Fedriga e il bivio della politica: quando il potere logora anche chi ce l’ha
Duro scontro nel centrodestra sulla Sanità e sul terzo mandato. Il presidente valuta se rilanciare l’alleanza o andare al voto. In ballo la tenuta della coalizione fino al 2028


Imparano oggi, da una crisi aperta ufficialmente, a conoscersi davvero gli alleati della coalizione di centrodestra. Perché è attorno alla gestione del potere, una prova muscolare, che si sta giocando il futuro amministrativo della Regione.
La convivenza era da tempo diventata insostenibile. Non tanto per i rapporti tra gli assessori della giunta Fedriga, quanto per i venti che soffiano a intermittenza da Pordenone su piazza Unità a Trieste.
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Venerdì la riunione di giunta è stata tesissima dopo le parole del ministro Ciriani contro la Sanità regionale. Nel weekend le segreterie di partito del centrodestra hanno avviato un serrato confronto per capire e valutare se è il caso di andare avanti o meno. In più di un’occasione Luca e Alessandro Ciriani hanno preso di mira la giunta regionale, in particolare su due temi che scaldano il dibattito politico.
Uno è il terzo mandato, auspicato dal presidente e dalla Lega. Non è un mistero che Fedriga voglia presentarsi per la terza volta agli elettori del Friuli Venezia Giulia. Ma da quando ha cominciato a governare, sette anni fa, il partito di Giorgia Meloni ha moltiplicato i consensi e ora chiede la guida delle Regioni.
Il caso terzo mandato ha condizionato il confronto politico nel vicino Veneto con Luca Zaia, in Campania con Vincenzo De Luca, nella Provincia autonoma di Trento con Maurizio Fugatti. E proprio a Trento, dove la legge elettorale è competenza dell’ente autonomo, come in Friuli Venezia Giulia, è stata da poco approvata la norma sulla possibile terza elezione.
Oggi il governo deciderà se impugnare quella legge e sarà un chiaro segnale anche per Fedriga che ha preso tempo fino a martedì per decidere come indirizzare la crisi, dopo che a Venezia, al Festival delle Regioni, avrà incontrato la premier Meloni.
Il secondo tema è il pretesto del ministro Ciriani di attaccare il direttore dell’azienda ospedaliera di Pordenone, Tonutti, colpevole di aver inaugurato «per finta» il nuovo ospedale.
Chi segue la politica regionale ha colto che il bersaglio dell’esponente di governo non era lui. I direttori delle aziende ospedaliere sono scelti e nominati dal presidente e dall’assessore alla Salute Riccardi e da tempo per Fratelli d’Italia la sanità regionale è da riprogettare. In particolare, quella del Pordenonese. E allora l’attacco al direttore Tonutti è diventato la miccia che ha innescato la crisi. Di fronte a nuove dichiarazioni così forti, il presidente non ha potuto più far finta di non sentire il malessere che cova nel centrodestra.
È un gioco di potere su più piani. C’è già chi guarda alle regionali del 2028 e vorrebbe esserne il leader. Ma non si può non vedere il braccio di ferro dentro Fratelli d’Italia. Le dichiarazioni politiche del segretario regionale Walter Rizzetto sono volte a rasserenare, ma è una posizione concordata con i Ciriani rimasti in silenzio dopo che si è alzato il polverone?
Il governatore Massimiliano Fedriga si trova ora di fronte a un bivio: cedere alle ambizioni, legittime, direbbe qualcuno, di Fratelli d’Italia, socio di maggioranza nel governo del Paese, ma di minoranza in Friuli Venezia Giulia, oppure far valere la sua forza, quella che, il presidente lo ripete in ogni occasione utile, gli è stata data dai cittadini-elettori fin dal 2018.
Un confronto deciso che, va da sé, si esercita anche a livello nazionale, forse di più, mentre in regione per la prima volta Fedriga fa i conti con un contendente vero, gagliardo, che vuole dismettere i panni del gregario per diventare protagonista.
È gestione del potere, dunque. Chi la spunterà fra alleati (o ex) è difficile da dire oggi. Fedriga ha in mano le deleghe e potrebbe rimescolare il mazzo, a questo punto affidando la Sanità a un uomo di Fratelli d’Italia? Un rimpasto potrebbe essere la strada meno pericolosa.
Diversamente, e come già ventilato, il presidente potrebbe preferire di presentarsi in consiglio regionale per il voto di sfiducia e tornare alle elezioni. E potrebbe correre non essendo ancora maturato metà mandato. Sarebbe un’alleanza senza Fratelli d’Italia. E aprirebbe scenari inediti lasciando decidere alle urne chi aveva torto o ragione.
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