Calano i flussi sulla Rotta balcanica. Dimezzato il numero di migranti
In Croazia -54% di ingressi irregolari. Stesso trend in Serbia e Bosnia. La Slovenia segna un -40%

La Rotta Balcanica? Quella che fu un tempo lontano, ormai dieci anni fa, una via privilegiata per migranti e profughi in viaggio verso l’Europa appare oggi come una strada secondaria, sempre meno battuta, a causa dei maggiori controlli e soprattutto della relativa stabilizzazione della situazione nei maggiori paesi d’origine dei disperati, in testa la Siria.
È il quadro relativo alle migrazioni via Balcani per il 2025, disegnato dalle autorità dei paesi attraversati dalla Balkan Route che, senza eccezioni, hanno registrato costantemente il segno meno in termini di arrivi e registrazioni, anche nell’anno che si sta per chiudere.
Paesi come la Serbia, un tempo tappa obbligata nel percorso accidentato di migranti e profughi verso la Ue, che nel 2025 ha registrato poco meno di 10 mila transiti, praticamente la metà rispetto al 2024, in gran parte afghani, egiziani, turchi, marocchini e siriani.
I dati sono stati resi pubblici dal locale Commissariato per i rifugiati e le migrazioni, che ha precisato che «la situazione è stabile e sotto controllo», anche se Belgrado rimane in allerta «nel caso di un aumento dei numeri il prossimo anno». Aumento che, tuttavia, al momento non è nemmeno all’orizzonte. In Serbia rimane allora attivo solo un pugno di centri di accoglienza, che ospitano poco di più 230 stranieri: un nonnulla rispetto al milione e mezzo che dal 2015 ha trovato alloggio nelle strutture del paese.
I numeri serbi si riflettono poi verso Nord, in particolare in Croazia, dove le autorità hanno registrato un -54% di ingressi irregolari nell’anno in corso e un –58% in un confronto con il 2023. Oggi gli ingressi si tentano con passaggi sempre più pericolosi, un problema generalizzato nella regione, ha però precisato il ministro degli Interni croato, Davor Božinović, ricordando «gli attraversamenti della Sava» ma anche del Danubio su barconi, tentativi che hanno causato svariati morti nelle scorse settimane, di migranti cinesi, ma ci sarebbero ora anche russi. «Arrivano sicuramente in Serbia su voli civili», dato che non esiste l’obbligo di visti per loro e «da lì, con l’aiuto dei passeur, cercano di entrare in Croazia» via fiume, ha confermato Božinović.
Anche se i numeri del fenomeno sono divenuti «gestibili», ha continuato il ministro, si tratta di un «problema che va risolto», all’origine, ossia in Serbia, evidentemente ripristinando l’obbligo di visti per cinesi e russi. Ma l’opzione non appare nemmeno all’orizzonte. Božinović sostiene intanto che la Croazia, in passato sul banco degli imputati per il pugno duro usato contro gli stranieri, è oggi «un esempio» di come gestire le migrazioni e ridurre i flussi.
La riduzione degli ingressi in Croazia e Serbia si è riflessa anche nella vicina Bosnia-Erzegovina, una delle tappe obbligate per molti migranti: secondo stime Iom, sono stati meno di 11 mila le registrazioni di ingressi irregolari fino a ottobre, pari al -52% rispetto al 2024. Stesso discorso per la Slovenia, dove sino alla fine di novembre i migranti censiti sono stati 23 mila circa: un -40% su base annua, in gran parte cittadini di Afghanistan, Egitto e Bangladesh.
Sempre secondo dati Iom, i migranti regolarmente registrati all’arrivo nei Balcani nel 2025 sono stati poco più di 33 mila: il -37% anno su anno, a conferma di un declino inarrestabile che va avanti, con sempre maggior vigore dal 2023.—
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