Seggio garantito in Regione per la minoranza: la proposta dell’Unione slovena

TRIESTE «La Slovenska Skupnost punta a confermare la propria presenza in Consiglio regionale, favorendo in ogni caso la rappresentanza della comunità (slovena, ndr) che va espressa in modo autonomo e slegato da schieramenti ideologici». Igor Gabrovec, segretario regionale uscente della Ssk (Unione slovena), risponde così a chi chieda se e quale sia il tipo di testo cui nel partito si sta lavorando così da presentarne una bozza in Regione, quando si tratterà di affrontare quella modifica della legge elettorale di cui si parla da tempo.
Il tema è quello del seggio garantito in Consiglio regionale (c’è, ben presente, anche la questione del Parlamento) per la comunità slovena. Se ne è parlato al congresso provinciale Ssk di Gorizia, sarà uno dei punti in agenda al congresso regionale che si sarebbe dovuto tenere lo scorso weekend ma - segno di posizioni diverse dentro il partito, fanno notare alcuni - è stato rinviato a gennaio. La Ssk comunque rilancia sul seggio garantito, e slegato dagli schieramenti.
In Consiglio oggi c’è Marko Pisani, che grazie al meccanismo del collegamento siede nel gruppo Pd dopo che la Ssk ha ottenuto lo scorso aprile l’1,02% (poco più di 4mila voti). La soglia minima necessaria in questi casi, ossia l’1%, è pericolosamente vicina per un partito nato negli anni Sessanta («nel concetto di raccolta e tutela delle istanze, non ideologicamente profilato», ricorda Gabrovec), in un contesto geopolitico lontanissimo da quello attuale e in quadro demografico e di partecipazione al voto altrettanto distanti.
E quella dell’apparentamento è una logica che si vuole superare per «essere un po’ liberi da vincoli», riassume Pisani, cui Gabrovec - diventato sindaco di Duino-Aurisina - ha di fatto delegato la guida del partito. C’è un altro aspetto: è vero che esponenti della minoranza sono eletti in più schieramenti, «ma crediamo che bisogna lavorare insieme, garantendo la pluralità in una lista», annota Matia Premolin, neosegretario provinciale Ssk di Trieste. Dunque sì, «stiamo predisponendo un gruppo di lavoro che proporrà opzioni concrete e condivisibili», spiega Pisani, «e ci confronteremo anche con la giunta Fedriga».
Gli schemi restano da mettere a punto: il consigliere regionale parla di «seggio garantito, o ancora più facilitato». «La proposta che vogliamo individuare - così Gabrovec - è quella di una lista aperta in cui possano concorrere gli sloveni al di là della collocazione», così che «a prescindere dal risultato» «la comunità esprima un proprio rappresentante il più autonomo possibile sia nel Parlamentino regionale» che a Roma. E «nulla vieterebbe a persone di lingua slovena di candidarsi in altre liste».
Ma attenzione, dice Gabrovec, «nome e simbolo Ssk non sono importanti: il partito può fare un passo indietro e si può parlare di seggio garantito non per la Ssk, ma per la comunità slovena». E come scegliere il capolista? «Si potrebbe pensare a una sorta di primarie» ipotizza Premolin. E chi appoggiare in Aula? In ogni caso il modello che Pisani e altri citano è quello sloveno, col seggio garantito per le minoranze italiana e ungherese.
Altra la riflessione di Livio Semolic, segretario regionale dell’Skgz (Unione economica culturale slovena): «Legittimamente la Ssk difende in qualche modo il partito etnico», ma «la maggior parte degli appartenenti alla minoranza vede la propria rappresentanza sì di lingua slovena, ma anche portatrice di molti altri valori che attengono al diritto di cittadinanza di cui sono poi portatori i vari partiti». «Limitare il diritto solo su connotazione etnica per la maggior parte della comunità slovena è limitativo e inaccettabile. Riteniamo indispensabile il seggio garantito, ma non a un partito etnico: come dice la legge 38, va assicurata l’elezione al candidato» della minoranza. Che per esempio potrebbe «candidarsi in qualsiasi partito e essere portatore dell’interesse della minoranza oltre che politico e partitico». Anche Semolic cita il modello sloveno: dove però «l’elettore della minoranza ha il cosiddetto doppio voto».
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