Serbia, aumentano gli euroscettici: il 52% dei cittadini per il no all’Unione europea
Report di Lidington Research e Istituto di studi europei: pesano anche le pressioni su tema Kosovo

Altro che il club europeo più ambito, la meta a cui aspirare, il modello da cui trarre ispirazione. L’Ue, invece, non piace proprio più, in uno dei Paesi balcanici più importanti, la Serbia. Serbia dove è letteralmente crollato il numero degli europeisti.
È quanto ha confermato – corroborando l’impressione di chi ha parlato con giovani e meno giovani tra Belgrado e Novi Sad – un corposo studio del Lidington Research e dell’autorevole Istituto serbo di studi europei, ideato per tastare il polso alla popolazione su temi essenziali, come appunto l’adesione alla Ue. Adesione che, tuttavia, non sembra essere più una delle priorità dei serbi. Secondo il rapporto, infatti, in un ipotetico referendum sull’ingresso della Serbia nella Ue oggi voterebbe a favore solo il 40% circa degli aventi diritto, mentre un abbondante 50% – il 52% per la precisione – sceglierebbe il no, ha illustrato alla presentazione dello studio Dimitrije Milić, analista del Lidington Research.
Milić che ha giustificato il continuo calo dei pro-Ue a Belgrado con le pressioni di Bruxelles sulla necessità «del dialogo Belgrado-Pristina», ma anche sul fronte delle «relazioni con la Russia», troppo amichevoli agli occhi dell’Europa. Un ruolo non secondario potrebbe averlo giocato, negli ultimi tempi, anche la classificazione del Progetto Jadar, per l’estrazione del litio, come «strategico» da parte di Bruxelles, malgrado la ferma opposizione di una parte consistente della popolazione serba. A contribuire alla freddezza dei serbi verso l’ipotesi adesione anche «la velocità», o meglio la lentezza del processo d’adesione, ormai di fatto in stallo da anni, ha suggerito l’analista.
Di certo, il calo dei pro-Ue a Belgrado è un fenomeno «iniziato dal 2012», ha ricordato l’esperto Strahinja Subotić, del Centro per gli studi europei – ma ora la tendenza appare sempre più preoccupante. Serbi che, invece che alla Ue, guardano – come la loro leadership politica – sempre più in altre direzioni. Un buon 60%, infatti, considera con estremo interesse un ingresso della Serbia nei cosiddetti Brics, mentre la metà del campione ha sostenuto, erroneamente, che Ue e Cina sarebbero sullo stesso piano come partner economici della Serbia, mentre invece l’Europa è di gran lunga l’attore più importante.
E la Nato? L’Alleanza, odiatissima per le bombe del 1999, continua a essere infine un avversario da osteggiare, per ben l’81% dei serbi. Dati, quelli della Serbia, che appaiono tuttavia in controtendenza rispetto al resto dei Balcani occidentali ancora fuori dalla Ue. Lo si evince confrontandoli infatti con le risultanze dell’Eurobarometro di primavera, che ha tastato il polso ai cittadini dei sei Paesi balcanici che aspirano all’ingresso nell’Unione.
E a credere all’adesione, letta come un obiettivo che porterà benefici enormi a tutti, sono in particolare gli abitanti di Montenegro – in pole per l’ingresso nella Ue – e Albania, con oltre l’80% che definiscono come importante la futura integrazione nella Ue.
Che entrare nella Ue sia «un bene» lo pensa oggi ancora il 70% dei kosovari, malgrado Pristina rimanga solo un Paese potenzialmente candidato e tra il 50 e il 60% in Macedonia del Nord e in Bosnia-Erzegovina, la prima rallentata nella corsa verso la Ue dal veto bulgaro, la seconda dalla crisi istituzionale.
E la Serbia? L’Eurobarometro conferma i dati dello studio di cui sopra, con solo il 34% che vede ora l’integrazione europea come un fatto positivo.—
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