Via libera di Zagabria al nuovo deposito di scorie radioattive, ma la Bosnia insorge

Il sito di stoccaggio servirà la centrale di Krško. Sorgerà vicino al confine con la Bosnia, che evoca rischi ambientali e di sicurezza

Stefano Giantin
Un cartello apposto all’ingresso dell’area della centrale nucleare di Krško in Slovenia
Un cartello apposto all’ingresso dell’area della centrale nucleare di Krško in Slovenia

Una luce verde destinata a far a lungo discutere. E tale da far riaprire un caso che, già negli anni passati, aveva creato enormi polemiche transfrontaliere. È quella che si è accesa ieri, con il voto favorevole di 77 deputati, al “Sabor” di Zagabria, Parlamento croato che ha approvato con procedura d’urgenza una attesissima “lex specialis”. È quella che spiana la strada alla costruzione di un deposito nazionale di scorie radioattive a media e bassa intensità, con la località preferenziale prescelta per il sito nell’ex caserma di Čerkezovac, sulla Trgovska Gora, a un tiro di schioppo dalla Bosnia-Erzegovina e dal fiume Una. Trgovska Gora che è la località dove la Croazia, com’era nelle attese, andrà a stoccare sia le scorie radioattive prodotte dalla centrale di Krško, in comproprietà con Lubiana, sia quelle originate da ospedali e industrie, ha specificato la Tv pubblica di Zagabria, Hrt.

L’altolà della Bosnia a Zagabria: no ai rifiuti radioattivi da Krško
La redazione

La legge non dà immediatamente il via alla costruzione del deposito, ma prevede che prima vengano effettuati alcuni studi di fattibilità e di impatto ambientale e analisi specifiche sulle caratteristiche della futura struttura. Costruzione della struttura che, ricordiamo, rappresenta un obbligo internazionale per la Croazia, basato su accordi bilaterali con Lubiana, che prevedono appunto che Zagabria si prenda in carico la metà dei rifiuti radioattivi a media-bassa intensità generati dalla centrale di Krško.

E il tempo stringe, perché la Croazia deve ricevere le scorie «all’inizio del 2028», ha ricordato nei giorni scorsi il segretario di Stato croato all’Economia, Vedran Špehar, specificando che si tratta di rifiuti «temporaneamente stoccati per 40 anni a Krško». Ma il sito riceverà anche altre scorie a bassa intensità, quelle prodotte da industrie e ospedali, finora «raccolte in diverse località» in Croazia. E che, in un prossimo futuro, saranno messe al sicuro, rispettando «i più alti standard». La tabella di marcia, d’altronde, è già stabilita, almeno secondo i desiderata di Zagabria. «Ci attendiamo che lo studio di impatto ambientale venga completato l’anno prossimo e nel 2026 dovrebbe arrivare anche il permesso» di realizzazione dell’impianto, in modo da iniziarne la costruzione «nel 2027 e raggiungere l’operatività nel 2028», ha anticipato Josip Lebegner, responsabile del Fondo croato per la gestione delle scorie radioattive.

Ma i piani della Croazia potrebbero scontrarsi con la durissima opposizione della vicina Bosnia, dove – da anni – si critica con forza l’ipotesi Trgovska Gora, evocando rischi ambientali e di sicurezza. E stigmatizzando il fatto che Zagabria abbia scelto come luogo per stoccare le scorie proprio una zona a ridosso della frontiera.

Zagabria che «non ha coinvolto» nelle discussioni «l’opinione pubblica» bosniaca, né avrebbe considerato il possibile impatto «sulle fonti idriche» e «sull’ecosistema» del fiume Una, hanno così messo nero su bianco, in una lettera aperta, i sindaci di Bihać, Bosanski Petrovac, Bosanska Krupa, Velika Kladuša, una mossa sostenuta dal ministero federale dell’Ambiente. A cadere nel vuoto è stato anche l’appello lanciato dal ministro bosniaco del Commercio estero, Staša Košarac, che ha evocato «violazioni del diritto internazionale».

Stesso discorso per gli allarmi di ricercatori e scienziati bosniaci, che nei mesi scorsi avevano parlato addirittura di una «bomba ecologica», riferendosi a Trgovska Gora – progetto destinato a incendiare gli animi, nel cuore dei Balcani, forse fino a un possibile arbitrato. —

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