L'incredibile successo dei Krampus, perché piacciono dappertutto
Da tradizione dell’Alto Adige a Krampus-mania in tutto il Nord Est. Andrea Medda, meranese dei Krampus Alfagor: «L’interesse del pubblico è esploso grazie ai video condivisi sui social e il passaparola»

«La tradizione, per restare in vita, deve viaggiare. Non può fermarsi dove è nata: deve attraversare confini, meravigliare chi ancora non la conosce». Con questo spirito il meranese Andrea Medda, assieme al suo gruppo Krampus Alfagor, ha deciso di portar fuori regione una delle tradizioni altoatesine più radicate.
Quando si è formato il gruppo?
«Il Krampus Alfagor è nato nel 2016 nel parterre altoatesino, dove la tradizione è radicata. In Alto Adige i bambini crescono a fianco di questi demoni dispettosi. Negli due ultimi anni abbiamo sentito l’esigenza di farli conoscere a chi non aveva ancora avuto modo d’incontrarli».

Qual è l’origine di queste figure?
«Secondo la leggenda, alcuni giovani contadini, senza provviste per l’inverno, saccheggiarono i vicini mascherandosi con pellicce e corna per non farsi riconoscere. Durante una fuga, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, notarono che tra loro c’era qualcuno con gli zoccoli di capra. Temendo fosse il diavolo, andarono dal vescovo Nicola per farsi esorcizzare. In cambio, lui impose loro un patto: accompagnarlo il giorno seguente a distribuire dolci ai bambini. Per questo, quando si festeggia San Nicolò, i Krampus si trasformano: il 5 sono dispettosi, il 6 affiancano il santo».
Quanti siete nel gruppo?
«Siamo quindici Krampus, il più giovane ha dieci anni. C’è anche una figura femminile, l’angelo nero, che rappresenta la transizione tra bene e male».
Come vengono realizzati i costumi?
«Ogni Krampus si affida a uno scultore per dare forma alla propria maschera in legno di cirmolo. È un pezzo unico, personalizzato e realizzato a mano. Il costume può pesare fino a trenta chili e utilizziamo solo pelli vere di recupero».
Che cosa vi distingue dagli altri gruppi?
«Stile, nome e costumi. Indossiamo le pellicce solo su un lato del costume e ci chiamiamo come un demone noto per essere particolarmente dispettoso».

In quanto tempo si prepara la sfilata?
«Le prove iniziano almeno da inizio estate. È tutto pianificato: movimenti, corse, rotazioni. Niente è affidato all’improvvisazione».
E le famose frustate?
«Le nostre fruste sono code di cavallo, appositamente realizzate per non spaventare né ferire nessuno. In Alto Adige, invece, si utilizzano rami. Ma i Krampus sanno bene chi vuole essere inseguito: i partecipanti si pitturano la faccia di nero per farsi riconoscere. Nessun dispetto è casuale».
Negli ultimi anni c’è stata un’esplosione del fenomeno. Da cosa dipende?
«Dal passaparola e dai social. Portando i Krampus fuori regione, molte persone hanno filmato e condiviso le sfilate negli ultimi due anni. Noi siamo stati gli unici a uscire dall’Alto Adige e ce ne prendiamo il merito».
Cosa attrae il pubblico?
«La possibilità di vedere il gruppo da vicino - dietro le transenne - e scoprire che non siamo violenti come si crede. Le persone non vengono mai sfiorate contro la loro volontà. Tradizionalmente gli altoatesini vivono tre fasi legate ai Krampus: da piccoli ne hanno timore, da adolescenti li sfidano assieme agli amici, da adulti finiscono per impersonarli. È una tradizione che si tramanda di padre in figlio».
Come hanno reagito gli altri gruppi alla vostra scelta di portare la tradizione fuori regione?
«Molti si stupiscono. Ma io faccio sempre lo stesso paragone: se un viticoltore ha un vino buonissimo, non vuole che rimanga confinato nella sua vigna. Vuole farlo conoscere al mondo. È così anche per noi: le tradizioni vivono solo se vengono diffuse».
Le prossime sfilate in programma?
«Vittorio Veneto, Cordenons e Caorle. Siamo stati in Toscana, Emilia Romagna, Sardegna, Germania, Repubblica Ceca. Siamo stati invitati anche negli Stati Uniti, ma le maschere non possono viaggiare in aereo: il legno si danneggerebbe. Ci sposteremo via nave».
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