Guerra in Ucraina e greggio: Budapest accusa Zagabria

«In Croazia approfittano del conflitto in corso alzando i prezzi delle forniture»: le parole del ministro ungherese Szijjártó aprono la crisi. La replica: «Falsità»

Stefano Giantin
Uno degli impianti collegati all’oleodotto Druzhba
Uno degli impianti collegati all’oleodotto Druzhba

Un’accusa pesantissima, che accende la miccia di una grave crisi politica e diplomatica, destinata a lasciare profonde cicatrici. Crisi che è scoppiata in tutta la sua virulenza tra Croazia e Ungheria, Paesi Ue e Nato, entrambi retti da governi di centrodestra.

Ma l’affinità politica tra le due capitali non ha evitato quello che appare essere uno dei punti più bassi nelle relazioni tra Zagabria e Budapest. Relazioni tesissime dopo le parole del ministro degli Esteri magiaro, Peter Szijjártó, che ha sostenuto che la Croazia sarebbe nientemeno che governata da «profittatori» di guerra, che starebbero da tempo traendo vantaggio dal conflitto in Ucraina, per mettere in difficoltà Budapest sul fronte delle forniture energetiche.

«I croati sfruttano la situazione e il bisogno di greggio dell’Ungheria», da soddisfare a volte anche via Oleodotto adriatico, gestito dalla croata Janaf e non solo via Russia. E Zagabria, lo j’accuse di Szijjártó, starebbe applicando una «sovrapprezzo di guerra» a scapito dell’Ungheria sul transito del greggio via Janaf, ma Budapest tuttavia «non permetterà che i nostri tagli ai prezzi dell’energia siano annullati» dal riprovevole atteggiamento della Croazia, la promessa del ministro. Parole, quelle di Szijjártó, che vanno lette nel contesto della situazione di reale difficoltà in cui si trova l’Ungheria, stretta tra le pressioni di Bruxelles e Washington affinché interrompa l’acquisto di petrolio russo e la volontà di continuare a farlo affluire dalla Russia attraverso l’oleodotto Druzhba, via tuttavia sempre più precaria, anche per gli attacchi ucraini all’impianto.

Da qui la crescente importanza dello Janaf, che tuttavia non rappresenterebbe una vera alternativa. Lo si sarebbe visto a settembre, hanno specificato i media magiari, quando svariati test di trasporto di greggio verso l’Ungheria, effettuati attraverso lo Janaf, sarebbero falliti per ragioni tecniche.

Opposta la campana di Janaf, che ha assicurato che i test sono riusciti. E di essere «in grado di coprire l’intero fabbisogno» delle raffinerie ungheresi e di quelle slovacche. È con questa lente che vanno viste le dichiarazioni di Szijjártó. L’Ungheria, anche volendo, non può contare sulla Croazia per trovare un’alternativa al Druzhba, per ragioni tecniche, la parafrasi.

Ma Zagabria respinge con fermezza le accuse ungheresi. I prezzi offerti dalla Croazia sono onesti, «siamo alleati e partner», ha affermato il presidente croato Milanović, che ha invitato Budapest alla prudenza nelle dichiarazioni. Chi approfitta della guerra è l’Ungheria, che continua «a importare petrolio russo», ha fatto sapere anche il management di Janaf, che ha ribadito di essere pronta a soddisfare le esigenze magiare.

Sono «false» le tesi di Budapest, che in realtà è il vero profittatore, perché usa «fonti di energia» a basso prezzo provenienti dalla Russia, ha fatto eco il premier Plenković. Sulla stessa linea anche il ministro degli Esteri croato, Grlić Radman, che ha «rigettato con forza» le accuse magiare, ribadendo che la Croazia è sempre più un «hub» per la sicurezza energetica dell’Europa. Ma Budapest non fa marcia indietro, con il premier Orban che ha ribadito ieri che l’Ungheria è al sicuro sul fronte delle forniture – ma solo grazie a Mosca. E che ogni altra strada dà meno garanzie. Ed è più costosa. —

 

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