Poli, lo psicologo che educa mamme e papà: «Genitori, respirate: anche i vostri figli nascono difettosi»

Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, è diventato virale sui social: le sue frasi lasciano il segno. «Serve un’alleanza tra padri e madri, perchè pure i più piccoli hanno dei doveri». Poli il 9 ottobre sarà in provincia di Treviso

Fabiana Pesci
Lo psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli
Lo psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli

I video delle sue conferenze raggiungono milioni di visualizzazioni. E non provocano ondate di commenti divisivi, rissosi, la moda del momento. Arrivano, con il buonsenso, al cuore e alla testa della gente, con il “solo” coraggio della verità educativa. Una rivoluzione copernicana, in un mondo che dà sempre la colpa agli altri, mai a se stessi: «è colpa dei social network, della società», dicunt.

Al centro madri (quelle che portano la croce) , padri (finalmente resuscitati nel loro ruolo all’interno dell’alleanza genitoriale). E poi ci sono figli, gli amatissimi – anche troppo - “tatoni”: i loro rapporti, le sacrosante difficoltà che affrontano nella crescita. Certo, talvolta, le battute sono fulminanti e provocano nell’ascoltatore una risata che fa riflettere, dal sapore amaro. Ma le frasi sono lapidarie: «Bisogna amare la verità più dei figli stessi»; «Anche i figli hanno dei doveri».

Lui è Osvaldo Poli, 69 anni, mantovano, psicologo e psicoterapeuta. Autore di libri che mettono al centro la cellula base della società, mamme e papà, bambini e ragazzi. Ma ne ha pure per le nonne (l’epica gara con la nuora sulla lasagna più buona), per gli insegnanti (memorabili i racconti del calvario materno ai colloqui scolastici).

Il dottor Poli il 9 ottobre sarà all’Auditorium del teatro comunale di Falzè di Trevignano (alle 20.30): parlerà di “Relazione educativa genitori-figli tra errori e azioni positive”. Obiettivo: madri e padri autorevoli, equilibrati e fermi nella missione educativa.

Dottore, da mamma le chiedo: è sempre colpa della mamma?

«La mamma tende a porsi quasi spontaneamente sul banco degli imputati quando qualcosa non va. Il dolore del figlio diventa la sua colpa e l’errore del figlio diventa il suo fallimento educativo. Perlomeno così lo vive. La colpa consisterebbe nel fatto di non avere capito, previsto ed impedito ciò che non va nel figlio o ciò che lo ha fatto soffrire.

Effetto del cordone ombelicale: è compito mio - è come se la mamma pensasse - convincere il figlio a fare la cosa giusta ed impedirgli di fare quella sbagliata. Il virus innescato da tale sentire si chiama senso di colpa, una lente che distorce l’interpretazione della realtà e porta inesorabilmente la mamma a sentirsi colpevole di situazioni che in realtà possono essere spiegate diversamente. Con la responsabilità del figlio ad esempio».

I figli: questa società li vuole perfetti, nella scuola, nello sport, nella vita. E sull’altare della performance di risultato, i genitori sono disposti a sacrificare tutto?

«I genitori tendono a considerare decisivo per la vita dei figli una laurea prestigiosa e l’inglese fluente. Ciò è assolutamente desiderabile, ma si trascura che la realizzazione personale dipende in larga misura dall’avere un carattere “formato”, capace di voler bene e di lasciarsi amare.

Requisito necessario per avere relazioni positive, sane, equilibrate. In molti casi il fatto che il figlio vada bene a scuola è tutto ciò che gli si può chiedere. Se in famiglia si comporta da perfetto egoista, ha pretese, tiranneggia e sfinisce i famigliari, tutto ciò è trattato come irrilevante.

Tali dinamiche si ripresenteranno anche nei rapporti extra famigliari (amici, fidanzati, colleghi) destinata inevitabilmente a generare tensioni e rotture dei rapporti».

Nelle sue conferenze lei si sofferma anche sul ruolo dei padri, sull’alleanza tra genitori. Perché secondo lei è un pilastro educativo?

«La cultura educativa attuale ha dimenticato il ruolo del padre nell’educazione del figli. Tutt’al più è considerato come la mamma, ma un po’ più incazzoso, quello che si impone e batte i pugni sul tavolo. In realtà il padre ha un istinto educativo - per così dire - diverso da quello materno, considerato più adattato a crescere dei figli

. Ciò induce una intera generazione di padri a sentirsi poco adatti, incapaci e “cattivi” e perciò indotti a femminilizzarsi, a mimare le qualità e le caratteristiche femminili. In realtà il padre possiede una diversa interpretazione dell’amore per i figli. L’amore materno tende a proteggere. L’amore paterno tende ad incoraggiare, a non avere paura. Necessario per crescere dei figli forti, liberi, maturi. Se nelle istituzioni educative domina incontrastato esclusivamente il codice femminile materno - com’è di fatto - l’esito è l’immaturità dei figli stessi».

Poi una frase che ha in sé del rivoluzionario: anche i figli hanno dei doveri.

«L’affermazione che i genitori abbiano dei doveri verso i figli appare scontata, nessuna obiezione appare plausibile al riguardo. Non è scontata se riferita ai figli. Molto più comune la convinzione che abbiano dei diritti esigibili o la riflessione sui loro problemi, la comprensione dei loro bisogni e dei loro vissuti affettivi.

Comprensione e rispetto dei vissuti dei figli debbono rimanere conquiste irreversibili nella nostra cultura educativa, ma insufficienti per crescere uomini e donne con una capacità di stare in un relazione equilibrata, sana, paritaria. ll tema della reciprocità dei doveri va richiamato dall’esilio. Il dovere rappresenta un condizione necessaria per realizzare un bene, non è una imposizione arbitraria, un obbligo senza senso. Il dovere di rispettare l’ambiente impone di non gettare la bottiglietta di plastica per strada, di fare la raccolta differenziata.

Il dovere di rispettare gli animali impone di non maltrattarli e di averne cura. Non si vede perché solo nell’ambito dei rapporti famigliari si guardi con sospetto al termine “dovere”. Molti genitori lamentano che i figli si inteneriscono per la sorte dei pinguini dell’Antartide, ma non aiutano la mamma a mettere i piatti nella lavastoviglie anche se è visibilmente stanca dopo un giornata di lavoro. Tutti figli desiderano una famiglia serena e felice, ma ciò non si realizza a prezzo e fatica dei soli genitori, anche i figli possono e debbono dare il loro contributo.

Proporzionalmente all’età e conformemente al loro carattere, ma la vivibilità e la serenità della famiglia non può prescindere anche dal loro contributo. La loro interpretazione dei rapporti in famiglia spesso fa la differenza».

Un suo libro, “Aiuto, mio figlio è impossibile”. Questi ragazzi sono veramente diventati un rebus incomprensibile?

«Il libro nasce dall’esperienza di genitori di figli con un carattere “difficile”. Quelli che, quando Dio distribuiva la docilità non hanno fatto la fila-come si dice. Figli che tendono ad opporsi costantemente e a sfidare l’autorità ed è difficile fare il genitore di uno che non accetta di fare il figlio. Vengono detti “bastian contrari”, mister No ed in genere sfiancano il genitore ingaggiando un braccio di ferro continuo in merito ad ogni richiesta, anche la più banale. Tali situazioni richiedono atteggiamenti educativi e prese di posizione che non sono necessarie per chi ha figli sostanzialmente ubbidienti. Chi ha un figlio docile tende a considerarsi un bravo educatore, in realtà è solo fortunato».

Non si può generalizzare, ma c’è un consiglio, uno solo, che si sente di dare per scalfire il muro che separa figli adolescenti e genitori?

«È lecito e opportuno utilizzare le “armi convenzionali” per così dire (consiglio, sgridata, punizione, richiami al valore) per evitare che il figlio faccia ciò che danneggia egli stesso, ma fino a un certo punto. È necessario evitare l'accanimento terapeutico che produce solamente tensioni insopportabili nei rapporti. Il genitore deve attraversare un momento veramente difficile: l’accettazione dell’impotenza. Si rende poi necessario un “aggiornamento del software” del dialogo con il figlio che sta crescendo improntato alla responsabilizzazione. Sentendosi meno in colpa di non aver potuto impedire al figlio di fare la cosa sbagliata».


La scheda

Psicologo e psicoterapeuta, Osvaldo Poli vive e lavora in provincia di Mantova. Si occupa principalmente di consulenza rivolta ai genitori, per sostenerli nelle relazioni educative con i figli, e alle coppie, per accompagnarle nella gestione delle relazioni. I temi trattati nascono dalla quotidianità: dall’idea che l’adolescenza non sia una malattia, alla necessità di aggiornare il “software” del dialogo con i figli. È autore di molti libri: “Aiuto, ho un figlio impossibile. Come sono i caratteri difficili e come si gestiscono”, “Mamme che amano troppo. Per non crescere piccoli tiranni e figli bamboccioni”, solo per citarne alcuni.

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