Suicidi in carcere, il ministro Nordio: «Aumenteremo i fondi per il sostegno psicologico ai detenuti»
Il ministro Nordio dopo il suicidio di un diciassettenne nel carcere minorile di Treviso: «Sovraffollamento? In alcuni casi i compagni di cella hanno impedito tragedie»

È trascorsa quasi una settimana dal dramma che si è consumato all’interno del centro di prima accoglienza del carcere minorile di Treviso.
Il diciassettenne Danilo Riha si è spento al Ca’ Foncello dove era stato trasportato d’emergenza a seguito del tentato suicidio. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio rilancia la necessità di un cambio di rotta: il sostegno psicologico sarà il perno su cui costruire un nuovo equilibrio. «Abbiamo già stanziato», annuncia, «e stanzieremo risorse importanti».
I dati registrati nel carcere minorile di Treviso sono particolarmente allarmanti. Sono in previsione interventi specifici?
«Abbiamo ereditato una situazione sedimentatasi nei decenni. Stiamo ponendovi rimedio. Con un lavoro assiduo, compiuto con il determinante contributo del sottosegretario Andrea Ostellari, pochi giorni fa abbiamo inaugurato, alla presenza anche del sottosegretario Andrea Del Mastro, l’ apertura del carcere dell’Aquila. Entro la fine dell’anno apriremo il carcere di Rovigo che assorbirà Treviso e, contemporaneamente, apriremo Lecce. Cento posti in più, con un lavoro di squadra di tutto il ministero».
Molti suicidi avvengono tra detenuti ancora in attesa di giudizio. Ritiene che si possa intervenire ulteriormente sulla disciplina della custodia cautelare in carcere?
«Sì. Intanto tra poco entrerà in vigore la norma per cui l’ordinanza di custodia cautelare dev’essere collegiale. Tanto per intenderci, a Milano sono state arrestate persone che poi sono state liberate dal tribunale del riesame. Con la nostra riforma il tribunale interverrà prima e quindi saranno evitate carcerazioni ingiustificate. Poi stiamo lavorando in modo più organico su una riforma globale: oggi il 15 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, e buona parte di questi alla fine viene assolta. Oltre a ridurre il sovraffollamento, la prossima riforma eviterà dolori e tragedie di molti innocenti».
Esiste una correlazione tra il sovraffollamento carcerario e l’aumento dei suicidi?
«No, son due problemi gravi, ma non connessi. Anzi, paradossalmente il sovraffollamento costituisce una forma di controllo e alcuni tentativi di suicidio sono stati sventati proprio dai compagni di cella».
Le statistiche mostrano che la maggior parte dei suicidi riguarda uomini tra i 20 e i 39 anni, spesso di nazionalità non italiana.
«È la solitudine che porta al suicidio, ma soprattutto sono la mancanza di speranza e l’incertezza del domani. Molti si uccidono proprio quando è imminente la loro liberazione. In questo senso il sostegno psicologico è essenziale. Abbiamo stanziato risorse importanti. Certo la lontananza da casa e l’inserimento repentino in un ambiente diverso provocano spesso pericolose depressioni».
Oltre al potenziamento del supporto psicologico, quali altre iniziative intende promuovere per contenere e prevenire il fenomeno dei suicidi in carcere? Potrebbe essere utile introdurre o rafforzare figure di ausilio immediato contestualmente alla carcerazione?
«Il supporto psicologico è fondamentale. Abbiamo già stanziato e stiamo stanziando risorse importanti in questo settore, ma occorre anche affrontare il problema del sovraffollamento benché, come ho detto, non sia correlato direttamente ai suicidi. Ad esempio contiamo sulla liberazione anticipata di chi potenzialmente ne avrebbe già diritto e sulla detenzione in comunità di molti tossicodipendenti. Sono situazioni che coinvolgono migliaia di detenuti».
Qual è la sua posizione in merito all’esposto presentato dai Radicali?
«Trovo paradossale che un partito che si è sempre battuto contro le interferenze della magistratura nella sfera politica si rivolga alle procure per fare un esposto altrettanto bizzarro. Perché il reato di istigazione al suicido, che mi sarebbe addebitato, è procedibile d’ ufficio. Ora, poiché negli ultimi decenni i suicidi in carcere sono stati purtroppo numerosi, si sarebbero dovuti indagare tutti i ministri della giustizia. E poiché questo non è avvenuto, dovremmo, a rigor di logica, ritenere responsabili di omissione di atti d’ufficio i pm che sono stati inerti. Fantascienza».
Viene spesso accusato di mostrare scarsa sensibilità verso il tema dei suicidi in carcere eppure ha raccontato che il suicidio di un indagato nel 1995 l’ha portata a cambiare opinione sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri.
«Io sono stato accusato di un sacco di scelleratezze e sono certo che altre contumelie arriveranno. Siamo alla vigilia della più importante riforma della giustizia dai tempi della fondazione della Repubblica e quindi me le aspettavo. Nessun problema. Andremo avanti con maggiore determinazione». —
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