La Serbia diserta il vertice europeo: «L’Ue snobba le nostre riforme»

Il presidente Vučić non si presenta al summit dei paesi balcanici dopo le critiche della Commissione europea

Stefano Giantin
Von der Leyen e Costa con Osmani (Kosovo), Rama (Albania) e Orban (Ungheria) al vertice
Von der Leyen e Costa con Osmani (Kosovo), Rama (Albania) e Orban (Ungheria) al vertice

Un vero e proprio schiaffo che, malgrado precisazioni e puntualizzazioni, rischia di allontanare ancora di più la Serbia da quell’Unione europea a cui afferma di aspirare. È una delle possibili letture della controversa mossa del presidente Aleksander Vučić, che ha snobbato per protesta l’importante summit Ue-Balcani occidentali, tenutosi mercoledì sera a Bruxelles.

Nella capitale belga erano convenuti tutti i leader dei Balcani occidentali, accolti dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, dal presidente del Consiglio europeo Antonio Costa e dall’Alto rappresentante agli Esteri Kaja Kallas.

Al vertice c’era tuttavia un convitato di pietra: proprio Vučić, grande assente, secondo analisti ed esperti per “ripicca” contro l’ormai totale stallo del percorso d’adesione di Belgrado. Stallo, ricordiamo, che è stato suggellato dall’ennesimo rifiuto europeo all’apertura, nei negoziati con la Serbia, del cosiddetto cluster 3, quello sulla competitività. A irrigidire le autorità di Belgrado potrebbero essere state anche le critiche sullo stato della democrazia in Serbia, senza tralasciare le bacchettate per la mancata introduzione di sanzioni contro la Russia e lo stallo nel dialogo con il Kosovo.

Di certo, a Bruxelles, «per la prima volta in 13-14 anni, né io né alcun altro andrà alla conferenza intergovernativa, nessuno rappresenterà la Serbia», parola dello stesso Vučić, che ha giustificato la decisione spiegando di aver voluto «proteggere la Serbia e i suoi interessi». Assenza, quella del presidente serbo, arrivata dopo un incontro, il 10 dicembre, con von der Leyen e Costa, durante il quale il presidente serbo aveva messo sul tavolo, senza riscontro nei fatti, l’idea di far entrare tutti i Balcani nella Ue, in un colpo solo, proposta che non sembra aver raccolto favori, né a Bruxelles, né fra le capitali balcaniche oggi in pole per l’adesione: Podgorica e Tirana.

Belgrado, invece, è ferma. E forse serviva un segnale da parte serba verso la leadership Ue. Il ministro serbo per l’Integrazione europea, Nemanja Starović, ha nel frattempo difeso a spada tratta la decisione di Vučić, definendola «espressione di un impegno genuino sul nostro percorso verso l’adesione», che può essere «sostenibile solo se basato su merito e rispetto reciproco».

Bruxelles, invece, avrebbe la «vista corta» per quanto riguarda Belgrado, non tenendo conto «dei risultati delle riforme implementate negli ultimi quattro anni». E non premiandola con la semplice apertura del cluster 3, «un messaggio pessimo per i serbi, che alimenta la narrativa anti-europea». Vučić ha dunque fatto bene a non andare a Bruxelles, «per difendere la dignità del nostro popolo e la credibilità del progetto europeo».

Totalmente dissonante la campana delle opposizioni, che hanno duramente criticato il presidente della Serbia, accusandolo di mossa «anti-costituzionale», mentre la Commissione europea si è detta «dispiaciuta» per il forfait di Belgrado al summit, dove si sono invece levate lodi sperticate verso Montenegro e Albania, che stanno facendo «enormi» progressi verso l’adesione, ha ribadito von der Leyen.

E pure il Kosovo, ancora nemmeno paese candidato, è stato gratificato con la sospensione delle sanzioni Ue, introdotte nel 2023 per stigmatizzare mosse provocatorie del premier Albin Kurti. Ora, tuttavia, il Nord a maggioranza serba appare “pacificato”. E Bruxelles ha apprezzato.

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