Sara diventa mamma dopo il trapianto di cuore: «Ho sempre sognato di avere un figlio»

Trentacinque anni abruzzese, il suo è il primo caso di questo tipo in Veneto. A Padova opera un centro specializzato per la gravidanza a rischio e la diagnosi prenatale

Simonetta Zanetti
Sara con Elia, il dg Dal Ben e una parte dell'équipe che l'ha seguita
Sara con Elia, il dg Dal Ben e una parte dell'équipe che l'ha seguita

Elia gorgheggia inconsapevole mentre la sua mamma racconta di come la scienza abbia riscritto una storia che non aveva previsto un capitolo per lui. A causa del suo cuore malato, infatti, Sara Rosati, 35 anni, abruzzese, non poteva avere figli. Di più: a un certo punto le sue condizioni erano diventate così gravi da richiedere un trapianto.

Elia primo in Veneto

Elia, nato lo scorso 6 maggio in Azienda Ospedale Università, è quindi figlio di una rinascita, primo bimbo in Veneto nato da una madre cardiotrapiantata. «Quando l’ho visto appena nato, ho gioito del fatto che fosse vivo e sano, mi sono tolta un bel pensiero. La mia, infatti, stata una gravidanza consapevole, in cui ho avuto paura ogni istante che qualcosa potesse andare storto, che i farmaci che prendevo potessero avere effetti sul bambino» racconta Sara. Al suo fianco, ma sempre un passo indietro, papà Emanuele ninna nella carrozzina il piccolo Elia avvolto in una tutina bianca e blu, molto più interessato al suo ciuccio che al gran parlare che si fa di lui: «È un bimbo pacifico» conferma il padre con un sorriso che riluce d’amore.

Padova, nasce Elia: è il primo figlio di una mamma cardiotrapiantata all’Ospedale Universitario

La scoperta del problema cardiaco

La storia di Sara prende una curva dolorosa quando, ventenne, casualmente scopre di avere un problema cardiaco: «È stata una doccia fredda» ricorda. La diagnosi è spietata: «Displasia aritmogena del ventricolo destro» racconta «una patologia che se non viene scoperta può causare morte improvvisa».

Dall’Abruzzo viene indirizzata alla Cardiologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova, in cura dalla professoressa Bauce e dalla dottoressa Rigato: «Qui c’è anche uno studio specifico per il mio problema» sostiene.

La vita di Sara procede – le nozze risalgono al 2018 – anche se in quelle condizioni di avere un bimbo proprio non se ne parla. Poi un giorno le cose peggiorano: «Improvvisamente, ho iniziato a gonfiarmi» rivela «non riuscivo a stare meglio».

Sara finisce in lista per un trapianto: «Mi hanno spiegato che, essendo io giovane, avrebbero avuto cura di cercare un organo che mi permettesse una qualità di vita migliore e così è stato».

L’attesa dura 10 mesi, racconta surfando tra le emozioni senza mai lasciarsi inghiottire: «Un appuntamento per cui mi sono preparata moltissimo. Avevo la valigia pronta, mi ero cronometrata per la doccia e quando ho ricevuto la telefonata ero l’unica tranquilla perché estremamente consapevole di quello che stavo facendo, compreso il rischio che le cose potessero non andare bene».

Il trapianto, assicura il professor Gerosa «è la miglior terapia per il paziente con scompenso cardiaco terminale non responsivo ai farmaci. A 10 anni dall’intervento il 55% dei pazienti è in vita e il 92% dopo un anno è tornato all’attività lavorativa e relazionale».

Il trapianto nel 2022

È il 28 giugno 2022 quando per Sara inizia una nuova vita in cui coltivare il germoglio di un figlio: «A pochi giorni dal mio compleanno ho ricevuto il dono di un cuore» prosegue «sono entrata in sala operatoria con la speranza che andasse tutto bene. Sapevano tutti che desideravo diventare mamma e che senza trapianto questo non sarebbe potuto succedere».

Mentre parla il suo sguardo abbraccia il professor Gino Gerosa che guida l’equipe della Cardiochirugia che l’ha condotta per mano verso una nuova speranza, la dottoressa Paola Veronese che con il suo team di Ostetricia e Ginecologia ha supportato il suo desiderio di diventare madre, il dottor Demetrio Pittarello, responsabile del Centro Trapianti e il dottor Giuseppe Dal Ben, direttore dell’Azienda Ospedale Università: «Sono stata fortunata, un posto migliore di Padova per questo non c’è» sostiene «so che per altri, che hanno affrontato un percorso altrove, non è stata la stessa cosa».

Un pensiero speciale va alla famiglia del donatore: «Li ringrazio molto perché in un momento così difficile può essere una decisione molto ostica da prendere, ma è una scelta che dà la possibilità di una nuova vita a chi riceve un dono che, altrimenti, andrebbe perso. Spero che siano felici di sapere che sto bene e che la donazione non solo salva una vita ma, in alcuni casi permette di darne alla luce un’altra vita».

La maternità

Dopo il trapianto, Sara ha continuato a farsi seguire a Padova: «Ci siamo incontrate prima della gravidanza che abbiamo preparato con la modulazione dei farmaci, sapendo che dopo il trapianto bisogna attender almeno un anno per l’alto rischio di rigetto» spiega la dottoressa Veronese «durante queste gravidanze c’è il rischio di complicanze legate sia all’organo trapiantato che alla riattivazione di alcuni virus come il citomegalovirus, di preeclampsia, restrizione della crescita fetale e rischio di nascita prematura».

Tuttavia Sara porta a termine la gravidanza senza complicazioni – «sono sempre stata bene» – l’idea è di indurre il parto, ma alla fine Elia fa una “capriola” nell’utero e nasce con il cesareo. Di sicuro resterà figlio unico: «Va bene avere coraggio ma ci vuole anche consapevolezza» conclude Sara «durante la gravidanza ho interrotto la terapia immunosoppressiva e fortunatamente è andato tutto bene. È bello dare una nuova vita ma è giusto rispettare l’organo che si è ricevuto in dono».

 A Padova  il centro per la gravidanza a rischio

 

Sono 2.821 i bambini nati nel 2024 in Azienda Ospedale Università di Padova, 200 in più rispetto all’anno precedente. Numeri in controtendenza rispetto a quanto accade nel resto del Veneto, anche se la spiegazione è presto trovata: in via Giustiniani ha sede il Centro specializzato per la gravidanza a rischio e la diagnosi prenatale, punto di riferimento a livello regionale.

Qui pertanto, vengono dirottati tutti i casi complessi e a rischio sia per la mamma che per il nascituro. Non a caso, lo scorso anno sono nati 83 grandi prematuri e 60 bimbi con cardiopatia fetale, dieci in più rispetto all’anno precedente.

Ancora, dal 2023 sono una sessantina le mamme con cardiopatia congenita assistite. L’Uoc Ostetricia e Ginecologia diretta, nel ruolo di facente funzioni, dalla dottoressa Paola Veronese si occupa, infatti, di patologie internistiche e oncologiche, malformazioni, poliabortività, parto pretermine, gravidanze gemellari e morte endouterina.

Dispone di una rete di quattro ambulatori specialistici e di quattro ambulatori integrati. Nel 2024 ha seguito 4 mila pazienti e nei primi sei mesi del 2025 ne ha presi in carico già 1.700.

Per le pazienti cardiotrapiantate c’è un’équipe multidisciplinare: sono donne ad alto rischio di complicanze materne severe, di complicanze ipertensive, di parto pretermine e di basso peso alla nascita. Necessitano di counseling preconcezionale, di gestione degli immunosoppressori, di sorveglianza della corretta funzione del cuore, per cui è sempre necessario un percorso di cura individualizzato.

Qui, in collaborazione con lo Iov, negli ultimi mesi tre pazienti oncologiche hanno dato alla luce altrettanti bambini sani. In particolare, una di loro con un tumore al retto al terzo stadio trattata con immunoterapia è andata in remissione e ha partorito con un cesareo. «Dal 2014 siamo Centro di riferimento regionale, cosa che ci ha portato ad avere numeri in continua crescita» conferma Veronese «questa è la sala parto più grande del Veneto e il nostro fiore all’occhiello è il lavoro multidisciplinare e una rete fitta tessuta con il territorio».

Nel futuro dell’Unità operativa un Master di secondo livello in Medicina materno-fetale, teleconsulto per la diagnosi prenatale e una collaborazione con il Cuamm. —

 

 

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