Vučić accelera sul riarmo della Serbia e vuole caccia francesi e droni kamikaze

L’annuncio alla fiera del settore ad Abu Dhabi. «Investiremo somme enormi nel settore bellico»

Stefano Giantin

Se vuoi la pace, preparati alla guerra. Sembra essere questo lo slogan che va per la maggiore tra le classi dirigenti di mezzo mondo, Balcani inclusi. E la Serbia non fa eccezione. Anzi, si candida come Paese apripista per il riarmo nella regione.

Lo confermano le mosse e le dichiarazioni del presidente serbo Vučić, vero burattinaio della politica a Belgrado, in questi giorni in trasferta ad Abu Dhabi, dove si tiene “Idex 2023”, grandiosa fiera degli armamenti frequentatissima da leader di mezzo mondo, produttori e venditori di armi. E proprio da Abu Dhabi Vučić ha dettato la rotta, promettendo che la Serbia accelererà sulla modernizzazione delle proprie forze armate, un processo avviato negli ultimi anni, diffondendo preoccupazione nei Paesi vicini e in una regione dove il ricordo dei conflitti degli Anni Novanta è ancora vivo.

Tempi lontani, ma anche il presente e il prossimo futuro richiedono un esercito «molto più forte» di quello attuale, anche se già oggi la consistenza e la qualità dei militari serbi «è incomparabile rispetto al passato», ha dichiarato Vučić alla Idex. Bisogna però fare di più, la filosofia di Belgrado, «investendo somme enormi nell’industria bellica e nell’esercito» con l’obiettivo di «innalzarne le capacità funzionali e operative», ha aggiunto il leader serbo. Parole che dovrebbero tradursi presto in fatti – con implicazioni importanti anche sul complicato e assai instabile scacchiere geopolitico internazionale. La “lista della spesa” per il riarmo serbo, infatti, è lunga – ma non dovrebbe più includere armamenti o aerei “made in Russia” o in Cina, come in passato, bensì prodotti europeo e di Paesi arabi. «Se non abbiamo un’aviazione militare non possiamo sopravvivere» come nazione, ha specificato così Vučić.

Aviazione che dovrebbe essere così rinforzata non più con vecchi Mig riadattati da Russia e Bielorussia, nella cornice delle vecchie alleanze, bensì con moderni Rafale francesi, un possibile investimento da «oltre tre miliardi di euro», ha svelato il presidente del Paese balcanico. Non è finita. Ieri, sempre il presidente serbo ha dato notizia della possibile imminente firma, nel giro di qualche giorno, di un massiccio contratto per l’acquisto di «droni kamikaze» prodotti negli Emirati, che potrebbero essere consegnati nelle mani dell’esercito serbo «nel giro di cinque-sei mesi». E ancora, Belgrado mira pure ad acquistare almeno duecento nuovi mezzi pesanti, tra cui blindati e carri armati, nel giro dell’anno in corso e del 2024, con una spesa di circa 300 milioni di euro, che andranno a sostenere la comunque già florida industria militare serba – perché da lì dovrebbero uscire i nuovi tank. Mezzi che, per essere utili, devono poter contare su personale addestrato. Da qui l’appello di Vučić ai giovani serbi ad arruolarsi, in particolare nelle forze speciali, che dovrebbero essere a breve rafforzate con altri 5 mila uomini. Che dovrebbero ricevere stipendi a inizio carriera di quasi 1.800 euro, più di quanto oggi è previsto per il capo di stato maggiore a Belgrado, per non parlare di medici o insegnanti.

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