Intelligenze diverse
L’intelligenza, biologica o artificiale, non è mai assoluta. È legata al contesto in cui si sviluppa e opera


Nel libro presentato nella scorsa rubrica, Nello Cristianini, professore di AI all'Università di Bath, sostiene che l’AI non è semplicemente funzione della potenza di calcolo, ma risultato dell’interazione tra strumenti cognitivi e qualità dell’ambiente in cui essi operano, facendo l’esempio di un filtro antispam.
Per fare un esempio diverso, in un ambito apparentemente lontano come l’esplorazione fisica dello spazio, di tre escursionisti impegnati a orientarsi in una foresta, il primo possiede soltanto una bussola, il secondo una mappa dettagliata, il terzo anche di un drone che offre una visione dall’alto. A parità di capacità, chi ha accesso a più strumenti coglie una porzione più ampia della realtà circostante e si orienta meglio. Eppure, nessuno dispone di una comprensione assoluta: un cambiamento improvviso del paesaggio, la comparsa di nebbia o di ostacoli imprevisti possono mettere in crisi anche l’esploratore meglio equipaggiato.
Sul tema delle intelligenze “diverse” da quelle umane nell’interazione con l’ambiente, Cristianini porta l’esempio del suo gatto. Mutuandolo con altri animali, i cani non hanno certo capacità di capire i teoremi, ma sono molto superiori a noi nel riconoscere odori e agiscono di conseguenza. In fondo, un semplice pipistrello da sempre si orienta con un radar “incorporato” che noi non abbiamo.
L’intelligenza, biologica o artificiale, non è mai assoluta. È legata al contesto in cui si sviluppa e opera. Il pensiero stesso è sempre il prodotto di una relazione tra mente e ambiente: e in questa relazione risiedono contemporaneamente il suo limite e la sua forza.
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