
Ora Rhitu’s Italian Class è una sorta di brand...
«Io sono la docente, ma siamo sempre di più e alle spalle ho un gruppo di studenti di Dacca che cura la parte relativa al Bangladesh. Presto e diventeremo un’associazione»
Di cosa va più fiera?
«Dei ragazzi che arrivano in Italia e passano l’A2, delle donne che una volta dovevano prendere riposo per parlare col medico assistite dal marito e oggi possono andare senza. La mia gioia più grande, è stata una studentessa che mi ha ringraziato perché ha potuto seguire da sola la gravidanza, senza dipendere da nessuno».
Cosa trasmette alle comunità italiana e bengalese?
«Conoscendo entrambe le culture si capiscono meglio le similitudini ed è il plus valore che posso dare. Quella italiana è la mia prima cultura, mia mamma mi ha insegnato la seconda parte, quella bengalese. Noi formeremo persone che sono una fusione di tutte le tradizioni più belle esistenti».
Che lingua parlate a casa?
«I miei genitori da piccola esigevano che a casa si parlasse bengalese. Con mio fratello parlo italiano, con mio marito entrambe le lingue. Con mia figlia Zahira parlerò bengalese in famiglia, fuori dalla porta italiano, non voglio perda la sua cultura. Siamo in grado di assorbire tutto. Se apro la visuale e vedo più mondi, sarò più ricco e gli altri con me.
Come vive la sua notorietà?
«Quando sono tornata in Bangladesh, mi sono stupita perché in alcune zone di campagna si giravano quando mi vedevano. La gente qui mi ferma per strada per chiedermi consigli, di me si fidano, ma non h intenzione di fare business con gli immigrati: desidero che imparino a scegliere e capire le opportunità, in trasparenza. Porto mia figlia in piscina al Terraglio, ho fatto un blog e si sono iscritte anche le altre mamme. Fa sorridere perché sono andata da Nonno Andrea a Treviso per la festa della zucca, da allora ci vanno tutte e in autunno la mia pagina Facebook è inondata di foto».
Riproduzione riservata © il Nord Est