Beatrice Venezi alla Fenice, perché è diventato (anche) un caso politico
Venezia, i lavoratori in assemblea generale schierati con gli orchestrali: «Così si distrugge la storia del teatro, come direttrice musicale designata non garantisce né qualità né prestigio internazionale». Chiesta la revoca dell’incarico. Il sovrintendente: «Porterà i giovani»

La platea del Teatro La Fenice di Venezia è quasi interamente occupata dai lavoratori in assemblea generale. La tensione è palpabile, c’è chi alza la voce, chi applaude annuendo, chi mangia nervosamente un mandarino e borbotta che così non si può andare avanti, che «sono stati distrutti 25 anni di teatro».
L’indomani dell’assemblea degli orchestrali, anche gli altri lavoratori del teatro hanno appoggiato all’unanimità la lettera aperta in cui professoresse e professori d’orchestra hanno dichiarato che Venezi «Non garantisce né qualità né prestigio internazionale» e in cui hanno chiesto la revoca dell’incarico. Unanime, di conseguenza, anche l’appoggio alla sfiducia del sovrintendente Nicola Colabianchi.
Sfiducia e agitazione
«La sfiducia non esiste come istituto nel nostro regolamento», chiariscono i sindacati nel teatro gremito, «ma è un gesto simbolico». Un gesto in cui credono, puntando il dito contro la mancanza di chiarezza e trasparenza, contro una nomina che, dicono, è impossibile da digerire. Orchestrali, coristi, maschere: non importa quale sia la mansione, tutti sono concordi nel considerare inaccettabile la nomina e chiedono l’immediata revoca. Per questo, l’assemblea ha deciso di proclamare lo stato di agitazione. Ma è solo il primo step di una partita molto più ampia, che ha al centro «la dignità del teatro, la professionalità degli artisti e la democrazia della gestione».
Non solo una questione politica
La vicinanza e l’amicizia della direttrice Beatrice Venezi a FdI, e quindi alla premier Meloni, per i lavoratori non è l’unico motivo alla base delle proteste. A prevalere è il discorso legato alla preparazione professionale, ai requisiti che mancano. D’altronde, gli orchestrali avevano già fatto notare a Colabianchi che Beatrice Venezi non ha mai diretto né un titolo d’opera né un concerto sinfonico pubblico in cartellone alla Fenice. Nessuna direzione nei principali teatri d’opera internazionali, né nei più importanti festival del panorama musicale mondiale. E, allora, tutti si pongono la stessa domanda: perché?
«Si tratta», spiega Nicola Atalmi, segretario generale Slc Cgil del Veneto, «di un’operazione che si iscrive nell’idea di Venezia come Disneyland. Ecco, quindi, che alla Fenice non importa tanto della bravura del direttore, ma i like su Instagram. È un attacco profondo alla cultura e alla città di Venezia», conclude, ottenendo uno scroscio di applausi.
Procedura lampo
Oltre alla preparazione, i lavoratori hanno contestato fin dall’inizio la nomina-lampo, senza alcun confronto da parte del sovrintendente. Ora, chiedono che con la stessa velocità, Venezi venga rimossa dall’incarico. «Con la rapidità con cui è stata nominata, dev’essere anche revocata», dice un lavoratore durante l’assemblea. Nell’aria, c’è urgenza. Urgenza nella revoca, ma anche nella mobilitazione. Cosa che fa discutere, a tratti anche spaccare l’assemblea, con una parte che vorrebbe scioperare subito, già domani, mentre altri propendono per il 17 ottobre, in occasione della prima di Wozzeck, opera che coinvolgerà molti più dipendenti della Fenice.
La solidarietà del mondo culturale
Per un orchestrale, la nomina di Venezi è «Lo strafalcione più strafalcione della cultura italiana» e, di conseguenza, non riguarda solo la Fenice, ma tutto il mondo culturale italiano. Tant’è che la delegazione Rsu del Teatro Regio di Torino ha espresso piena solidarietà ai lavoratori della Fenice e si è espressa contro la politicizzazione unilaterale dei teatri pubblici.
«È inaccettabile», scrivono, «che le Fondazioni Lirico-Sinfoniche, da anni animate da proclami di “neutralità” e “apoliticità” , si rivelino invece permeabili agli interessi dei partiti e a logiche di visibilità mediatica». In assemblea, si è parlato di chat infuocate tra i lavoratori della Scala di Milano, da cui presto potrebbe arrivare una manifestazione concreta di solidarietà.
Il caso politico
I rapporti di amicizia di Venezi con la premier Meloni sono noti, così come la vicinanza politica della direttrice d’orchestra a Fratelli d’Italia. Nel gennaio del 2024 la stessa Meloni parlò per la prima volta di «amichettismo», e lo fece (come ricorda il Post) durante un’intervista a Quarta Repubblica, il programma di Rete 4 condotto da Nicola Porro. In quell’occasione la presidente del Consiglio disse che l’Italia è una nazione in cui «vige l’amichettismo», e riferì questa pratica soprattutto alla sinistra che usa scegliere «tra circoli di amichettisti» le persone da indicare per cariche importanti. «Avviso ai naviganti: il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del PD fa punteggio è finito», disse Meloni.
Sulla vignetta satirica che vedete qui sotto, firmata da Degheius (Andrea Gastaldon) si sono scatenati sia i detrattori di Venezi (con critiche sulla mancanza di requisiti ma anche sull’amichettismo di centodestra, per l’appunto) cui hanno fatto da contrappeso i sostenitori della teoria del “fastidio inverso”, così sintetizzabile: ora che lo fanno gli altri non va bene, ma è esattamente quello che voi (inteso come centrosinistra) avete sempre fatto. Oppure, sono tutte critiche immotivate e pretestuose “solo perché è giovane, brava ma di destra”. Potete leggere le centinaia di commenti sotto a questo post della pagina facebook della Nuova Venezia.
Colabianchi difende la scelta

Nicola Colabianchi, sovrintendente del Teatro La Fenice, durante l’assemblea generale è stato sfiduciato dai lavoratori. Una doccia fredda?
«È stata tratteggiata solo nella lettera dell’orchestra dell’altro giorno, non mi risulta che gli altri l’abbiano sposata».
La lettera è stata appoggiata all’unanimità e in toto da parte di tutti, sfiducia compresa.
«È solo un gesto simbolico, non esiste alcun istituto nel regolamento».
Un simbolo con cui, però, i dipendenti esprimono tutto il loro malumore rispetto alla nomina della direttrice Beatrice Venezi. Si aspettava questa mobilitazione?
«Assolutamente no. Avevo l’intenzione di consultare i dipendenti, ma poi sono uscite sulla stampa le prime indiscrezioni e la risonanza mediatica è stata fin da subito importante, così sono andato avanti con la nomina per evitare che si ventilassero interferenze politiche».
Venezi è una scelta sua o della premier Meloni?
«Mia».
Alla luce delle mobilitazioni annunciate, tra picchetti e scioperi, è pentito di averla nominata?
«No, per niente».
Lascerà leggere il comunicato sindacale, stasera, a inizio concerto?
«Dipende dal contenuto, è sempre da valutare».
Perché Venezi è la persona giusta per dirigere l’orchestra della Fenice?
«È un personaggio pubblico molto noto, ho ritenuto che le sue capacità professionali e la sua presenza potessero essere un valore aggiunto».
Cosa può dare Venezi alla Fenice?
«È giovane e donna, quindi rappresenta una novità nel panorama internazionale, cosa che dà visibilità. Viviamo in un mondo che si rinnova molto velocemente e dobbiamo stare al passo».
I dipendenti contestano la preparazione professionale della nuova direttrice.
«Sicuramente un direttore di 70 anni avrebbe avuto un bagaglio diverso, ma non l’appeal di Venezi. E noi dobbiamo saperci rinnovare e dare un nuovo respiro al teatro, anche e soprattutto per intercettare i giovani».
Ha mai lavorato con Venezi?
«Sì, l’ho conosciuta quando ero al Teatro Lirico di Cagliari e ho avuto modo di valutarla sotto il profilo artistico».
Lì come era stata accolta?
«Benissimo, non c’era stato alcun problema».
Quindi il problema è dei lavoratori della Fenice?
«Sicuramente non posso non considerare questo aspetto, il fatto che a Cagliari non ci fosse stata alcuna contestazione».
Però, il Teatro Regio di Torino si è schierato con i dipendenti della Fenice e pare che anche i colleghi della Scala di Milano siano della stessa opinione. Quindi le istanze sembrano essere condivise da alcune delle più importanti istituzioni culturali italiane.
«Non so che aggettivo usare, mi sembra semplicemente solidarietà tra lavoratori. E mi chiedo anche come mai in altri teatri non sia successo e nessuno abbia avuto nulla da dire rispetto a Venezi».
Ha trovato una risposta?
«È il nostro tempo, che dobbiamo saper analizzare, per quanto complesso. Una notizia può creare attenzioni straordinarie, come è successo in questo caso».
Riproduzione riservata © il Nord Est