L’Iniziativa dei tre mari si ritrova a Varsavia: accolti due nuovi paesi
La rete di Stati dell’Europa centro-orientale ha tenuto in Polonia il raduno annuale. Albania e Montenegro inseriti come “associati”. Il focus sui progetti infrastrutturali

Un appuntamento importante, una sorta di giubileo. E per celebrarlo in maniera adeguata si spiana la strada all’adesione di nuovi membri e si lavora per rilanciare importanti progetti infrastrutturali e sul fronte dell’energia. Si potrebbe riassumere così il decimo vertice della cosiddetta Iniziativa dei tre mari (Three Seas Initiative, 3SI), forum di – sinora – tredici Stati europei (Austria, Bulgaria, Cechia, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria) che si collocano su un asse ideale tra Mar Baltico, Adriatico e Mar Nero.
L’Iniziativa è una sorta di partnership lanciata un decennio fa su spinta in particolare della Polonia, ma anche della Croazia, per rafforzare la cooperazione tra Centro-Est Europa e Balcani su infrastrutture, economia, energia, trasporti e molto altro.
I leader dei paesi della Three Seas Initiative quest’anno si sono ritrovati in quel di Varsavia, ospiti del presidente polacco Andrzej Duda. E il decimo meeting della 3SI ha avuto un peso significativo, soprattutto perché il forum si allarga ancora dopo l’ultima adesione, quella della Grecia nel 2023.
Lo ha annunciato lo stesso Duda, svelando che al summit è stato deciso che «Montenegro e Albania» diventino «Stati associati» alla 3SI, come lo sono già Ucraina e Moldova, mentre Spagna e Turchia sono stati selezionati come «partner strategici», un passo che farà diventare l’iniziativa «ancora più significativa e fruttuosa», soprattutto «nel contesto delle attuali condizioni geopolitiche» e della «guerra oltre i confini orientali della Polonia».
Di certo, l’Iniziativa è già ora «la più importante piattaforma per la cooperazione regionale in questa parte d’Europa e nella Ue», ha affermato Duda, che ha ricordato che i 13 paesi sono casa per 120 milioni di persone e che «hanno una crescita del pil prevista al 35% entro il 2030», la più elevata al mondo.
Ma si può fare di più. Lo si è percepito al vertice di Varsavia, dove grande attenzione è stata riposta nei cosiddetti «progetti prioritari» messi sul tavolo negli anni passati alla 3SI e aggiornati ogni anno, pensati per sviluppare migliori interconnessioni su tre pilastri, ovvero «energia, digitale e trasporti».
Sulla lista ci sono così oggi 143 progetti, per un valore stimato degli investimenti intorno ai 111 miliardi di euro. Tra essi, progetti-chiave ambiziosi come Rail Baltica e Via Baltica, l’autostrada del Mar Nero in Bulgaria, 32 iniziative in Croazia (tra cui autostrada adriatico-ionica e modernizzazione del porto di Fiume), lavori ferroviari in Ungheria e Grecia, il raddoppio della Capodistria-Divaccia e molto altro.
Ma di questi, solo pochi hanno la parola «completato» vicino alla descrizione, chiaro segnale dei problemi e delle lentezze che hanno caratterizzato gli anni passati. I tempi però cambiano. «L’Iniziativa può diventare un forum» decisivo in vista «della ricostruzione dell’Ucraina», ha segnalato l’analista Antonia-Laura Pup su New Eastern Europe, suggerendo che gli Usa di Trump dovrebbero diventare «protagonisti» nella regione «prima della Cina», dando una mano a 3SI.
Bisogna andare verso una «Three Seas 2.0», ha suggerito da parte sua il think tank Atlantic Council, che nel 2024 aveva suggerito anche un coinvolgimento del porto di Trieste, pensato come porto del fianco meridionale del triangolo che contiene gli stati membri e che viene pensato negli Stati Uniti anche con potenziali funzioni di natura strategica e militare. Ragionamenti che il pensatoio lega alla futuribile realizzazione del corridoio commerciale Imec fra l’India e Trieste.
L’Atlantic Council evoca inoltre un «segretariato» permanente per l’organizzazione, con focus sulla «mobilizzazione di capitali privati» per i progetti infrastrutturali. Ma bisogna soprattutto «pensare in grande», allargando il 3SI «ai Balcani occidentali». E il primo passo, almeno con Montenegro e Albania, è fatto.
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