Partoriente maltrattata, la bimba muore. La denuncia di Marica scuote la Serbia

Dopo l’esito dell’autopsia il medico è stato arrestato. Esplode il tema delle violenze nei reparti di ostetricia

Stefano Giantin
Un intervento chirurgico all’ospedale di Sremska Mitrovica
Un intervento chirurgico all’ospedale di Sremska Mitrovica

BELGRADO A volte una goccia può provocare un’ondata inarrestabile. E forse aiutare a risolvere un problema dolorosissimo. Problema, quello delle cosiddette violenze nei reparti di ostetricia al momento del parto, che rimane marcato nei vicini Balcani e che è tornato d’attualità a causa di una storia che ha sconvolto la Serbia e suscitato indignazione in tutta la regione.

La protagonista è Marica Mihajlović, una giovane puerpera che, invece di festeggiare la nascita della sua piccola Elena, da giorni ne piange la morte. E ha denunciato con coraggio le circostanze orribili che hanno portato al decesso della neonata.

Tutto comincia l’11 gennaio, quando Marica, al nono mese di una gravidanza tranquilla, viene ricoverata in un ospedale pubblico nel nord della Serbia, perché in ritardo di una settimana rispetto alla data prevista del parto. Gli addetti del nosocomio decidono il giorno dopo di indurlo, ma nulla accade.

Le procedure consiglierebbero allora di intervenire con il cesareo, ma qui inizia l’agonia della donna. E della neonata. Il ginecologo di turno, malgrado gli appelli delle ostetriche, «insiste nel dire che tutto deve proseguire “come si deve”», ha raccontato Marica. Poi, l’orrore. «Gli ho chiesto di farmi il cesareo per salvare il bebé e in quel momento mi ha afferrato per le guance, minacciando di colpirmi» e di «rompermi i denti», ha continuato la giovane.

«Mi ha poi tappato la bocca con le mani, insultata» su base etnica – la ragazza è di etnia rom. Infine, il medico sarebbe addirittura saltato sul pancione di Marica, per facilitare “meccanicamente” il parto. «A quel punto ho perso conoscenza, ero sotto ossigeno, ma la bambina è rimasta bloccata, mi ha rotto le costole per la pressione» esercitata.

L’esito in sala parto è stato terribile. Elena vede la luce ma non può respirare, viene rianimata, trasportata nell’ospedale di Novi Sad, meglio attrezzato, ma «muore alle 23.05». Marica lo saprà solo il giorno dopo.

Ma ora lo sa tutta la Serbia, dopo che la donna ha raccontato la vicenda in un post su Facebook, condiviso migliaia di volte. Post che sta generando un terremoto. Il medico accusato da Marica è stato arrestato, dopo che l’autopsia ha confermato il decesso di Elena per «parto violento».

Ma la denuncia, soprattutto, ha convinto molte altre donne a raccontare simili episodi di violenza in sala parto. «È successo anche a me, devi essere forte, non sei sola», ha raccontato un’altra vittima del fenomeno, Jelena, mentre non si contano i post simili sui social, una vera e propria presa di coscienza collettiva del dramma.

Problema che in Serbia è significativo e non riguarda solo la minoranza rom. Qualche anno fa uno studio aveva svelato che il 10% delle madri non avrebbe voluto più un secondo figlio, dopo aver vissuto esperienze traumatiche in ospedale, mentre il 60% ha sostenuto di non essersi sentita protetta al momento del parto. Non sorprendono allora le quasi 200mila firme raccolte dall’organizzazione Kreni-Promeni, che chiede che le partorienti possano essere accompagnate da un partner in ospedale, senza che il compagno debba pagare. Ma la questione è più estesa. «Le partorienti meritano dignità», uno dei cartelli esposti in Bosnia due anni, durante sentite proteste contro la «violenza ostetrica». Nel 2018 anche la Croazia era stata scossa da denunce speculari dopo l’accusa dell’allora deputata Nincevic Lesandrić.

A subire sono soprattutto donne povere e rom, ha confermato mercoledì lo European Roma Rights Centre, che ha parlato di una condizione «comune nell’Europa centrale e orientale», con casi anche in Macedonia del Nord, Bulgaria, Romania, Slovacchia. E la Serbia purtroppo non è un’eccezione.

Riproduzione riservata © il Nord Est