Sclerosi multipla, ecco perché la malattia altera la memoria: il nuovo studio

Uno studio pubblicato su “Brain, Behavior and Immunity” rivela come l’attivazione cronica degli astrociti comprometta memoria e apprendimento nei pazienti con sclerosi multipla. Ecco cosa è stato scoperto 

La redazione
Sclerosi multipla, ecco perché la malattia altera la memoria
Sclerosi multipla, ecco perché la malattia altera la memoria

Un recente studio pubblicato su Brain, Behavior and Immunity ha portato alla luce un meccanismo innovativo che potrebbe spiegare i disturbi cognitivi, in particolare quelli legati alla perdita della memoria nei pazienti affetti da sclerosi multipla (SM).

La ricerca, condotta dal neuroscienziato spagnolo Andrés Mateo Baraibar Sierra in collaborazione con team francesi e statunitensi, è stata premiata dalla Fondazione Francesco della Valle in occasione della Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla.

Astrociti: da comparse a protagonisti nella SM

Tradizionalmente, la SM è stata associata alla demielinizzazione, ovvero alla perdita della guaina mielinica che protegge le fibre nervose, compromettendo la trasmissione degli impulsi nervosi.

Questo studio evidenzia il ruolo cruciale degli astrociti, cellule gliali precedentemente considerate secondarie, nel declino cognitivo associato alla malattia.

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In condizioni di infiammazione cronica, gli astrociti diventano iperattivi, disturbando la comunicazione tra neuroni e alterando i meccanismi di plasticità sinaptica fondamentali per l'apprendimento e la memoria. 

Implicazioni terapeutiche e nuove prospettive

l professor Sabatino Maione dell'Università Vanvitelli sottolinea l'importanza di questa scoperta, affermando che comprendere il ruolo degli astrociti apre la strada a trattamenti mirati per proteggere le funzioni cognitive anche nelle fasi precoci della malattia.

In Italia, circa 137.000 persone convivono con la SM, e oltre il 50% di esse soffre di disturbi cognitivi spesso trascurati.

Riconoscimento e impegno nella ricerca

Il premio assegnato dalla Fondazione Francesco della Valle non è solo un riconoscimento accademico. È il segno di una scienza che vuole farsi comunità, che crede nei giovani ricercatori e che investe in ciò che non è ancora protocollo, ma potrebbe diventarlo.

«Tenere vivo il patrimonio immateriale di idee di Francesco della Valle, innovatore e pioniere dell’industria farmaceutica italiana, significa dare valore a scoperte come questa, che possono cambiare la traiettoria della malattia», ha sottolineato la Fondazione in una nota.

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