Protesta di piazza per l’Uck: «Il Kosovo non si processa»

Pristina: reduci e dimostranti contro la procedura aperta dal Tribunale dell’Aja sui crimini commessi dall’Esercito di liberazione e da politici in vista tra 1998 e 2000

Stefano Giantin
Migliaia di persone a Pristina protestano contro il processo indetto dalle Kosovo Specialist Chambers
Migliaia di persone a Pristina protestano contro il processo indetto dalle Kosovo Specialist Chambers

Fuori dai Balcani è un Tribunale percepito come “minore”, sconosciuto a tanti, ma capace di innescare tensioni difficili da controllare, come conferma una manifestazione di piazza molto sentita e partecipata.

E al tempo stesso inevitabilmente controversa. È quella osservata a Pristina, capitale kosovara dove a migliaia – forse il maggior raduno di questo genere di sempre – sono scesi in strada contro le cosiddette “Kosovo Specialist Chambers” (Ksc).

Si tratta di un tribunale con sede all’Aja, presieduto da giudici stranieri, ma operante secondo i codici del Kosovo, incaricato di giudicare sui presunti crimini contro l’umanità, di guerra e altri delitti commessi in Kosovo tra il 1998 e il 2000, da membri dell’allora Esercito di liberazione (Uck).

Fra i casi aperti, quelli più spinosi e delicati riguardano l’ex comandante Uck e poi presidente del Kosovo, Hashim Thaci, ma anche alti papaveri come Kadri Veseli, Rexhep Selimi e Jakup Krasniqi, tutti ancora popolarissimi a Pristina. Il Tribunale speciale, creato nel 2016, ha iniziato a lavorare a pieno regime a partire dal 2020, ma i lavori procedono lentamente, forse troppo per i critici. E comunque la sola volontà di andare a sentenza sull’Uck è un’offesa insanabile. Questa la posizione espressa in piazza a Pristina dall’enorme folla che ha risposto all’appello delle organizzazioni dei veterani di guerra e reduci dell’Uck, che hanno chiamato a raccolta la cittadinanza «contro l’ingiustizia».

E per lanciare un messaggio preciso al Tribunale dell’Aja: «l’Uck è gloria, non può essere un capo d’accusa, oggi l’Uck, domani tutta la nostra storia» sul banco degli imputati. Imputati che «sono i nostri eroi», si è letto sui cartelli innalzati in strada a Pristina, dove la rabbia sta montando. Quel Tribunale speciale «sta deformando la nostra storia, è un’ingiustizia verso chi ha lottato per la libertà e la dignità», ha arringato la folla Hysni Gucati, numero uno dell’associazione dei reduci. Corte che starebbe addirittura «mettendo in pericolo la nostra indipendenza», ha aggiunto, suggerendo che i giudici starebbero lavorando per costruire la menzogna che «il Kosovo è stato liberato da criminali». Secondo la pizza, la giustizia contestata «sta riscrivendo la nostra storia e mette a rischio le fondamento dello Stato», ha rincarato un ex alto papavero Uck, Gazmend Syla.

Il caso Uck sta diventando internazionale, con centinaia di albanesi di Albania e Macedonia del Nord venuti a dar man forte alla protesta. Albanesi di parti diverse dei Balcani che «non accetteranno che la loro storia venga riscritta da stranieri», l’ammonimento di Ali Ahmeti, leader del Dui, partito della minoranza a Skopje. —

 

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