Lotta allo spreco alimentare: i più virtuosi? I nativi digitali
L’intervento del professor Andrea Segrè anticipa i contenuti dell’indagine Waste Watcher International, illustrata a Roma, in occasione dell’evento promosso dalla campagna pubblica Spreco Zero, in vista della 6^ Giornata mondiale di consapevolezza delle perdite e sprechi alimentari (29 settembre)

A dieci anni dall’adozione dell’Agenda Onu 2030 e a nove dalla approvazione della legge Gadda, l’Italia resta sopra la media europea nello spreco alimentare. Questo, in sintesi, emerge dal nuovo Rapporto Waste Watcher International 2025 che presentiamo a Roma, alle istituzioni internazionali e ai principali attori della filiera agroalimentare del nostro Paese in occasione della sesta Giornata mondiale di consapevolezza su perdite e sprechi alimentari.
Il quadro è in chiaroscuro: dal 2015 a oggi lo spreco settimanale è sceso da 650 a 555,8 grammi pro capite, pari a quasi 100 grammi in meno (i grammi a settimana sono la metrica utilizzata per stimare lo spreco). Un miglioramento, certo, ma lontano dal traguardo fissato dall’Agenda Onu al 2030, che richiederebbe di arrivare a 369,7 grammi settimanali.

Fonte: Waste Watcher International Observatory -Università di Bologna
Oltretutto i 555,8 grammi di cibo a settimana sprecato significano oltre 1,7 milioni di tonnellate/anno, pari a 3,4 miliardi di pasti da 500 grammi. Basterebbero a sfamare più di tre milioni di persone, cioè due terzi degli italiani in povertà e insicurezza alimentare.
Qualche dato: il rapporto segnala forti divari interni. Si spreca meno al Centro Italia (490,6 g) e al Nord (515,2 g), mentre al Sud il dato sale a 628,6 g. Più virtuose le famiglie con figli (–17% rispetto a quelle senza) e i residenti nei grandi comuni (–9%). Nella classifica degli alimenti più gettati compaiono frutta fresca (22,9 g), verdura (21,5 g), pane (19,5 g), insalata (18,4 g) e tuberi (16,9 g). Solo il 4% degli italiani ammette di non cucinare perché non ama farlo.
Il 2025 è segnato da conflitti in Ucraina e Medio Oriente, dazi e crisi climatica. Più di un italiano su tre (37%) dichiara di puntare sui prodotti Made in Italy come risposta a un contesto instabile. Due su tre (66%) mantengono alta l’attenzione all’ambiente, e uno su due valuta con più cura l’impatto ambientale dei prodotti acquistati. Temperature anomale e ondate di calore hanno spinto molti a consumare prima i cibi più deperibili (45%) o a preferire prodotti a lunga conservazione (19%).
Il focus del Rapporto è sulla Generazione Z: circa 9 milioni di italiani nativi digitali che mostrano comportamenti virtuosi rispetto alla media. Riutilizzano gli avanzi con ricette online (+10%), portano a casa ciò che resta dai pasti (+6%), condividono il cibo (+5%), comprano frutta e verdura di stagione (+2%) e sono più attenti all’impatto ambientale (+2%). La loro forza è la creatività digitale, capace di attivare reti e relazioni che riducono lo spreco e ispirano altre generazioni.
Spreco e perdite alimentari non sono solo un problema etico e sociale, hanno un impatto devastante sull’ambiente: a livello globale si sprecano 1,05 miliardi di tonnellate di cibo l’anno, un terzo della produzione, responsabile del 10% delle emissioni di gas serra e del consumo del 28% dei terreni agricoli. Il 28% dei terreni agricoli, pari a 1,4 miliardi di ettari, viene così utilizzato per produrre cibo che non verrà mai mangiato. È una superficie pari a 4 volte l’intera Ue. E un quarto dell’acqua dolce utilizzata in agricoltura viene sprecato nella produzione di alimenti che finiranno nella spazzatura: si tratta di circa 250 km³ di acqua, equivalente del fabbisogno idrico annuo dell’intera popolazione mondiale.
In questo contesto, la nuova direttiva Ue approvata il 9 settembre 2025 ha deluso le aspettative: prevede un taglio del 10% nello spreco della trasformazione/manifattura e del 30% nei consumi finali (retail, ristorazione, famiglie). Obiettivi meno ambiziosi di quelli dell’Agenda Onu, che chiede una riduzione del 50% entro il 2030.
L’Italia, con i suoi 555,8 grammi settimanali, resta sopra la media europea (Francia 459,9 g, Spagna 446,5 g, Germania 512,9 g).
La sfida è passare da azioni individuali a trasformazioni strutturali. Un esempio è lo Sprecometro, app sviluppata dall’Università di Bologna e Waste Watcher, che aiuta a monitorare lo spreco domestico e offre consigli di educazione alimentare. Con oltre 21 mila utenti, ha già registrato 40 tonnellate di cibo sprecato, pari a 80 mila pasti, dimostrando come la tecnologia possa trasformarsi in strumento di consapevolezza e cambiamento.
Il Rapporto si chiude con un monito: lo spreco alimentare non è solo un problema economico o etico, ma un nodo cruciale di sostenibilità ambientale e sociale. Nel decennale dell’Agenda 2030, l’Italia migliora ma non abbastanza: serve accelerare per non trasformare l’obiettivo “spreco zero” in un traguardo mancato.
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